Economia

La prima Meloni-sindacati: dialogo sì, risposte zero

La prima Meloni-sindacati: dialogo sì, risposte zeroL'incontro governo-sindacati nella sala Verde di palazzo Chigi – Foto Ansa

Più di due ore di incontro. La premier si limita all’ascolto e non dà indicazioni. Landini: margini troppo stretti dalla Nadef. Sbarra invece è contento: positivo il dialogo sociale

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 10 novembre 2022

Confronto sì, risposte no. Cgil, Cisl e Uil avevano scritto a Meloni la scorsa settimana sperando, diversamente da quanto accaduto con Draghi, di poter discutere le misure per la legge di Bilancio. Si sono trovate al tavolo della Sala verde di palazzo Chigi anche l’Ugl, confederazione di destra guidata fino al 2019 dal sottosegretario Claudio Durigon e firmataria del «contratto capestro» con Assodelivery che aveva riportato a cottimo i rider, molto meno rappresentativa ad esempio dell’Usb. Al tavolo invece (almeno inizialmente) non c’era il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che in mattinata in commissione parlamentare aveva annunciato per oggi il quarto decreto Aiuti – naturalmente non discusso con i sindacati – e il fardello di 50 miliardi fino al 2025 per indicizzare le pensioni all’inflazione («magari l’indicizzazione ci fosse sui salari», si lascia scappare un sindacalista).

Non il miglior viatico dunque per il primo faccia a faccia con il nuovo governo.

L’incontro è durato più di due ore e venti – già di più dell’ora e 33 minuti dedicati da Renzi a Cgil, Cisl e Uil in tutta la sua permanenza a palazzo Chigi – ed è stato un confronto lungo ma fatto quasi esclusivamente di ascolto da parte di Meloni e dei suoi ministri, «per evitare contrapposizioni che in un momento così delicato non ci possiamo permettere: il mio personale approccio sarà di lealtà e di trasparenza», ha spiegato la premier. Le uniche misure annunciate sono quelle anticipate sui 20 miliardi destinati al caro energia. Sul resto, silenzio totale e buio fitto.

LE RICHIESTE PRIORITARIE da parte di Cgil, Cisl e Uil – unite dopo le divisioni degli ultimi mesi del governo Draghi – erano chiare: tutela immediata di salari e pensioni falcidiati dall’inflazione e caro-energia tramite la tassazione degli extra profitti, flessibilità in uscita e pensione di garanzia per giovani.

Le critiche di Landini, Sbarra e Bombardieri al decreto Rave, all’aumento del contante e all’annunciata flat tax erano state il prodromo dell’incontro.

Meloni si è limitata a riconoscere che «il tema della tutela dei salari è reale», impegnandosi solo per un tavolo sulla sicurezza sul lavoro, già annunciato dalla ministra Calderone.

SULLE PENSIONI ANCORA MENO. Il rinnovo – scontato e quasi senza costi – di Opzione donna e Ape sociale e una nuova «Quota» per poter dire di non essere tornati totalmente alla Fornero: probabilmente sarà Quota 103 con requisiti di 41 anni di contributi e 62 di età. In più Meloni ha promesso nel 2023 un confronto per un «intervento strutturale».

«Nel merito ad oggi risposte non ne abbiamo avute se non che i perimetri sono quelli disegnati dalla Nadef, con spazi troppo stretti», spiega all’uscita Maurizio Landini. Che chiede altri incontri prima della legge di bilancio e sul Pnrr. Dunque per la Cgil «il giudizio non può che essere sospeso».

La Cgil ha chiesto l’indicizzazione delle detrazioni fiscali per recuperare il cosiddetto fiscal drag causato dall’inflazione.
Come al solito alla Cisl basta il confronto per essere contenta: «È stata una riunione positiva e importante, apprezzabile per l’impegno che la premier Meloni ha assunto con il sindacato di consolidare e valorizzare il dialogo sociale», commenta Luigi Sbarra. Sul merito invece anche qui il giudizio è sospeso: «La Legge di Bilancio sarà un banco di prova fondamentale per definire un “cantiere di corresponsabilità” che contrasti le disuguaglianze, dia centralità a crescita e sviluppo», conclude Sbarra.
Più combattiva la Uil di Bombardieri: «Abbiamo chiesto di aggiungere risorse dalla tassazione sugli extraprofitti che per noi possono arrivare a 14 miliardi l’anno, se si includono altre imprese oltre a quelle energetiche». «Le mobilitazioni non si minacciano ma si fanno, verificheremo come andranno le cose e come il governo risponderà alle nostre proposte», ha concluso il segretario gernerale della Uil.

NEL FRATTEMPO C’È GIÀ CHI è pronto allo sciopero contro il governo. Ieri il Comitato centrale della Fiom ha approvato all’unanimità «il mandato alla segreteria, in assenza di risposte urgenti, per un pacchetto di ore di sciopero».

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