La presenza scomoda degli anziani
Verità nascoste Nei momenti più difficili della pandemia l’appello più toccante ci ha chiesto di unirci in uno spirito di sacrificio per difendere la vita dei “nostri anziani”. Restare tutti a casa […]
Verità nascoste Nei momenti più difficili della pandemia l’appello più toccante ci ha chiesto di unirci in uno spirito di sacrificio per difendere la vita dei “nostri anziani”. Restare tutti a casa […]
Nei momenti più difficili della pandemia l’appello più toccante ci ha chiesto di unirci in uno spirito di sacrificio per difendere la vita dei “nostri anziani”. Restare tutti a casa per salvarli. Sennonché la volontà di farli sopravvivere non per tutti include anche quella di creare per essi condizioni di vita decenti. Li si vuole protetti, al sicuro, nelle loro abitazioni, reclusi a fin di bene, perché si proietta in loro il bisogno di vivere il più a lungo possibile, senza, tuttavia, che pestino i piedi. Sacri e messi da parte. Ci è voluto un po’ di tempo per capire che avrebbero dovuto avere la precedenza nelle vaccinazioni. Decisione saggia che riconosceva loro il diritto di ritornare alla vita vera. La saggezza, il privilegio dell’anzianità, ha vita difficile in una società che vive nell’incubo della morte.
Gli anziani non devono morire, la morte non deve apparire. Ma non devono neppure vivere, avere un posto significativo nelle relazioni sociali. Se ne devono andare in silenzio, senza essere visti. La loro presenza testimonia che la vita non è infinita, che non si può vivere distrattamente, fermi nel proprio divenire, che il tempo deve essere esperito, sofferto e goduto fin in fondo, non sprecato fatuamente.
Si è affermata progressivamente, come uno tsunami silenzioso e inesorabile, una società performante, chiusa nella sua vacua effervescenza che ha spostato la vita sulla superficie dell’esistenza, annullandone la profondità. Il tempo morto della frenesia del vivere (dentro i suoi schemi si nasce e si muore senza accorgersene), crea una progressione di eventi che si susseguono pianificati sotto forma di necessità, solo per lasciare tutto al caso. La società performante (la necessità che produce casualità) è immobile, inerte, totalmente incapace di creare tempo per il vivere. Sempre più votata all’efficienza, un mezzo diventato fine, è un fallimento totale sul piano dello spazio offerto ai giovani e agli anziani, alla passione trasformativa che dialoga con la tradizione.
Mentre ci si dibatte sulle riaperture degli spazi comuni di vita, e ci si avvia speranzosamente al ritorno “in presenza”, Trenitalia ha pensato bene di abolire lo sconto per gli over sessantacinque, coloro che, in teoria (il nostro è un mondo teorico), avrebbero più tempo e meno denaro per viaggiare. L’avrà fatto senz’altro per proteggerli (meglio che restino a casa per il resto della loro vita). Questa decisione, insieme stupida e scandalosa, la dice lunga sul reale interesse nei confronti degli anziani.
L’astensione performante dalla vita la rende sconosciuta, minacciosa e temuta. Si vede nella vita la morte e se ne dissocia psichicamente. La paura di vivere e la contrazione psichica fanno morire dentro. Si entra in un circuito vizioso per cui più si riduce la vita alla sopravvivenza biologica, più la morte interna opprime e più ci si attacca disperatamente e insensatamente alla volontà di non morire fisicamente.
Ma vivere non è non morire, è sentirsi vivi dentro, il che include il presentimento della fine.
Questo presentimento rende significativo il tempo, lo amplia internamente trasformandolo in una trama di sensazioni, sentimenti e pensieri che disattiva la sua linearità e lo espande oltre la fine che lo determina. Non potremmo essere nel presente vissuto senza la percezione di un limite temporale che ci emancipa dalla dilazione, ma l’esperienza intensamente sentita (l’attimo eterno) trascende questo limite. Il tempo vissuto è molto diverso dal tempo fermo dell’azione performante che si reitera senza aver sentore di un suo termine.
Gli anziani sono una presenza scomoda perché non sono performanti, la loro esperienza è contemplativa, sosta nei panorami di cui è fatto ogni singolo aspetto della vita, ne percepisce la sfumature, le variazioni, le correnti che li attraversano, le prospettive che li illuminano, i nessi che ne costruiscono il senso.
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