Cultura

La presenza dell’uomo arretra di fronte al mare che avanza

La presenza dell’uomo arretra di fronte al mare che avanzaLa zona costiera di Khulna, in Bangladesh, dopo l’innalzamento del livello del mare. Getty Images

Clima e futuro «La strategia di Noè» di Enzo Pranzini, edito da manifestolibri. Al centro del volume, la necessità di una riflessione diffusa per affrontare in anticipo questo processo inevitabile

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 3 gennaio 2024

Il mare risale, anche se forse ancora non ce ne accorgiamo. Quando le masse glaciali si sciolsero nell’intervallo Riss-Wurm (125mila anni fa) il mare superò di una misura di circa otto metri il livello attuale. Intere pianure costiere in tutto il mondo finirono sott’acqua per larghe estensioni. Ovidio in un verso delle Metamorfosi dedicato al diluvio universale ci mostra i giochi in acqua del delfino dove prima il contadino stava curvo sull’aratro. Ora, con il riscaldamento globale, di nuovo le masse glaciali si sciolgono, con un corredo di altri fenomeni complementari, e l’innalzamento del mare ci attende al varco. Che fare?

IN UN VOLUMETTO edito da manifestolibri, La strategia di Noè. Come adattarsi al mare che avanza (pp. 106, euro 10), Enzo Pranzini propone una visione efficace della questione. Nei primi capitoli sintetizza la storia delle variazioni nel livello del mare, illustra la dinamica delle coste sabbiose, il destino delle spiagge affidato al maggiore o minore trasporto solido dei fiumi e alla capacità costruttiva e distruttiva delle correnti litoranee, senza dimenticare il ruolo di subsidenze e sollevamenti di origine tettonica.

Passa poi a considerare le tecniche di difesa dei litorali adottate nella ricca varietà di condizioni dettate dalla natura dei luoghi. In certe zone si è preferito irrobustire il litorale con muri o scalinate contro le onde, e in questo caso si perde la spiaggia sostituita da paramenti artificiali. In altre, per salvare la spiaggia, si interviene con pennelli, scogliere perpendicolari molto diffuse in Italia, che però accumulano la sabbia sopraflutto ma gli impediscono di raggiungere i settori costieri sottoflutto. E ciò induce a una moltiplicazione virtualmente infinita dello strumento. In altri casi si preferisce ridurre in anticipo l’energia delle onde con scogliere parallele o con secche sommerse parallele alla costa.

Ma la conservazione e l’accumulo di sabbia nelle zone protette avviene a svantaggio delle zone adiacenti non protette. Altre soluzioni sperimentali sono ancora in attesa di verifica. C’è infine la scelta del ripascimento, ma richiede la disponibilità di luoghi in terra ferma o di fasce delle profondità marine fuori costa dove sottrarre sabbia per poi trasportarla e distribuirla nei litorali più in deficit. Un vero lavoro di Sisifo.

SONO TUTTE MISURE già necessarie in una condizione di mare stazionario o al massimo in risalita impercettibile. Ma quando il livello si alzerà con maggiore decisione né pennelli né scogliere parallele salveranno le spiagge. Dovremo difendere con le unghie e con i denti le terre più basse come hanno fatto finora gli olandesi con dighe in grado di tenere a bada l’oceano o prevedere necessari abbandoni per ricreare condizioni protette nell’interno? Il ragionamento proposto da Pranzini considera la perdita secca di tutti gli investimenti fatti per difendere invano terre che dovranno poi essere abbandonate: spese enormi buttate via. Valuta molto più razionale la scelta di prevedere le porzioni di costa indifendibili per approntare lì oculati arretramenti.

Il lettore italiano pensi per esempio ai lunghi segmenti di linee ferroviarie che corrono ai margini estremi dei litorali, soprattutto lungo l’Adriatico. Ma anche agli insediamenti industriali costieri, all’aeroporto di Fiumicino costruito su una zona paludosa all’altezza del mare. Si dovrà poi tenere conto di tutti i tratti dei fiumi prossimi alle coste basse e anche ai loro affluenti, tutti pronti a esondare con le loro piene di fronte a un mare che non sarà più in grado di riceverle. Esperienza questa già ben nota nella nostra storia ma resa più drammatica dall’innalzamento futuro del mare.

La strategia di Noè pone la necessità di un diffuso e partecipato ragionamento sociale per affrontare in anticipo l’inevitabile processo di arretramento. Qui non si tratta di salvare una coppia per ogni specie vivente. Il Noè dei nostri tempi non ha un’Arca in grado di ospitare l’immensa congerie accumulata dall’urbanizzazione costiera mondiale. Cerca di convincerci a fare uno o due passi indietro per salvare il salvabile.

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