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La premier: «Le carte le do io». E in tv va in onda lo show su misura

Giorgia Meloni foto LaPresseGiorgia Meloni – LaPresse

«Quarta Repubblica» Per rispondere agli attacchi delle opposizioni sceglie Rete4 e va a ruota libera

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 23 gennaio 2024

Va bene giocare in casa ma stavolta Giorgia Meloni è proprio andata in scena con la tipica “spalla”. Su Quarta Repubblica Nicola Porro si è divertito a tirarle la volata, alzarle la palla, fingere di farle domande insidiose e critiche: «Ma questa legge di bilancio non è troppo di sinistra?». Un’intervista vera era fuori questione. La premier, pressata dalle critiche martellanti dell’opposizione, costretta a replicare, si è voluta scegliere la sede più comoda. Porro ha capito che fingersi imparziale avrebbe solo peggiorato il quadro e ha scelto di calcare la mano in senso opposto. Non un’intervista ma uno show degno dei fasti di Emilio Fede con l’adorato Silvio.

La premier del resto, aveva poco da aggiungere a quanto detto nella conferenza stampa di inizio anno: a volte non solo il senso delle risposte ma persino le parole erano identiche. Salvo fatti nuovi allora imprevedibili, come la missione nel Mar Rosso che sarà «prevalentemente difensiva». Ma dal suo quartier generale assicurano che all’inquietante avverbio non bisogna dare troppa importanza: «Era solo un intercalare». Oppure la missione in Turchia, che certo qualche dissenso con Erdogan sull’analisi del conflitto in Medio Oriente lo ha dovuto registrare, molti dissensi anzi e «ce lo siamo detti in faccia». Ma quando «si è persone serie» non ci si formalizza per un dissenso pur se radicale e «sulla necessità di una soluzione strutturale siamo d’accordo».

Sul caso Ferragni urge una precisazione. Meloni è tanto dispiaciuta che le sue parole in quella conferenza stampa siano state «lette come uno scontro». Con la sinistra casomai, «che si è sbracciata manco avessi attaccato Che Guevara». Però, già che ci siamo, nel prossimo cdm una norma «sulla trasparenza delle attività commerciali che hanno anche scopo benefico» sarà varata. Perché, per carità, nessuno «scontro» ma certo il fattaccio ha evidenziato che «effettivamente c’è un buco».

Il grosso dello show però è dedicato alla sinistra e potendo parlare senza preoccupazioni di sorta la premier va giù rutilante. L’accusano di svendere l’Italia con le privatizzazioni? «Detto da chi ha ceduto la Fiat alla Francia, con tanto di trasferimento di sede legale e fiscale, anche no». Il caso del teatro di Roma? «Io non ne sapevo niente ma lo scandalo è solo che De Fusco non ha la tessera del Pd in tasca. Be’, il mondo in cui nelle nomine pubbliche la tessera del Pd faceva punteggio è finito». Anche quei «complotti» ai quali aveva alluso in gennaio e sui quali fior di cronisti si erano lambiccati il cervello, altro non sono che la solita sinistra, la consorteria affetta da «amichettismo» che vorrebbe «dare le carte» al posto suo. Ma no pasaran: «Le carte le do io». Perché questo è «il tempo del merito» e va da sé che la spalla non obietta nemmeno sussurrando sul merito dei nominati dalla destra, che qualche volta c’è ma quasi sempre sfugge anche al microscopio.

A servire per la schiacciata il caso Degni, il magistrato della Corte dei Conti che si augurava l’esercizio provvisorio, è direttamente l’intervistatore e la premier non si fa pregare: «Schlein dice che quando è stato nominato lei non c’era, ma sempre Pd era. A me chiedono conto di quello che faceva il duce e a loro non si può chiedere conto di quel che faceva il Pd un anno fa?».

Insomma, lo stile è questo e non cambia di domanda in domanda. Sul capitolo spinoso, le relazioni con Salvini, giusto un passaggio a volo d’uccello: «Nessun litigio sul piano Mattei e in Sardegna mi pare che si stia risolvendo». Certo, difendere a spada tratta la riforma del patto di stabilità è un po’ troppo persino per una premier impegnata nell’apologia di se stessa. Poteva essere meglio, lo si ammetta, e con Macron «si poteva fare di più». Ma resta il compromesso migliore che ci fosse sul mercato europeo. Andando al sodo, si candida alle europee? La sfinge dà la presenza in lista al 50%. Tanto per tener viva la suspense.

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