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La premier evoca complotti: «C’è chi vuol dare le carte, io non sono ricattabile»

La premier evoca complotti: «C’è chi vuol dare le carte, io non sono ricattabile»Giorgia Meloni – LaPresse

Il discorso Se pressioni simili esistono davvero, una presidente del consiglio deve denunciarle

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 5 gennaio 2024

Paranoia? Sindrome da complotto? Fantasie di accerchiamento e assedio? Oppure, quando parla in modo sibillino di «lobbies che attaccano il governo», di figure grigie ma potenti che «cercano di condizionare», di «dare le carte», Giorgia Meloni ha in mente qualcosa di meno vago e confuso? Lei, nella conferenza stampa di ieri, ha assicurato che parla di fatti e non di sensazioni, che quei tentativi di indirizzare il governo ci sono stati. Da parte di «persone che in passato hanno avuto ruoli che io non ritengo di dover dare». Qualcuno che «pensa di spaventarci, ma io non mi spavento: preferisco 100 volte andare a casa piuttosto che cedere a condizionamenti».

Insomma, il mantra ripetuto anche ieri a più riprese, «Io non sono ricattabile», sarebbe non un teorema, ma un messaggio preciso, pur se indirizzato non si sa a chi. Lei parla del peccato ma non del peccatore e questo, inevitabilmente, autorizza due sospetti: che il suo sia solo l’eterno complesso dell’underdog che vede nemici potenti dappertutto oppure, forse peggio, che si tratti di un messaggio in codice in schietto stile Provenzano. Bernardo “U tratturi”, non il mite dirigente del Pd omonimo.
Se la premier non si sbottona, dalla sua cerchia più stretta non concedono molto di più: «Allude ai mandarini» e chi vuol capire capisca.

Qualcosa, forse, si può capire dal decorso della fluviale conferenza stampa. Meloni è apparsa sempre rilassata finché si è trattato di attaccare con ironia pesante l’opposizione o di sfidare a singolar tenzone nelle urne europee la collega che guida il Pd. Appena un più irritata quando, per la prima volta dalla vittoria delle elezioni, ha preso di mira il suo stesso partito. Tanti complimenti al gruppo dirigente, che è molto meglio di quanto non lo dipingano i giornali, ma ora basta con gli atteggiamenti irresponsabili. Monito sincero ma che per ora non va oltre lo scappellotto.

Solo in un paio di occasioni la voce della presidente ha vibrato di ira contenuta a fatica: quando ha affrontato il caso del consigliere della Corte dei Conti Degni e quando ha commentato l’attacco a testa bassa di Giuliano Amato. Su Degni è drastica: «La cosa più grave è la sfrontatezza con cui questo giudice ritiene che sia normale fare così. E mi ha colpito molto che a sinistra nessuno abbia detto due parole». Su Amato che aveva accusato il governo di essere nemico della Consulta, di volerla imbavagliare, la rabbia trasuda: «Mi ha lasciato basita. Il problema si pone perché entro l’anno il parlamento a maggioranza di centrodestra deve nominare 4 giudici costituzionali e questo creerebbe il rischio di deriva autoritaria. Ma questa idea per cui quando la sinistra vince gode delle prerogative della maggioranza e quando vince la destra no è un po’ strana».

Nel mirino di Meloni ci sono dunque certamente quei potentissimi funzionari e dirigenti che costituiscono l’ossatura dello Stato: i “mandarini” sono loro e che esercitino un potere notevole lo sa chiunque, da una parte e dall’altra, sia stato al governo negli ultimi anni. Però nelle oscure parole della premier si intravede qualcosa in più: il ricatto di gruppi di potere non solo politici e amministrativi ma direttamente economici, ed è qui che la reticenza della premier diventa inaccettabile.

Perché se ci sono lobbies economiche e finanziarie che spingono per indirizzare l’azione di governo a loro vantaggio la denuncia non può essere avvolta nella nebbia. Non foss’altro che perché, quand’anche la ruggente attuale premier fosse davvero in grado di resistere al condizionamento, chi prima o poi ne prenderà il posto potrebbe non esserlo. Se quelle lobbies esistono davvero e sono attive, una presidente del consiglio ha il dovere di denunciarle con nome, cognome e ragione sociale delle aziende.

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