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La post-verità è il frutto avvelenato della democrazia

La post-verità o meglio la post-fattualità sembra accreditarsi come il nuovo mantra che tutto spiega. Il rivoluzionario paradigma che permetterebbe, secondo intellettuali, analisti, commentatori e altri entusiasti, di chiarire i […]

Pubblicato quasi 8 anni faEdizione del 5 gennaio 2017

La post-verità o meglio la post-fattualità sembra accreditarsi come il nuovo mantra che tutto spiega. Il rivoluzionario paradigma che permetterebbe, secondo intellettuali, analisti, commentatori e altri entusiasti, di chiarire i misteri della politica e di decifrare la complessità dei fenomeni sociali, oltre che fornire una plausibile spiegazione della crisi inedita del sistema democratico e delle sue istituzioni.

La rivoluzione tecnologica introdotta nei paesi occidentali comporta, oltre ai tanti benefici, anche l’aberrante inquinamento delle menti dei cittadini dovuto all’affermarsi di una cultura della falsità e della diffamazione. L’invasione inarrestabile di una comunicazione bugiarda sta minando le relazioni tra i paesi e tra le persone. Gli esempi sono molti e tutti con effetto devastante sulla vita della gente.

La post-verità è servita al repubblicano Trump come efficace strumento per divenire presidente degli Usa. Il candidato repubblicano, accusando di ogni nefandezza la democratica Clinton, è riuscito a convincere gli americani che la sua avversaria era una sporca affarista che meritava solo la galera. Come è servita al dottor Hamer in campo oncologico per continuare a fare proseliti con l’invenzione di una scuola medica presentata come radicale alternativa alla medicina ufficiale nonostante la sua espulsione dall’Ordine dei medici.

In realtà, la vittoria di Trump e la credibilità di Hamer come di altri leader o guru, sono da imputare non solo alla falsificazione della comunicazione ma soprattutto alla crisi del sistema democratico. La presa sull’opinione pubblica della balla è il frutto amaro proprio della democrazia e della civiltà dell’occidente. Per questa ragione si può sostenere che non siamo ancora entrati nell’era totalizzante della manipolazione e della finzione.

Non siamo ancora arrivati alla realtà che cede il passo alla falsità e all’illusione che diviene fattualità. Il dato che la menzogna, la bugia o la balla vengano presentate e percepite come realtà attraenti del mondo in cui viviamo, è un fenomeno proprio della libertà di espressione e di comunicazione.

Non possiamo improvvisamente scoprire che la realtà è fatta da chi promette sogni o miracoli, da chi vuole essere illuso o si lascia abbagliare, e da chi, rinunciando al proprio ruolo istituzionale di controllo e sanzione, permette che tutto possa scorrere.

È scontato che in ogni epoca sono sempre esistiti i furbi e i bari, come gli ingenui e i creduloni. Però, oggi i primi impongono la loro irresponsabilità come virtù del potere, e i secondi il loro abbaglio come ribellione del suddito.

Se così stanno le cose, bisogna dire che dietro al termine post-verità si nasconde una questione vera e drammatica. Quella della crisi della governance in democrazia e quella della mancanza di strumenti nella difesa personale. Stiamo per essere invasi da una nuova miseria, umana e culturale prima che economica e finanziaria.

Non è più possibile lasciare che circolino liberamente le idee di una persona senza che questi se ne assuma la responsabilità degli effetti che provocano.

Non è più possibile tollerare la diffusione della smancerosa esibizione che il potente o il guru fa del proprio pensiero, anche quando contraddice una documentata evidenza e contravviene alla buona regola.

Non è più possibile lasciare al leader una libertà smisurata e indecente, quando sa che la sua recita fa presa su chi quella libertà non ha e quella indecenza la patisce.

Cosa fare? La sinistra tace e i progressisti balbettano, mentre i conservatori si esaltano e i reazionari festeggiano.

È sperabile che i soggetti del lavoro, dello studio, delle professioni, dei mestieri, della cultura, e di chi è ancora portatore di un pensiero critico, si attivino e sappiano ritrovarsi uniti nel superamento dell’indifferenza e nell’affermazione di un progetto sociale credibile. La credibilità è data dal farsi costruttori a partire dalla propria realtà di una nuova società, non permettendo che la verità venga falsificata e come tale assolutizzata, e che la responsabilità venga omessa e come tale divenire licenza.

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