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La popstar si è animata

La popstar si è animataI Green Day in «I Simpson-Il film» (2007)

Storie/Band, rapper e cantanti apparsi in versione cartoon in una sfilza di film e serie televisive Per gli artisti essere omaggiati in classici come «I Simpson» o «South Park» è garanzia di successo. E mentre Michael Jackson e Isaac Hayes si scoprono doppiatori, i Kiss combattono contro il terribile pterodattilo. Occhio a Green Day e Metallica

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 12 ottobre 2019

Erroneamente molti pensano che i cartoni animati siano solo intrattenimento per bambini, ma è una credenza senza fondamento se pensiamo non solo ai vari anime o OAV giapponesi come lo struggente Ken il guerriero (Hokuto no Ken) o il pornografico Urotsukidoji (Chojin Densetsu Urotsukidoji), ma anche all’americano Fritz il gatto (1972) di Ralph Bakshi, micio dalle mani lunghe e dagli appetiti sessuali umani, o al canadese Heavy Metal (1981) di Gerald Potterton con il suo caleidoscopio di seni prosperosi, guerriere letali e zombi affamati di sangue fresco.
I cartoni animati sono un filone a 360 gradi, capace di spaziare con maturità in molti generi, arrivando a parlare sia al bambino che all’adulto, più di quanto si farebbe nei film con attori in carne ed ossa. Non stupisca quindi che molte rockstar o band musicali abbiano fatto capolino, come ospiti, in show come i Simpson o che esistano gruppi come i Bee Hive con adoranti schiere di fan senza essere neppure mai esistiti. D’altronde cosa di più di un cartone animato può stimolare la fantasia?
PER ADULTI
Che i film o le serie d’animazione abbiano la musica nel sangue è un dato di fatto: basta prendere un innocuo Hotel Transilvania 3, per accorgersi che, tra spaventi finti e vacanze antistress su crociere per mostri, Dracula, il mostro di Frankestein, l’uomo lupo e persino un Kraken, alto come un paio di palazzi, non vedono l’ora di scatenarsi in balli che spaziano dalla Macarena a Mr Blue Sky. Il cartone che può certo vantare il più alto numero di comparse di cantanti o gruppi musicali all’interno del suo universo è però senza dubbio i Simpson. Il sito americano Buzzfeed ha provato a contare tutte le apparizioni all’interno della serie creata da Matt Groening, scoprendo ben 66 presenze nell’arco dei quasi trent’anni di vita dello show, tra eccellenze del momento e celebrità sempre sulla cresta dell’onda.
D’altronde l’exploit cinematografico dei Simpson del 2007 vede la presenza dei Green Day su una chiatta galleggiante: intenti prima a suonare una versione rock del tema principale della serie, poi ad affondare, morendo miseramente, in un lago inquinato tra le note di Nearer My God to Thee, la stessa sinfonia che ha accompagnato la funesta fine del Titanic.
Chi segue il cartone animato, da quel 17 dicembre 1989 che cambiò la storia dell’intrattenimento per famiglie americane (ma non solo), conosce bene la cifra stilistica di Matt Groening, un umorismo cinico e crudele che non guarda in faccia nessuno, nemmeno dio, presente più volte irriverentemente nello show. Non stupisca quindi che le band facciano a cazzotti per apparire all’interno di un episodio dei Simpson: è un veicolo non solo per una fama ancora più grande, ma un ulteriore lasciapassare per l’eternità artistica, quella che un tempo i musicisti sigillavano col sangue davanti a Satana, e che ora invece si è evoluto in qualche minuto a fianco di Homer, in una serie tv dallo share incredibile.
Negli episodi del cartone animato abbiamo visto sfilare, cantare e recitare, in situazioni assurde, artisti del calibro di Ringo Starr, Aerosmith, Sting, Tom Jones, Barry White, Red Hot Chili Peppers, Ramones, James Brown, Britney Spears, Lady Gaga, Dolly Parton, senza dimenticare nuove leve come Justin Bieber o Mandy Moore. Elencarli tutti sarebbe solo inutilmente enciclopedico e qui ci soffermeremo su quelle comparsate davvero sublimi come nel caso di Tupac, in versione ologramma, ritratto mentre balla insieme a Lady Diana, Einstein e il Mahatma Gandhi, nel folle episodio Whisky Business della ventiquattresima stagione. Non meno importante è la collaborazione di Michael Jackson con questa serie animata: doppiò un personaggio, un matto, Leon Kompowsky, che crede di essere appunto Jackson, in Stark Raving Dad (da noi Papà-zzo da legare), senza però figurare nei credit, tanto che per anni si pensò si trattasse di un bravo imitatore.
Matt Groening recentemente, in un’intervista al The Weekly, ha svelato l’arcano: «Abbiamo davvero lavorato con Michael Jackson. Mi disse che il suo personaggio preferito era Bart e che voleva assolutamente essere nello show». Per, evitare problemi con la sua casa discografica, però il cantante registrò solo i dialoghi del suo personaggio, ma nessuna parte cantata, questa sì a opera di un formidabile emulo.
Anche i Metallica fanno una grande apparizione all’interno dello show: in panne con un furgoncino, verranno soccorsi dal loro più grande fan, Otto Disc, autista dello scuolabus di Springfield, creato sulla falsariga del chitarrista storico dei Guns N’ Roses, Slash. Mal gliene occorse al nostro capellone guidatore: alla prima occasione verrà abbandonato dalla band che lo intimerà persino di non ascoltare più le loro canzoni. I miti, d’altronde, sono spesso una gran delusione quando li si incontra. Otto però è il personaggio che rispecchia più di tanti altri, presenti nel programma, la passione per la musica di Matt Groening: perennemente con le cuffie alle orecchie, il nostro Disc si è trovato, nel passato, nella difficile situazione di dover scegliere tra l’amore di una donna e quello per il rock/heavy metal. Scontro perso in partenza: la musica vince su tutto soprattutto quando chi ci ama non accetta le nostre passioni. Così Otto ha abbandonato sull’altare la sua futura sposa e ha continuato ad esibirsi con la sua band, i Cianuro «Devoto tributo ai Veleno», in tutto e per tutto simili ai Poison, con canzoni come Every Rose Has Its Thorn e Nothin’ but a Good Time.
ICONE
La puntata però più iconica, a livello musicale, è Come ho passato la mia vacanza a strimpellare (How I Spent My Strummer Vacation) del 10 novembre 2002, quattordicesima stagione, dove Marge e il resto della famiglia decidono di concedere a Homer una vacanza al Rock’n’Roll Fantasy Camp, nel quale musicisti come Mick Jagger e Keith Richards, insegnano lo stile di vita delle rockstar. Oltre ai due Rolling Stones si segnala la presenza di Elvis Costello, Lenny Kravitz, Tom Petty e Brian Setzer, tutti impegnati a prestare la voce al proprio doppio disegnato. Curiosa da citare poi l’apparizione che i nostri Fabri Fibra e Francesca Michielin fanno, in versione Simpson, nel video di Carl Brave, Fotografia. Non è una comparsata ufficiale, ma la resa finale non sfigura davanti a un qualsiasi episodio del programma, magari una puntata speciale tutta musicale.
I Griffin sono i concorrenti più agguerriti di Homer e famiglia e, come loro, vantano, seppur in minor numero, una sequela di star della musica impressionante con nomi del calibro di Ozzy Osbourne, Christina Aguilera, Ariana Grande, Bono Vox e persino Frank Sinatra Jr.. Il cammeo più memorabile all’interno del programma è però quello dei Kiss in tre puntate leggendarie: Viaggio in Europa, Buon Natale, Griffin!, nel quale la band combatte contro un terribile pterodattilo, e Il brutto anatroccolo. D’altronde scopriamo, in questi episodi, che la moglie di Peter Griffin, Lois, è stata la ragazza di Gene Simmons prima che diventasse famoso e che il gruppo ha la lingua talmente lunga che poi dev’essere riarrotolata manualmente. Comunque nessuna gelosia tra i due coniugi: vediamo entrambi travestirsi, da veri fan della band, durante un loro concerto, bellissima lei e fiero lui, malgrado i suoi chili di troppo!
Non è la prima volta però che il gruppo di Gene Simmons appare in un cartone animato: in Scooby-Doo! Rock and Roll Mystery le rockstar disegnate non fanno un semplice cammeo, ma aiutano il cane detective a risolvere un misterioso caso, non perdendo l’occasione di cantare sei delle loro hit più un inedito scritto per l’occasione, Do not Touch My Ascot.
Se i Simpson e i Griffin sono cartoni non proprio da bambini, con battute volgari e situazioni non certo da educande, la situazione degenera nella satira VM18 soprattutto con South Park, la serie animata più scorretta di sempre. Lo show di Matt Stone e Trey Parker conta ben 22 stagioni con idee fantastiche, folli e decisamente poco accomodanti per un pubblico da prime time della tv tra un Michael Jackson vicino della porta accanto in odore di pedofilia, critiche verso la religione, soprattutto il cristianesimo e il mormonismo, e l’apparizione sopra le righe di un Bin Laden post 11 Settembre, capace di sacrificare, davanti alle telecamere, bambini e capre. Naturalmente niente scene particolarmente crude, grazie alla tecnica particolare del cartone, simile allo stop motion, ma questo non esclude un uso iperrealista del sangue o della violenza in un ottica da disarmante cartoon alla Bugs Bunny, sotto una massiccia dose di Lsd ovviamente.
La musica anche qui fa la parte da leone, a cominciare dalla scelta di far doppiare, per le prime dieci stagioni, il personaggio di Chef al celebre Isaac Hayes, l’autore del famosissimo tema di Shaft, classico del cinema blaxpoitation. Purtroppo una critica smaccata della serie tv verso Scientology, religione alla quale il cantante, passato a miglior vita nel 2008, era devoto, ha interrotto la collaborazione tra gli autori e il musicista. La risposta di Matt Stone e Trey Parker a questo divorzio artistico è stato in puro stile South Park: Chef, uno dei pochi personaggi assennato della serie, viene prima descritto come un pedofilo, poi muore orribilmente fatto a pezzi da un grizzly e da un leone di montagna e poi ricostruito come una sorta di Dart Fener (doppiato stavolta da Peter Serafinowicz, la voce di Darth Maul in Star Wars: Episodio I-La minaccia fantasma). Per creare queste puntate i due geniali autori presero vari spezzoni di audio da episodi precedenti e li unirono insieme per ridare l’originale voce di Isaac Hayes al loro personaggio. Meglio non fare arrabbiare i creatori di South Park!
Sicuramente meno polemiche, ma altrettanto dissacranti sono le tante apparizioni di cantanti nella serie, star come Will Smith, Robert Smith dei The Cure, Alanis Morissette, Elton John, Kanye West, Enrique Iglesias e Britney Spears. Recentemente ha fatto parlare la presenza della cantante neozelandese Lorde negli episodi Gluten Free Ebol e Cissy, soprattutto perché si affronta il tema non facile della discriminazione sessuale. Scopriamo in questi due segmenti che la musicista è in realtà il papà di Stanley «Stan» Marsh, il geologo Randy Marsh, generalmente rappresentato come un uomo di mezza età con tanto di baffi, che crea il suo alter ego femminile per usare il bagno delle donne e lì creare le prime canzoni di successo con la sua nuova identità. Se molti fan dell’artista si sono detti indignati, lo stesso non è stato per Lorde che ha dichiarato tramite un tweet di essere onorata trovando persino il suo ruolo all’interno della serie «cool».
MADE IN ITALY
In Italia purtroppo il cinema d’animazione non è una delle nostre eccellenze se si escludono, tra gli altri, le meraviglie passate di Bruno Bozzetto con capolavori come VIP mio fratello superuomo e quelle più recenti di Enzo D’Alò con La gabbianella e il gatto o dello Stefano Bessoni dei Canti della forca. In questo panorama sicuramente più sterile di altre nazioni, i nostri cantanti non hanno molta possibilità di comparire all’interno delle nostre produzioni, ma esistono sicuramente le eccezioni. Fabrizio De André per esempio è protagonista di ben 7 cortometraggi, ispirati all’album Cruêza de mä, un progetto voluto del regista Matteo Valenti e promosso dalla Coop Liguria. Questa splendida commistione tra musica e illustrazioni, nata in occasione del trentennale del disco, ha coinvolto ben sette istituti d’arte in prevalenza liguri; a disegnare il tutto invece è stato l’artista spezzino Nicola Perucca. Un’operazione capace di un grande coinvolgimento emotivo e sensoriale, soprattutto quando le immagini stilizzate di una Genova bellissima e spietata, fatta di vicoli e caruggi, di marinai e prostitute, vengono accompagnate dalle parole ancora taglienti e romantiche del Faber. Ecco che rime immortali prendono una forma mai così tangibile, con le ombre della città vecchia che danzano al ritmo di «Umbre de muri muri de mainé dunde ne vegnì duve l’è ch’ané (Ombre di facce facce di marinai da dove venite dov’è che andate) da ‘n scitu duve a l’ûn-a a se mustra nûae a neutte a n’à puntou u cutellu ä gua (da un posto dove la luna si mostra nuda e la notte ci ha puntato il coltello alla gola) e a muntä l’àse gh’é restou diuu diàu l’é in çë e u s’è gh’è faetu u nìu (e a montare l’asino c’è rimasto dio il diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido)».
Se però siamo ancora davanti, nel caso di De André, a un prodotto strettamente ancorato alle regole del videoclip, lo stesso non si può dire dell’ambizioso progetto, voluto da Adriano Celentano, chiamato appunto Adrian, sbarcato sulle reti Mediaset nella primavera del 2019. Per questo serial il cantante/predicatore si è avvalso della collaborazione di uno degli artisti del disegno più apprezzati in Italia e all’Estero, Milo Manara, il cui tratto ha regalato alcune tra le più procaci e belle donne di inchiostro e carta.
Adrian è ambientato in un utopico mondo futuro dove Celentano, in versione giovane come ai tempi del corbucciano Er Più, si aggira come una sorta di messia tra violenze varie e un’assenza assoluta di dio. Non siamo lontani quindi dai deliri, deliziosi e folli, del mega flop Joan Lui, il musical miliardario che segnò la fine dell’ascesa dei successi al cinema del «molleggiato». Già con frasi di lancio che chiosavano «Io sono, disse la vita quando nacque in un’esplosione di bellezza. Io sono, dissero la donna e l’uomo e nessuno prevaleva sull’altro perché io voleva dire noi. Noi siamo la vita. Poi l’uomo disse io ho, e nacque l’infelicità» ci si poteva aspettare il delirio più assoluto in chiave celentanese. Ma come sappiamo lo show non ha avuto il successo atteso.
INESISTENTI
Alcuni serial non hanno però la necessità di presentare all’interno del loro show delle vere band, tanto pieno è il loro universo di rockstar fittizie.
Jem e le Hologram sono un cartone animato che ha avuto il suo massimo successo negli anni Ottanta, uno degli spettacoli per bambine più smaccatamente musicale. La storia ruota intorno a una cantante di grande successo, Jem appunto, una star dall’identità mascherata come un supereroe. Le pre-adolescenti dell’epoca, che in Italia seguivano il cartone nel famoso contenitore pomeridiano Bim Bum Bam, impazzivano per le musiche orecchiabili vagamente catto-rock, per il look della band dai capelli dai mille colori e, senza saperlo, cominciavano ad amare una musica dall’impianto meno pop. A spiccare però in Jem e le Hologram sono le arcinemiche, le Misfits, composte da Pizzazz, Jetta, Roxy e Stormer, un gruppo smaccatamente più punk delle protagoniste, capaci di esibirsi in canzoni che inneggiavano sentimenti poco «pucciosi» come l’egoismo e l’avidità, e che rivendicavano una figura femminile più forte e sicura dello stereotipo a uso e consumo delle brave telespettatrici. Jem è a suo modo un cartone rivoluzionario per l’epoca: in diverse puntate viene velatamente sdoganato un tema, non proprio facile nella tv per bambine, come quello dell’omosessualità femminile facendo intendere un rapporto, non solo d’amicizia, tra la tastierista del gruppo delle buone, Kimber Benton, e la chitarrista delle cattive, Mary Phillips detta Stormer. Naturalmente niente baci o amplessi, ma quella linea d’ombra che ancora oggi macchia il buon Batman quando definisce «compagno» il monello dai pantaloncini attillati Robin.
Prima di chiudere però come non citare anche le Hex Girl, il gruppo dark più convincente della tv per bambini. In Scooby-Doo e il fantasma della strega, riuscito lungometraggio del 1999, facciamo la conoscenza del trio di ragazze, Luna, Dusk e Thorn, dal look spettrale e dal sound che spazia dal goth rock al post punk sullo stile dei Bauhaus o dei Cure. Niente male soprattutto perché le canzoni, orecchiabili e non proprio da buttare via, come la metal Trap of Love, rimandano a Heaven’s a Lie degli italiani Lacuna Coil, non proprio il pezzo che ti aspetteresti in un cartoon di Scooby-Doo.

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