La politica è una geografia  mobile, non solo un reality
Osservando il quadro di Magritte «Le beau monde» – Foto Reuters
Cultura

La politica è una geografia mobile, non solo un reality

Storia sociale «Progetto Democrazia» di David Graeber per il Saggiatore. Il massimo teorico di Occupy Wall Street si interroga sui processi decisionali e sul senso dell’agire collettivo. I partiti devono ripartire dalla loro sconfitta. Tessendo connessioni simili al web e con leadership condivise.
Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 21 marzo 2014
Nonostante l’epoca mediatizzata nel profondo sia indotta a pensarlo, la politica non è soltanto agire comunicativo. Ovviamente, ci si riferisce non tanto e non solo alla politica «tecnologia del potere» (il cui principio guida è l’efficacia: linea Machiavelli), bensì al paradigma alternativo del «discorso pubblico partecipato deliberativamente» (in cui pre/vale l’istanza alla «virtù»: linea Erasmo da Rotterdam): la scoperta fatta nel corso delle rivoluzioni settecentesche che la società è plastica, dunque modificabile grazie alla politica, tanto da poter accantonare le aristocrazie di sangue (Ancien Régime); messa in mora dall’emergere nello spazio aperto della democrazia egualitaria di nuove aristocrazie, questa volta...
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