Cultura

La poesia non salva il mondo, ma lo canta

La poesia non salva il mondo, ma lo cantaLibri / foto Freepik

SCAFFALE A proposito di Diane Seuss e del suo «frank: sonnets». Una raccolta curata da Alessandra Bava e Maria Adelaide Basile per le edizioni Ensamble

Pubblicato 5 mesi faEdizione del 11 giugno 2024

Pulitzer 2022 per la poesia, frank: sonnets di Diane Seuss è uscito ora anche in Italia da Ensemble (pp. 310, euro 20), in un’edizione tradotta e curata da Alessandra Bava e Maria Adelaide Basile che già avevano lavorato sulla precedente raccolta dell’autrice statunitense, La ragazza dalle quattro gambe. Come e più dell’altro, anche quest’ultimo libro è autobiografico, sebbene Seuss precisi di frequente nelle interviste che io reale e io lirico non sono mai completamente sovrapponibili.

LA SCELTA, poi, di dilatare la scrittura, pur se costretta nei quattordici versi del sonetto, va ricondotta all’epica del sé «I contradict myself, / (I am large, I contain moltitudes.)» che, osserva Bava, ha in Leaves of Grass di Whitman «il capostipite poetico, condividendo con esso l’essere colossale e intimo, epico e personale».
E Seuss, osserva Basile, insieme a quella della propria vita, scatta «l’istantanea di una generazione».
Lasciato in originale per rispettarne le implicazioni, il titolo offre un doppio tributo: a Frank O’Hara, poeta dalle forme brevi della New York School, con cui condivide la preminenza del presente anche quando rievoca il passato, e al primo album di Amy Winehouse, citato in epigrafe. Parallela la sofferenza di Diane e Amy rispetto alla figura paterna, assente e sempre rimpianta dalla prima rimasta orfana a sette anni, invadente e intrusiva nella vita della seconda.

Temi ricorrenti: morte, sesso, poesia, a volte in relazione tra loro, spesso su scenari di fuga. La ruralità arcaica del Midwest originario va stretta a Diane fin da bambina: «sono cresciuta enorme, troppo enorme, / si diceva, per i mostri del mio territorio: sono volata / lontano per sentirmi molecolare, ma anche tra la folla, la mia vita /era enorme».

UN SUO RIFLESSO è l’agnellina che «si ribella e si arrampica fino al ruscello» dove l’acqua di sorgente è «sì verde e sì dolce, senza il retrogusto metallico / del secchio rinunciando alla paglia del giaciglio / intrecciata di lavanda». Fuga che si ripete nella parentesi newyorkese: via da una possibile reazione violenta del compagno lasciato e delusa dalla mancata affermazione letteraria. Seuss denuncia l’attitudine sessuale predatoria di molti poeti famosi e la sottile violenza misogina di artisti e intellettuali affermati: «l’assenza di un contatto visivo, gli occhi che si / allontanavano come cani in cerca di qualcosa su cui valesse la pena pisciare, o di rado / e forse peggiore di tutto / usare la parola bello come arma, alla fine ho cambiato rotta e sono diventata/ spaventosa / Desideravo essere allarmante, gigantesca, colossale, / freak». Dopo aver scelto il sonetto perché «come la povertà, insegna di cosa puoi fare /a meno» dilata due testi fino a invadere la pagina accanto: il primo sulla furia con cui caccia da casa del figlio drogato i due spacciatori conviventi; il secondo sulla sua condizione di disabile per la «gamba spappolata» da una caduta, sul desiderio contraddittorio di essere vista a un tempo normale e freak, comunque «chiamata umana».

Nella raccolta c’è molto dolore, fisico e psichico: indigenza, lutti, separazioni, aborti, suicidi, incidenti, malattie mortali. Se il rapporto con il figlio Dylan, che ha cominciato a drogarsi dopo il divorzio e l’allontanamento del padre, è difficile e sofferto, si illuminano in positivo il profondo affetto per l’amico Mikel e la riconoscenza verso la madre che, rimasta vedova, ha studiato per diventare insegnante e mantenere lei e la sorella; e verso Lizzy, «la ragazza strana» (the freak-girl) che ha affrontato di notte una tempesta di neve per aiutare lei e la sorella bambine, sole in pieno blackout senza la madre bloccata in biblioteca.

SEUSS, che è stata terapeuta per i Servizi sociali e a contatto con la sofferenza di molti, non crede che tutto si possa risolvere con le cure o con le poesie. Intervistata nel 2021 da Ace Boggess su «The Airondack Review» afferma che le poesie su accadimenti strazianti possono essere terapeutiche solo quando la loro complessa realizzazione insegna come tenere il soggetto a distanza. Seuss comunque condanna che l’uso della poesia come terapia venga deriso solo se a scrivere sono le donne, mentre nulla si imputa agli uomini che l’hanno fatto da sempre.
«Ci vuole tempo per arrivare al minimalismo, anni vissuti appieno, / , ci muoviamo da / un silenzio soffocato, al discorso spiattellato, alla poesia, la più strutturata, quindi la più lontana dal /crimine principale, anche il piacere può essere un crimine, soprattutto / una volta che è perduto, e la parola una violenza sulla lingua, / la lingua assaggiando sé stessa sa / di amaro».

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