Venezia, 8 giugno del 1614. Il giovane rampollo di una famiglia patrizia romana, Pietro Della Valle (1586-1652), si imbarca alla volta di Costantinopoli. È l’inizio di un viaggio decennale che porterà Della Valle a esplorare l’Egitto, la Terra Santa, la Persia e l’India. Se dobbiamo prestare fede alle sue parole e a quelle dei suoi molti biografi, il suo destino di viaggiatore instancabile avrebbe avuto origine dalla fine di una relazione amorosa con una certa Beatrice, costretta dalla madre a sposare un altro uomo. Il nome della donna e le circostanze di questo amore sfortunato, senza contare la raffinata educazione letteraria impartita dalla famiglia al giovane Pietro, suscitano più di un interrogativo sulla effettiva realtà di questa storia. Forse, calcando un po’ la mano, egli ha voluto stabilire un’analogia letteraria tra il suo vissuto e quello di Dante, sommo Poeta e viaggiatore (suo malgrado) in questo mondo e nell’altro. Sia come sia, Della Valle lasciò Roma per viaggiare per l’Italia giungendo infine, nel 1609, a Napoli, dove sarebbe rimasto per cinque anni. È proprio il lungo soggiorno in quella che era una delle capitali culturali dell’epoca che infonderà nel giovane il desiderio di conoscere l’Oriente.
In questo periodo, infatti, Della Valle si legò di amicizia con Mario Schipano, un medico ed esperto di lingua araba e turca, ed ebbe modo di frequentare, tra gli altri, Giovan Battista Vecchietti (1552-1619), il famoso viaggiatore e diplomatico che aveva soggiornato più volte in Egitto, in Persia e in India. A questi possiamo aggiungere Diego de Urrea Conca (ca. 1559-1616), specialista di arabo, turco e persiano e accademico dei Lincei. Il primo assaggio di «Oriente» avvenne nel 1611, quando Della Valle partecipò alla spedizione dei Cavalieri di San Giovanni contro le isole Kerkenna, un arcipelago posto di fronte alle coste orientali della Tunisia. Ormai infiammato dal desiderio di ottenere fama imperitura coprendosi di gloria in imprese militari o di altro genere in Oriente, il giovane organizzò con cura tutto il necessario per l’impresa.
Nel corso dei suoi anni di viaggio Della Valle inviò a Schipano dei rapporti sotto forma di Lettere dando istruzioni all’amico su come riorganizzare i contenuti di queste missive nella forma di un resoconto organico. Dopo il suo ritorno a Napoli (avvenuto il 5 febbraio 1624), il nostro viaggiatore scoprì che Schipano non era stato capace di rispettare le indicazioni che gli aveva impartito e di conseguenza si dedicò personalmente alla revisione dei testi. Le Lettere sul viaggio in Turchia furono stampate nel 1650 e a esse seguirono quelle sulla Persia (1658), di cui Della Valle non riuscì a vedere la pubblicazione a causa della morte, e infine sull’India (1663), anche queste ultime pubblicate postume a cura dei suoi figli. Queste Lettere furono rielaborate dall’autore a partire da un diario autografo, rimasto inedito, che fornisce importanti integrazioni alle informazioni contenute nelle Lettere. La sezione del manoscritto dedicata al soggiorno in Persia è stata da poco pubblicata per le cure di Mario Vitalone: Pietro Della Valle, Diario di viaggio in Persia (1617-1623) (Scienze e Lettere, pp. 588, € 47,00). Dobbiamo essere grati al curatore per aver messo a disposizione del grande pubblico un’edizione estremamente curata e accompagnata da una ricca introduzione biografica e bibliografica.
La Persia visitata da Pietro Della Valle è quella della dinastia dei Safavidi (1501-1736) sotto cui il regno visse uno dei momenti di maggior splendore e potenza. È interessante notare che gli anni persiani di Della Valle rappresentarono anche l’apice della sua attività diplomatica. All’inizio, infatti, egli si era recato in Persia per incontrare lo Shah Abbas I (1588-1629) al fine di sottoporgli due progetti a dir poco ambiziosi. Il primo era quello di chiedere l’autorizzazione a fondare una colonia cattolica nei pressi della capitale Esfahan. Nelle intenzioni di Della Valle l’insediamento, che inizialmente sarebbe stato abitato da trecento cristiani assiri e caldei, avrebbe portato il nome altisonante di Nuova Roma e avrebbe incluso una basilica di San Pietro in dimensioni ridotte e un Campidoglio. Il secondo progetto, che partiva dal presupposto della necessità di un rapporto di collaborazione tra Cristianità e Persia in funzione antiturca, prevedeva la conclusione di un’alleanza militare tra lo Shah e i Cosacchi di Polonia insediati sulla foce del Dnepr. Questo piano avrebbe garantito alla Persia un’ulteriore espansione economica e territoriale provocando al contempo gravi danni agli interessi ottomani. Tuttavia nessuno di questi progetti trovò una realizzazione pratica, dal momento che la pesante sconfitta militare inflitta dall’esercito persiano ai Turchi presso Ardabil (11 settembre 1618) diede avvio alle trattative di pace e a un equilibrio, per quanto precario, tra le due potenze.
Questo fattore non rendeva più così impellenti per lo Shah le proposte di Della Valle, perché era venuta meno la minaccia militare ottomana e in ogni caso il sovrano riteneva opportuno applicare una politica distensiva nei confronti dei Turchi confidando che la crisi politica innescatasi a Costantinopoli dopo la sconfitta avrebbe fatto gli interessi della Persia. Nelle pagine del Diario il nostro viaggiatore accompagna il lettore nella descrizione della corte safavide e della società persiana del tempo, ma anche del mondo dei diplomatici e dei missionari delle varie potenze europee.
Il Diario, però, non è solo questo: Della Valle, ad esempio, è osservatore curioso e attento delle antichità persiane. È grazie ai suoi disegni che l’Europa poté conoscere i caratteri della scrittura cuneiforme che il viaggiatore aveva copiato nel corso della sua visita alle rovine dell’antica Persepoli. Anche grazie a queste conoscenze di prima mano Della Valle al suo ritorno divenne ben presto una delle autorità europee in ambito orientalistico, cosa che gli permise di entrare in contatto con i maggiori intellettuali dell’epoca. Tra di loro possiamo ricordare Athanasius Kircher (1602-1680), personalità poliedrica che si interessò alle forme di scrittura del Vicino Oriente antico e in particolare all’interpretazione dei geroglifici, l’erudito e collezionista francese Nicolas-Claude Fabri de Peiresc (1580-1637), e il filosofo Tommaso Campanella (1568-1639). Egli, inoltre, godette del favore di papa Urbano VIII (pontefice dal 1623 al 1644) che, a quanto pare, amava ascoltare i racconti dei suoi viaggi in Oriente dalla sua viva voce.
Non si scoraggi il lettore di oggi, perché la prosa di Della Valle è vivace e scorrevole, nulla di paragonabile all’ampollosità barocca del suo tempo che più tardi verrà imitata da Manzoni nell’introduzione de I Promessi Sposi col famoso incipit «L’Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo…» che tanto ha afflitto i liceali di ieri e di oggi. Questa edizione del Diario rappresenta senz’altro una fonte imprescindibile per gli addetti ai lavori. Tuttavia anche il lettore non specialista avrà modo di compiere un «viaggio» in un mondo lontano nello spazio e nel tempo, eppure reso così vivo e presente grazie alla penna di Pietro Della Valle: «Il Pellegrino», come venne definito nel titolo della prima edizione delle sue Lettere.