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La passione per la mountain-bike ridisegna territori, boschi e sentieri

La passione per la mountain-bike ridisegna territori, boschi e sentieri

In Italia il cicloturismo vale 4,6 miliardi di introiti l’anno, per 55 milioni di pernottamenti. Questa rinnovata passione ha investito in pieno anche il mondo della mountain bike, con un […]

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 28 luglio 2022

In Italia il cicloturismo vale 4,6 miliardi di introiti l’anno, per 55 milioni di pernottamenti. Questa rinnovata passione ha investito in pieno anche il mondo della mountain bike, con un aumento dei praticanti sul territorio e un’offerta turistica maggiore rispetto al passato. Una delle aree più all’avanguardia in Italia è il Trentino, che complessivamente presenta ben 8 bike park dei 37 sul territorio nazionale e oltre 8mila chilometri di sentieri. L’altopiano della Paganella in particolare può essere considerato un vero e proprio laboratorio, con uno sguardo aperto alle tendenze che vengono dall’estero, ma anche alla gestione di un territorio che subisce la pressione antropica di diverse attività outdoor. «DAL 2015 AD OGGI

SIAMO PASSATI da 5mila a 41mila accessi al bike park» – spiega Luca D’Angelo, presidente dell’azienda di promozione turistica locale. «C’è un movimento in crescita: se dieci anni fa chi praticava mountain bike era molto specializzato, oggi si è aperto il mercato. Il 15% di chi viene da noi a fare mtb è alla prima esperienza in assoluto. È interessante notare come i maggiori praticanti siano intorno ai 40 anni, un’età di transizione tra vecchi e nuovi modi di intendere la montagna».

IN PAGANELLA SI ORGANIZZA OGNI ANNO un incontro che si chiama Mtb talks, dedicato agli operatori del settore, con interventi di esponenti delle località internazionali più all’avanguardia: Whistler, Lenzerheide, Zermatt, tanto per fare qualche esempio. «GESTIRE IL

TERRITORIO ORMAI è diventata una sfida, perché sono molte le attività svolte contemporaneamente: mtb e trekking, per esempio. La tendenza che vorremmo seguire è quella di una maggiore differenziazione degli itinerari, per evitare sovraffollamenti e avere percorsi più adatti alle bici. In altre zone d’Europa, come per esempio in Scozia, vengono realizzati dei veri e propri trail center. Si identifica un’area e si creano sentieri appositamente modellati per le bici, con un’attenzione particolare alle pendenze, alle curve, al drenaggio. In questo modo si evita un degrado eccessivo e si indirizzano i biker su percorsi specifici. Spesso queste realizzazioni sono dislocate in zone prossime alla città, dove altrimenti ci sarebbe difficoltà a separare i flussi. Alla base della salita generalmente vengono poi costruiti un bar e dei servizi, e il tutto gestito dall’equivalente della nostra guardia forestale».

IN ITALIA NON C’E’ ANCORA QUALCOSA di simile, anche se i bike park sono aree esclusivamente dedicate alla mtb. «I rider preferiscono andare dove non ci sono escursionisti e su itinerari dedicati, pensati per la bici. Noi in particolare abbiamo anche un approccio il più possibile ecologico. Per esempio: utilizziamo come compattante per il terreno il Dafnex, un prodotto nato dalla macerazione delle foglie e che non ha componenti chimici. E poi, per fare la segatura abbiamo una segheria mobile che usiamo sul posto. Così non compriamo legname, ma utilizziamo quello disponibile».

LE COSE SI COMPLICANO FUORI DAI BIKE PARK: le disposizioni prevedono che gli interventi sui sentieri possano essere solo di natura conservativa, e talvolta il degrado è importante. «Le tracce si moltiplicano rispetto al corso originale, la mancanza di un drenaggio progettato insieme al tracciato rende in alcuni punti l’erosione particolarmente importante. In Paganella noi siamo stati tra i primi a inserire nella squadra di manutenzione un laureato in scienze forestali: ci aiuta a individuaregli interventi corretti per ripiantumare il terreno».

IN ITALIA LA GESTIONE DEI SENTIERI è complicata: molti sono in carico al Cai, altri alle amministrazioni, spesso sono i volontari a fare qualcosa. «Molti sono anche i sentieri in stato di abbandono – spiega Edoardo Melchiori, presidente della sezione italiana dell’International mountain bicycling association – o dove nessuno interviene perché su terreni privati. Bisognerebbe chiedere l’autorizzazione, ma non è facile e l’itinerario resta abbandonato».

LA BICI IN MONTAGNA VIENE SPESSO vista come un intruso, che crea disturbo e potenziali problemi. Eppure potrebbe anche diventare un alleato nella creazione di un modello turistico alternativo ad altri ormai in via di ridimensionamento. «Proprio dove ci sono le piste da sci a quote medio basse, la domanda su cosa fare quando non cadrà più neve non può non essere posta. La mountain bike può essere un modo per utilizzare gli impianti sostanzialmente su tre-quattro stagioni, con un limitato impatto ambientale. Per esempio a Wexl, in Austria, hanno già riconvertito una piccola stazione sciistica a questo scopo». Gli spot nati da riconversione generalmente non prevedono percorsi sulle piste dismesse, che possono essere lasciate alla ri-forestazione. I sentieri si sviluppano nel bosco e non hanno l’impatto, anche visivo, che le piste da sci hanno sul territorio. In più, possono godere di una rete infrastrutturale e ricettiva già ampiamente sviluppata. Inoltre, un comprensorio riconvertito alla mountain bike è sicuramente meno energivoro nel consumo d’acqua rispetto agli impianti sciistici.

FUORI DAI BIKE PARK, DI SICURA tendenza, c’è la diffusione della e-mtb, che ha allargato la platea degli utilizzatori della mountain bike. «La e-mtb ha aperto la porta a una categoria di utenti che non è interessata alla fatica. Vuoi per l’età, vuoi per la mancanza di allenamento, ha abbassato di molto il gradino di accesso allo sport. La mountain bike elettrica ha aperto una fetta di mercato, ha permesso di rientrare a una serie di persone che per condizioni fisiche non potevano più utilizzare la mtb tradizionale». Rispetto alla già complessa gestione dei sentieri, il divertimento elettrico però pone anche nuove problematiche. «Sui sentieri che precedentemente venivano percorsi solo in discesa per motivi di fatica, ora c’è il doppio flusso. Nelle località più frequentate quindi si ragiona su progettare nuovi sentieri solo per la salita. Ma anche la segnaletica può venire in aiuto: mi viene in mente Massa, importante centro legato alla mountain bike, che in questo senso si è mossa. Melchiori conclude con una riflessione tout-court. «In alcune regioni, come in Trentino, la Sat (l’equivalente del Cai, ndr) ha un approccio di contrasto e anche le leggi non sembrano andare incontro alle esigenze dei biker. Se indichi quali sentieri sono percorribili in base a parametri come pendenze e larghezze di un certo tipo, è evidente che l’intento è limitare. Ritengo che vietare e non avere la forza di controllare non possa poi portare a buoni risultati. Bisognerebbe invece cercare il giusto grado di compresenza sul territorio, concentrandosi maggiormente su una manutenzione dei sentieri competente e sull’educazione al loro corretto uso».

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