La partita transgenica è ancora aperta
gricoltura ecologica ha nemici più o meno storici. Tra tutti, gli Ogm e i cosiddetti «nuovi» Ogm (ottenuti tramite le New Breeding Techniques – Nbt) che alcuni decreti proposti dall’ormai […]
gricoltura ecologica ha nemici più o meno storici. Tra tutti, gli Ogm e i cosiddetti «nuovi» Ogm (ottenuti tramite le New Breeding Techniques – Nbt) che alcuni decreti proposti dall’ormai […]
gricoltura ecologica ha nemici più o meno storici. Tra tutti, gli Ogm e i cosiddetti «nuovi» Ogm (ottenuti tramite le New Breeding Techniques – Nbt) che alcuni decreti proposti dall’ormai ex ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, con il pretesto dell’aggiornamento delle misure fitosanitarie e della riorganizzazione del sistema sementiero nazionale, avevano tentato di «sdoganare» lo scorso dicembre. In sordina e con una seduta a ranghi ridotti per le festività, il 28 dicembre la Commissione Agricoltura del Senato aveva espresso un parere favorevole su tali decreti, che avrebbero permesso, di fatto, la sperimentazione in campo, non tracciabile, di varietà di sementi ottenute con le «nuove tecniche di miglioramento genetico» (Nbt).
Che, come ha confermato la sentenza del 2018 della Corte Europea di Giustizia, sono a tutti gli effetti Ogm e devono sottostare alle normative europee esistenti in materia.
La stessa discussione doveva avvenire in Commissione Agricoltura della Camera a gennaio. E se in quella sede fosse stata presa la stessa decisione assunta al Senato, prodotti dei territori, Dop, Igp, vini di qualità, produzione biologica, varietà locali e tradizionali sarebbero state a rischio contaminazione da prodotti ottenuti con le tecniche di genome editing e irriconoscibili per i consumatori.
Il risultato? Chi oggi richiede prodotti «Gmo-free» garantiti, per esempio nell’export, avrebbe rifiutato anche i prodotti etichettati come «non-Ogm» per mancanza di certezze. In pratica, un danno enorme per la biodiversità e per l’economia.
Basti pensare che in Italia la produzione biologica vale oltre 4,3 miliardi di euro. Mentre quella dei prodotti a marchio Dop, Igp, Stg – tutti rigorosamente «Ogm free» – oltre 16 miliardi di euro.
Per fortuna, grazie alla mobilitazione delle organizzazioni e associazioni ambientaliste e di categoria, alla successiva apertura al dialogo dei relatori e al sostegno dei membri della Commissione Agricoltura della Camera, il tentativo è stato sventato.
Lo scorso 13 gennaio, la Commissione della Camera ha espresso pareri condizionati, e chi in futuro sarà titolare del Ministero dell’Agricoltura sarà chiamato a rispettare i vincoli posti dai pareri espressi alla Camera. In tutti, si chiede il rispetto della sentenza della Corte europea di Giustizia che ha stabilito che alle Nbt si applicano senza eccezioni o deroghe le norme oggi esistenti per gli Ogm, unitamente allo stralcio dei riferimenti relativi agli Ogm nei decreti in esame, a conferma della natura di «Paese libero da Ogm» dell’Italia.
Tuttavia, come avvertono Greenpeace e il vasto fronte di organizzazioni agricole biologiche e contadine, di associazioni di tutela ambientale e dei consumatori, la partita è tutt’altro che finita. A livello nazionale, l’impegno sarà quello di monitorare che le decisioni del ministero dell’Agricoltura rispetteranno effettivamente la volontà espressa alla Camera e quella manifestata più e più volte dalla maggior parte degli italiani: garantire, cioè, che l’Italia resti un Paese libero dagli Ogm.
Contemporaneamente, a livello europeo, la Commissione Ue sta valutando di lavorare a un diverso approccio alle autorizzazioni degli Ogm, data la costante mancanza di sostegno politico nel Parlamento europeo, che lo scorso novembre, per la cinquantesima volta di fila, ha chiesto all’esecutivo Ue di non autorizzare l’immissione in commercio di nuovi prodotti contenenti, costituiti o ottenuti a partire da colture Ogm.
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