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La pandemia resiste: l’Europa sta meglio, ma l’America soffre

La pandemia resiste: l’Europa sta meglio, ma l’America soffreMadrid, manichini collocati nella sala di un teatro per segnare il distanziamento sociale – LaPresse

Covid-19 Ora i grandi focolai di contagio sono Stati uniti, Brasile e Messico. In Spagna, uno dei paesi più colpiti, «il virus è sotto controllo»

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 20 giugno 2020

Anche se a giudicare dalla leggerezza con cui alcuni stanno prendendo le misure di sicurezza non ne siamo del tutto coscienti, siamo ancora ben lontani dal superare la pandemia di Covid-19. La più importante emergenza sanitaria degli ultimi decenni ha certamente superato la fase più acuta in Europa. Il testimone della zona del mondo più colpita dall’epidemia in questo momento l’ha raccolto il continente americano, dove i più grandi focolai di contagio sono Stati Uniti, Brasile e Messico. Globalmente, ha detto ieri l’Oms, la pandemia è in fase di crescita: giovedì nel mondo sono stati dichiarati 150mila nuovi casi in un solo giorno, un record. La metà nel continente americano. Quasi mezzo milione a oggi le vittime nel mondo.

Vediamo però come sono messi gli altri paesi europei, con un caveat: i dati ufficiali non sono del tutto compatibili, i paesi non calcolano il numero dei decessi nello stesso modo (con o senza test positivo, dentro e fuori dagli ospedali, eccetera), né fanno la stessa quantità di test per scoprire gli infettati.

Fra i paesi in Europa con il tasso di decessi per milione di abitanti più elevato troviamo, oltre all’Italia (571), il Belgio (837), il Regno Unito (626), la Spagna (580), e la Svezia (500) (ignorando San Marino e Andorra, che hanno una popolazione molto piccola), secondo i dati di ourworldindata.org.

INIZIAMO DALLA SPAGNA, uno dei paesi più colpiti. Domani il paese esce formalmente dallo stato d’emergenza che il governo aveva dichiarato il 14 marzo scorso: ora la gestione della sanità torna alle regioni e questo primo fine settimana estivo, il primo dopo l’emergenza, si aspettano grandi spostamenti. Con numerose misure di sicurezza per i viaggi, le spiagge e per evitare le concentrazioni di gente, il paese è entrato nella “nuova normalità”. Il tutto mentre il governo ha già aperto “corridoi turistici” speciali per le isole Baleari: un enorme contrasto con le politiche di lockdown fra le più severe al mondo vissute ad aprile.

Secondo il governo, la situazione è sotto controllo. Ieri, per la prima volta dal 7 giugno, l’esecutivo ha ricominciato a dare il numero dei morti che era stato congelato per una modifica al modo di calcolare: invece di contabilizzare il numero di morti comunicati dalle regioni ogni giorno, il ricalcolo ha avuto l’obiettivo di calcolare il numero di morti in funzione della data effettiva di decesso. La cifra aggiornata con questi numeri è di 28.300 persone morte con diagnosi confermata di Covid-19 (di cui 180 negli ultimi 15 giorni), anche se secondo i calcoli delle anagrafi l’eccesso di decessi nel periodo della pandemia toccava le 40mila unità (non tutti direttamente attribuibili al virus, ma in buona parte sì).

IL REGNO UNITO è un altro dei paesi dove l’epidemia ha colpito molto forte e dove ancora oggi stanno pagando le conseguenze di non aver preso seriamente la pandemia all’inizio, sperando nella fantomatica immunità di gruppo (che con percentuali d’incidenza della malattia intorno al 5% è un obiettivo troppo lontano da raggiungere).

Secondo i dati del governo, che prendono in considerazione tutti i possibili decessi, le vittime per Covid supererebbero già le 52mila.

La Svezia è un caso interessante perché è un altro paese che ha deciso di non applicare misure molto restrittive come il lockdown: il numero assoluto di vittime è relativamente basso (5.000), ma rispetto alla popolazione è molto elevato. L’epidemiologo di referenza nel paese, Anders Tegnell, ha ammesso all’inizio di giugno che si sarebbe dovuto fare di più, senza rinnegare però la decisione di non aver chiuso il paese, al contrario di quanto fatto dal Regno Unito, che aveva poi fatto marcia indietro (complice la malattia dello stesso Boris Johnson).

ANCHE IL BELGIO è un altro caso interessante: escludendo i microstati, è il paese con il tasso di morti più elevato al mondo per milione di abitanti. Ma la prima ministra Sophie Wilmès si difende: il paese è l’unico che conta tutti i morti, anche i sospetti e anche quelli nelle cliniche. Le misure di confinamento anche qui erano state severe, anche se meno che in altri paesi.

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