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La pancia è un’industria

La pancia è un’industria

Habemus Corpus Dopo le abbuffate festifere, per molti il giro vita è un problema. Punto centrale e fra i più mutevoli del corpo, quando aumenta obbliga a strizzarsi o a cambiare mezzo […]

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 5 gennaio 2016

Dopo le abbuffate festifere, per molti il giro vita è un problema. Punto centrale e fra i più mutevoli del corpo, quando aumenta obbliga a strizzarsi o a cambiare mezzo guardaroba aprendo le porte del reparto Taglie Morbide. Finché la moda propone tagli ampi tutto va bene, ma se per caso a uno stilista viene in mente di lanciare la giacca avvitata, vestirsi diventa un problema e allora ci si trova di fronte a una scelta: o ci si adegua alla massa mettendo in evidenza la parte meno felice di sé, o si impara a fregarsene, che è sempre un bell’esercizio di autonomia, salute permettendo.

 

 

Negli anni Ottanta, grazie a film come Flashdance con Jennifer Beals o alle lezioni di aerobica di Jane Fonda, impazzavano i body molto sgambati e se non ne indossavi uno ti sentivi diversa. Una sera ero a cena con delle amiche. Fra loro c’era un’attrice bellissima, ma con un cruccio: di vita misurava ben più dei 60 centimetri resi mitici dai concorsi per Miss. Lei era nata così e non c’era nulla da fare. A un certo punto disse: «Io i body non li posso neanche guardare. Se poi è bianco sembro un boiler, per cui non li metto. Sposto l’attenzione o più su o più giù». Lo trovai un gesto di libertà, e la libertà rende belli.

 

 

Sul giro vita anche alcuni uomini hanno delle ossessioni. Mick Jagger, per esempio, alla soglia dei 70 anni disse: «Sono orgoglioso di misurare ancora 73 centimetri, come quando avevo 20 anni». Non potevano dire la stessa cosa i professori di musica che un giorno vidi sbeffeggiare da una loro allieva di violoncello. Lei aveva 18 anni, la sfrontatezza della neo post adolescenza ed era bravissima, per cui molto sicura di sé. Loro, due violinisti e un violista, erano quarantenni professionalmente appagati e avevano un debole per lei.

 

 

 

Provavano un quartetto di Brahms. Durante una pausa lei si alzò, si mise in centro e cominciò a punzecchiare le loro pance con la punta dell’archetto dicendo: «Guardate come siete già grassi. Sembrate dei porcellini». Quella verità così diretta li annientò. Capirono che lei avrebbe continuato a suonare con loro, ma non si sarebbe mai coricata con nessuno dei tre, per cui seguitarono a mangiare coppa, pane e salame a volontà, in fondo grati alla violoncellista di essere stata sincera. Perché la sincerità rende liberi.

 

 

Oggi, che non vanno più di moda le Veneri alla Tiziano, sulla pancia poggia una vera industria. Da una parte la moda della cucina e il marketing dei prodotti alimentari spinge a mangiare e bere di tutto, schifezze e prelibatezze. Dall’altra il marketing della forma fisica propone creme e prodotti dimagranti capaci di sciogliere il grasso localizzato, diete fulminee, attrezzi miracolosi, massaggi snellenti. Ma spesso le pance restano lì, e basta star fermi in un bar a guardare la gente passare per capire che le statistiche hanno ragione. Secondo worldmeters.info, che aggiorna i numeri che misurano il globo in tempo reale, le persone sovrappeso nel mondo sono più di un miliardo e 600 milioni, quelle obese 539 milioni.

 

 

Negli Usa ogni anno si spendono oltre 275 milioni di dollari per malattie causate dall’obesità, e 106 milioni in programmi per dimagrire. Da noi non va meglio tant’è che, secondo i dati Ocse, l’obesità in Italia è passata dall’8,6% del 2000 al 10,4% del 2012, una crescita inferiore a quella di altri paesi, ma pur sempre una crescita che sta colpendo anche i bambini e che creerà loro ben altri problemi del body/boiler. Non c’è bisogno di star sempre con il metro in mano come Mick Jagger, però mangiare sano e muoversi di più non è una cattiva idea. Si sa mai che si incontri una violoncellista sincera.
mariangela.mianiti@gmail.co

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