Sempre di più il cibo rappresenta una cartina di tornasole dello stato di salute della nostra società: nel contesto economico, sociale, culturale, sanitario, identitario, politico.

Protagoniste assolute in questo momento sono le città, dove il cibo viene consumato, dove diventa momento didattico nelle scuole, di giustizia sociale nei contesti di fragilità, di rilancio nei processi di economia sociale, di confronto tra la domanda e l’offerta, di rilancio turistico, di tutela del paesaggio, di integrazione tra le culture differenti e in molti altri ambiti. Un tema complesso e di grande attualità che coinvolge tutte le città. Basta partire da un dato per rendercene conto: oltre il 50% della popolazione mondiale vive in città ed entro il 2050 questa percentuale raggiungerà il 70%. Gli abitanti delle città consumano la maggior parte del cibo prodotto nel mondo, con tutto quel che comporta in termini di uso del suolo, acqua dolce ed emissioni di Co2.

Siamo in un momento storico di grandissima incertezza, in cui è centrale la relazione che sussiste tra le periferie e la città, tra la campagna e la città, tra i territori delle aree interne e la produzione del cibo. Senza una profonda trasformazione del sistema alimentare urbano non potrà esserci sicurezza alimentare e non potrà verificarsi alcuna transizione ecologica. Per questo, va seguito con attenzione il percorso delle città che hanno deciso di dotarsi di una politica del cibo, mettendo insieme soggetti diversi per raggiungere obiettivi fondamentali, come la lotta agli sprechi, la promozione di diete sostenibili, il riavvicinamento e l’integrazione del contesto urbano con la campagna circostante.

Sono già moltissime le città in cui si sviluppano buone pratiche, ma un numero ancora troppo basso ha sviluppato politiche del cibo integrate con i piani strategici delle stesse città.

La recente ricerca condotta dal prof. Davide Marino, dell’Università del Molise, ha evidenziato un notevole interesse su questo tema da parte delle città, e grazie ai bandi europei si stanno sviluppano progetti di interscambio di buone pratiche, ricerca e concretizzazione di politiche del cibo integrate.

L’Associazione nazionale comuni Italiani (Anci) con Slow Food Italia si è impegnata a collaborare nel sostenere le politiche locali del cibo, che nella concretezza del quotidiano si riferiscono alle mense scolastiche, alla filiera di approvvigionamento, allo spreco alimentare, all’educazione alimentare, al rapporto tra cibo e salute, all’economia integrale (definita nell’enciclica di papa Francesco Laudato si’ come “ un invito a una visione integrale della vita, a partire dalla convinzione che tutto nel mondo è connesso e che, come ci ha ricordato la pandemia, siamo interdipendenti gli uni dagli altri, e anche dipendenti dalla nostra madre terra..”), con un primo passo che deve essere necessariamente educativo. Proprio l’educazione è uno dei pilastri, in quanto non è più rinviabile la comprensione di quanto sia determinante un approccio diverso e agroecologico del sistema alimentare. E proprio nell’educazione, che comprende oltre agli studenti anche le famiglie, i produttori, i funzionari pubblici, le reti associative, la politica, si gioca la partita più importante, dove le food policy riescono a svolgere il ruolo attivo più importante: una partecipazione civica, cosciente, comunitaria in ogni ambito della filiera del cibo, affinché le azioni di ciascuno siano sempre più consapevoli e si riesca tutti insieme a camminare verso gli obiettivi 2030 dell’Onu per la salvaguardia del Pianeta, un termine che si avvicina inesorabilmente.

Risulta chiaro che la rigenerazione per una vera transizione ecologica passa da nuove politiche alimentari delle aree urbane. Argomento che sarà approfondito con studiosi e casi reali da tutto il mondo a Terra Madre Salone del Gusto dal 22 al 26 settembre a Torino il cui tema centrale sarà la Rigenerazione.