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La notte dei santi incantati

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Egitto Riti che nascono come occasione religiosa e che prendono poi forme diverse, alcune spirituali e altre decisamente profane. Per le strade del Cairo le feste che commemorano la nascita delle più importanti figure che hanno segnato la vita di Maometto. Tra repressione e misticismo

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 5 agosto 2014

Un uomo lascia entrare il pubblico che si accalca all’ingresso del minuscolo teatro di strada, avvolto da tende di panno colorato, a due passi dalle bancarelle che vendono balocchi al mawlid di Sayeda Zeinab, nel centro del Cairo. Chiede appena tre ghinee (30 centesimi di euro) alle mamme con i loro bambini o a fanciulli di strada che per un anno hanno atteso questo giorno. Il sapore delle feste sufi torna ogni anno in Egitto nelle notti in cui si commemora la nascita (mawlid) dei più importanti «santi» che hanno segnato la vita di Maometto e le tappe dell’Islam sunnita.

Dopo le feste in tono minore, per il timore di una possibile repressione da parte di islamisti tradizionalisti, i mawlid sufi sono tornati più grandi che mai. Molte confraternite sufi hanno sostenuto la candidatura di Abdel Fattah al-Sisi alle presidenziali, sebbene questi mistici alternativi si tengano ben lontani dalla politica. Eppure avevano tentato di formare un partito subito dopo le rivolte del 2011, senza successo. Nel 2009 i mawlid sono stati proibiti invece con il pretesto dell’influenza suina.

Il teatrino di Sayeda Zeinab ospita uno spettacolo incredibile. Prima un vecchio dai lunghi capelli grigi introduce nelle narici due lunghi cacciaviti, mentre il pubblico lo ammira stupefatto. Un ventriloquo scherza poi sugli equivoci tra arabo e inglese. Arriva sulla scena infine un annunciatore improvvisato dagli occhi spiritati che appare ai bambini del pubblico come un orco dal paese dei balocchi. Introduce una ragazza velata sulla scena che lieviterà lasciando i bimbi esterrefatti nell’apoteosi della festa. Nella grande notte (leila el kbira, la notte della nascita del santo) la folla che a stento percorre le strade del Cairo va in visibilio, tra lampadine colorate e teli psichedelici, tappeti e coperte sui quali uomini e donne della provincia continuano a parlare, dormire e cucinare.

Nei cortili della moschea e sotto le impalcature di legno, i sufi iniziano la loro danza circolare che converge in due linee frontali. Fuori dai cancelli della moschea, bimbi e bimbe si dileggiano su minuscole giostre, mentre i fedeli si affrettano all’ingresso, coperti del profumo lasciato distrattamente sulle loro braccia da uomini e donne che presidiano le porte. Alla luce dell’alba, dopo ore di danza, i sufi sono invasati, alcuni trapassano le loro guance con delle lame, mentre cavalli trottano tra la folla e donne e uomini continuano la celebrazione dirigendosi verso la tomba del santo. Alcuni anziani si dilettano in una lenta danza con i bastoni.
Abbiamo parlato di mawlid con l’antropologo culturale Samuli Schielke, ricercatore del Zentrum Moderner Orient (Zmo) di Berlino. «I mawlid sono considerati per errore come espressione di una tradizione faraonica», inizia Samuli. «Invece, i più antichi mawlid sono nati nel XV e XVI secolo insieme alla diffusione degli ordini sufi. L’origine dei mawlid islamici è legata all’emergere del culto per i santi musulmani, incentrato sulla sacralità dell’autorità spirituale nella mistica islamica. E così i mawlid sono parte di una corrente del misticismo islamico al suo apice nel Medioevo. Le somiglianze che esistono tra mawlid cristiani e musulmani, sono dovute all’influenza reciproca e a forme festive condivise, caratterizzate dal principio che religione e gioia si appartengono reciprocamente», aggiunge Schielke.

«I mawlid hanno sempre combinato diversi elementi, e se nascono come occasione religiosa, le celebrazioni prendono poi forme diverse, alcune spirituali, altre profane» prosegue Samuli. «La parte spirituale più importante è la visita rituale alla tomba del santo. È una celebrazione collettiva, detta dhikr, invocazione a dio, che si tiene all’interno della moschea e nelle tende collocate intorno ai luoghi della festa. Ogni gruppo ha il suo stile, dalla recitazione vocale a danze estatiche fino a gruppi e cantanti che recitano poesie mistiche».

E poi c’è l’incredibile componente profana dei mawlid. «I giovani improvvisano caroselli, si attardano sulle altalene, su ruote di ferro, giocano al tiro al bersaglio, tra maghi, musicisti, dolci e colazioni all’egiziana. Nell’Alto Egitto le gare di cavalli e di bastoni sono una parte importante della festa. Ci sono piccoli gruppi di sufi estatici che tengono serpenti vivi tra le mani o camminano su coltelli o si trapassano con aghi per mostrare la loro invulnerabilità alla paura e alla pena. Ma negli ultimi tempi queste pratiche sono diventate marginali».

Mentre sono centinaia i cantanti coinvolti, alcuni delle vere e proprie star. «La grande Oum Kalthoum, per esempio, ha iniziato la sua carriera come cantante di mawlid, recitando il Corano e poesie d’amore. Oggi ci sono due generi principali di musica nei mawlid: una è la tradizionale sufi inshad, basata su poesia spirituale che prega il Profeta e ’gli amici di dio’, parlando di spiritualità mistica spesso attraverso l’allegoria dell’amore. L’altra è il genere shaabi electro-pop, sebbene meno pura fa anche uso dell’inshad, con ritornelli su temi religiosi», ci spiega Samuli. Questo stile ha le sue star, spiccano i nomi dei cantanti sufi Yasin El-Tohami e Mohammed El Baui, le cui performance sono seguite da migliaia di persone. Ma ci sono molte donne amatissime (come Khadri Mohammed Khadri, ndr), avvolte nei loro veli bianchi», ci spiega Schielke.

Ma negli ultimi anni l’atmosfera dei mawlid è cambiata sensibilmente. «I mawlid sono mutati molto negli ultimi decenni, soprattutto a causa dell’urbanizzazione, la diffusione dell’elettricità e dei movimenti sufi (sono quasi dieci milioni i sufi egiziani, ndr). L’elettricità ha cambiato lo stile e la grandezza delle celebrazioni con l’ausilio di amplificatori che rendono possibile l’assembramento di folle enormi. Il tessuto urbano contrasta con l’ampiezza dei mawlid che sono per loro natura aperti ad ogni tipo di attività e non rispettano la tendenza delle autorità egiziane a separare lo spazio urbano per evitare manifestazioni e assembramenti».

«La diffusione di movimenti salafiti – sottolinea Samuli, che rifiutano la spiritualità estatica, ha instillato poi il dubbio in molti egiziani sulla sacralità religiosa dei mawlid. Trasformando queste feste da elemento centrale delle vite religiose della maggioranza, all’occupazione di una minoranza misticamente dedicata». «Le leggi egiziane chiedono alle confraternite sufi di essere ufficialmente registrate. Tuttavia, la maggior parte dei gruppi sufi non è registrata ufficialmente. Sono gruppi informali, tenuti insieme per l’alleanza a un leader spirituale. Ci sono vari livelli di coinvolgimento, da chi è simpatetico con l’Islam mistico o a una guida spirituale precisa o a seguaci che hanno giurato fedeltà ad uno sheikh da cui apprendono quale percorso religioso seguire, partecipando periodicamente ad incontri del gruppo.

Le più grandi confraternite riconosciute, come Shadhiliya, Ahmadiya, Burhamiya, Rifa’iya consistono di un numero indefinito di sottogruppi indipendenti che condividono poco più che l’alleanza con un fondatore. Sono tutte collocate intorno a specifiche moschee o villaggi o quartieri. È l’Alto Egitto la base più forte del sufismo in Egitto», conclude Samuli.
E così i mawlid sono ora un’occasione laica di divertimento. Molti vi prendono parte senza tenere in conto la componente religiosa di queste feste. Frotte di giovani omosessuali danzano nei pressi degli altoparlanti mentre un improvvisatore greco procede nel suo spettacolo multilingue in sella ad una moto.

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