Visioni

La nostra scommessa, utilizzare lo streaming in forma di resistenza

La nostra scommessa, utilizzare lo streaming in forma di resistenza

Intervista Emilie Bujés, direttrice di Visions du Réel, racconta la scelta di «ripensare» il festival in versione online

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 10 aprile 2020

Fino all’ultimo avevano sperato di riuscire a farlo come sempre il festival, film, incontri, masterclass – quest’anno tra le altre quella di Claire Denis Maitre du Réel per il 2020 – Industry, tutto ciò che insomma rende Visions du Réel di Nyon un appuntamento centrale per il cinema documentario di ricerca. La realtà però mandava segnali contrari e così – come spiega al telefono la direttrice, Emilie Bujès – hanno presto iniziato a lavorare su soluzioni alternative che permettessero a questa edizione di svolgersi comunque.

«La situazione è cambiata velocemente, il primo festival a essere annullato è stato quello dei Diritti umani di Ginevra che ha un programma con molte anteprime svizzere e una parte consistente di incontri e discussioni col pubblico e gli ospiti. Era chiaro che le restrizioni sarebbero diventate più severe, qualche settimana dopo hanno chiuso i cinema e i teatri, a quel punto ci trovavamo davanti a due possibilità: una era annullare il festival, l’altra spostarlo online. Abbiamo deciso di provarci anche perché ci sembrava importante dare un segnale di resistenza agli autori, a quella parte di industria che riguarda i nostri film, al pubblico».

E così è stato. Visions du Réel si svolgerà dunque dal 17 aprile al 2 maggio – prolungando la sua durata rispetto alle date originarie d’inizio, il 24 aprile – con il supporto di diverse piattaforme digitali, Festival Scope, Rts (la televisione svizzera), dafilms.com, Tenk ad accesso gratuito tramite il sito del festival (www.visionsdureel.ch/en) limitato a un massimo di 500 spettatori per film.

Una scommessa che prova a rispondere anche ai molti interrogativi sul futuro del cinema, della sala, dei festival che più di tutto sono basati sulla condivisione, l’incontro, la comunità. Niente di definitivo però perché – dice ancora Emilie Bujès – «in questo momento non vi è alcuna certezza».

Come avete organizzato lo spostamento dell’edizione on line? È stato difficile convincere autori, produttori, distributori?
Quando abbiamo iniziato a lavorare a questa soluzione pensavamo che avrebbero accettato forse il 50/60% dei distributori internazionali o degli autori interessati, invece alla fine abbiamo avuto un’adesione del 98% su tutti i nostri titoli per un totale di 130, e uno dei film in concorso che non ha potuto partecipare è perché non riusciva a essere pronto a causa del lockdown. Molti autori erano angosciati all’idea di finire in un limbo a causa dell’annullamento dei festival e delle incertezze sul futuro. Il supporto delle piattaforme coinvolte ci ha permesso di offrire online l’intera selezione. Siamo andati avanti per tappe, senza sicurezze, tenendo fermo però l’obiettivo di garantire il massimo della protezione ai titoli che proponiamo con accessi limitati nel tempo – una settimana – e nel numero di spettatori.

Con quale formula verranno presentati i film? È prevista la possibilità di ascoltare gli autori, ci saranno discussioni, presentazioni?
Abbiamo messo in campo tante iniziative, per i tre concorsi – lungometraggi internazionali, concorso nazionale, mediometraggi internazionali – ci saranno delle conversazioni preregistrate con gli autori per introdurre ogni film. Tutti i registi stanno preparando dei brevi interventi video di circa tre minuti in cui parlano dei loro film ma anche del confinamento, ve ne sono alcuni molto belli. Mi interessa che questi filmati rendano conto del momento in cui siamo dando allo stesso tempo voglia alle persone di guardare il film.

E per quanto riguarda l’Industry che è una parte molto consistente del festival, quale strategia avete adottato?
Abbiamo cercato di mantenere più cose possibile, i pitching tra autori e produttori avranno un momento pubblico coi professionisti invitati e poi gli one-to-one, gli incontri avverranno su piattaforme come Zoom. Non abbiamo avuto alcun problema, sono rimasti tutti con noi, anzi la soluzione digitale ha aperto nuove possibilità anche a chi per costrizioni di budget non poteva essere presente a Nyon. Cerchiamo di rendere flessibili gli orari per soddisfare i diversi fusi orari ma la partecipazione è ampia, sicura e di grande accessibilità. Abbiamo poi pensato a una serie di conversazioni sul virus in più capitoli, coi cineasti che riflettono su cosa sta succedendo, sul futuro del cinema a partire dalle proprie realtà. Anche la masterclass insieme a Claire Denis andrà online, lei è stata subito disponibile ed è felicissima di poter intervenire con questa modalità.

Ecco, il futuro. Si dice già che in particolare la sala cinematografica potrebbe non sopravvivere a questa crisi, come se la pandemia avesse accelerato al massimo processi già in corso dall’arrivo dei grandi colossi dello streaming quali Netflix.
Credo che molto dipenderà dalla situazione preesistente nei diversi paesi, in Svizzera è già piuttosto complicata, in Francia forse va meglio, altrove le piattaforme sono spesso indispensabili e molti film si riescono a vedere solo lì. Il cinema però è guardare tutti insieme qualcosa, ora siamo separati, isolati, è una condizione che crea un sentimento di grande infelicità. La sala in questo senso è unica, permette quella dimensione «fisica» di condivisione con degli sconosciuti che è una parte importante nella visione di un film, e per un festival è un aspetto ancora più essenziale. È anche vero che quanto sta accadendo pone molti interrogativi sul futuro ma sono ancora tutte possibilità, la sola cosa chiara è che non abbiamo certezze.

Molti festival, quelli grandi come Cannes o Venezia, escludono a priori la via on line preferendo saltare l’edizione 2020 in caso si prolunghi la necessità delle restrizioni. Cosa ne pensi?
Ogni festival ha una sua natura, non possiamo generalizzare. Ci sono molti fattori che contano, il budget intanto; c’è chi ad esempio dipende in maggior parte dalle vendite dei biglietti. Poi ci sono i diritti dei film che cambiano rispetto alla dimensione produttiva. I nostri film non hanno budget enormi come quelli di Cannes e questo ci ha aiutati, anzi alcuni avranno l’opportunità di fruire di piattaforme sulle quali non sarebbero arrivati toccando così un numero maggiore di persone. La nostra scommessa è proprio cercare di raggiungere chi non sarebbe mai venuto al festival o chi non guarda questo tipo di film grazie alla diffusione in rete.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento