Politica

La norma anti femminicidi non entra nella direttiva Ue sulle armi

La norma anti femminicidi non entra nella direttiva Ue sulle armi

La prima commissione della camera ha approvato il parere sul decreto del governo che attua le nuove indicazioni europee sul commercio di pistole e fucili, salta l'obbligo per il titolare della licenza di informare i familiari (o almeno di autocertificare di averlo fatto)

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 2 agosto 2018

Ieri la prima commissione della camera ha approvato il parere sul decreto legge che attua la direttiva europea sul commercio delle armi. La novità principale, rispetto a quanto aveva previsto il governo Gentiloni (la direttiva è del 2017) è che non si prevede più l’obbligo per chi acquista un’arma di informare i familiari maggiorenni. Obbligo che, in un momento in cui è alto l’allarme per i femminicidi, era pensato come deterrente alle violenze armate tra le mura di casa. In teoria l’obbligo di denuncia ai familiari è previsto da anni, ma viste le difficoltà di attuare un regolamento annunciato nel 2010, il governo precedente aveva approfittato della direttiva Ue per introdurre l’obbligo di autocertificazione. Il titolare di licenza, cioè, avrebbe dovuto garantire sotto la sua responsabilità di aver informato i conviventi. Non la migliore soluzione in tema di deterrenza. La nuova maggioranza ha deciso di togliere anche l’autocertificazione, spiegando che la soluzione proposta era confusa e che nel recepire una direttiva non si può andare (troppo) oltre quello che la direttiva prevede.

Un problema del genere si è posto con la vendita online delle armi. Il decreto con cui si recepisce la direttiva Ue è al massimo un’occasione mancata per introdurre nuovi limiti e controlli, non una mossa liberalizzatrice che cancella le garanzie previste dal centrosinistra – come denunciato dai deputati del Pd. Perché nemmeno il decreto del governo Gentiloni prevedeva questa stretta, né avrebbe potuto visto che la direttiva Ue ha come ispirazione quella di favorire il commercio per corrispondenza anche delle armi, a patto che si identifichino con certezza i titoli dell’acquirente. L’unica soluzione sarebbe stata, allora, quella di non recepire la direttiva. Al momento, nel nostro paese restano i divieti previsti dalla legge 110 del 1975 che consente in pratica di acquistare armi online solo passando attraverso un’armeria.

Il parere approvato ieri prevede invece alcune novità, persino positive se non restassero sulla carta. Due sono legate all’attualità: la raccomandazione di tenere traccia anche delle modifiche che i proprietari apportano alle armi e l’invito a valutare la tracciabilità della armi ad aria compressa. Se il governo del ministro Salvini volesse accoglierli, casi come quello del cecchino romano che ha colpito una bambina rom sarebbero più difficili. Ma ovviamente è assai improbabile che il governo lo farà

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento