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La morale della favola sui due muli

I bambini ci parlano La rubrica settimanale a cura di Giuseppe Caliceti
Pubblicato circa un anno faEdizione del 28 settembre 2023

Mi raccontate con parole vostre la fiaba che vi ho letto?

«Ci sono due muli: uno trasporta dei sacchi di orzo, l’altro dei beni preziosi».

«Loro viaggiano insieme, uno porta due ceste piene d’oro e di gioielli preziosi, mentre l’altro porta due sacchi pieni d’orzo».

«Allora il mulo che porta il carico d’oro cammina pieno d’orgoglio, dandosi delle grandi arie».

«Diceva sempre a tutti quelli che incontrava per la strada: Io lavoro per il re in persona e trasporto i suoi gioielli».

«Ad un certo punto, però, incontra due ladri che lo prendono a bastonate e gli rubano il carico prezioso, poi scappano via».

«I ladri scappano, senza toccare il secondo mulo né il suo carico d’orzo. Il primo mulo, ferito e derubato del suo carico, allora, si lamenta: Ben mi sta; non avrei dovuto vantarmi tanto del mio carico: chi è povero non incontra pericoli, mentre i beni preziosi sì che sono a rischio!».

Mi dite qual è la morale della favola?

«E’ una favola sulla gente che si dà delle arie, che si crede uno meglio dell’altro e magari prende in giro gli altri perché si sente migliore».

«E’ vero. Scommetto che si vantava sempre e si sentiva superiore, l’asino che caricato d’oro e pietre preziose, cioè con il carico del re. Era proprio un asino nel senso peggiore del termine».

«Anche dei bambini della nostra classe, specie in palestra, si danno delle arie perché corrono più veloci di altri».

«Cosa vuol dire? Questo non c’entra nulla».

«No, invece c’entra perché è sempre un modo per sentirsi superiori, per offendere gli altri, insultarli. Loro dicono: Noi siamo meglio di voi. Noi corriamo più veloci di voi».

«La morale può essere che chi trasporta dei beni preziosi deve stare un po’ zitto, non deve dirlo a tutti, deve tenerlo come un segreto, così è più facile che dei ladri lo derubano e lo picchiano».

«Questa storia parla dei ricchi e dei poveri, con i ricchi che si danno delle arie mentre i poveri, che hanno meno cose, cioè non hanno meno cose ma solo delle cose meno preziose, loro non sono derubati».

«Anche per me l’asino che si vantava ha sbagliato a credersi migliore anche perché non lo era, i gioielli e l’oro erano sempre del re, dei beni preziosi di un altro, non suoi. Perciò è anche un po’ stupido a credere che lui è migliore solo perché trasporta delle cose più preziose dell’orzo».

«Mia mamma prende sempre il caffè d’orzo e dice che è buonissimo, ma a me non piace».

«La favola parla dell’invidia, per me, anche dell’invidia, perché l’asino che porta l’orzo non è vanitoso, non si sente più triste perché lui ha un carico meno prezioso, non è invidioso. Poteva anche dirglielo, al suo amico vanitoso, di non darsi arie, ma lui non dice niente perché poi ci hanno pensato i ladri a derubarlo».

A qualsiasi di noi può capitare di sentirsi migliori nel fare delle cose…. Mi dite le cose dove voi pensate di essere molto bravi?
«Io a correre perché sia quest’anno che lo scorso anno sono sempre il più veloce della classe».

«Io la più veloce delle femmine».

«Io sono migliore a giocare a nascondino, mi pare, perché ho una vista molto lunga, ho una vista che trovo e tano sempre tutti».

«Io in matematica, nelle tabelline e nelle operazioni: perché se sai bene le tabelline, dopo sai benissimo anche le operazioni, come dice la maestra, infatti è così».

«Io non so se sono migliore a fare qualcosa, non so bene cosa, ma mi va bene anche così perché non sono mai l’ultimo».

«Se uno corre veloce non vuol dire che si dà delle arie. Voglio dire: io credo di essere tra i migliori a fare delle cose come la scrittura, nei dettati, perché faccio pochi errori, ma non mi do delle arie e non offendo nessuno».

«Perché il problema sono i confronti: ci sono sempre quelli più bravi che fanno dei confronti su come uno fa o non fa le sue cose. Sembra che fanno lo sport non perché gli piace pallamano seduti ma per darsi solo delle arie e questo alla fine rovina il gioco».

«Per me la favola dei due asini insegna proprio che non bisogna darsi delle arie perché chi si dà troppe arie va sempre a finire che fa una brutta fine. Per esempio, se sbaglia, tutti lo prendono in giro ancora di più».

«Per me l’asino che trasportava l’orzo, però, se era lui a trasportare le cose preziose, per me si dava delle arie anche lui».

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