Visioni

La moglie invisibile alla corte del genio Tchaikovsky

La moglie invisibile alla corte del genio TchaikovskyUna scena da "La moglie di Tchaikovsky"

Al cinema L'ultimo film di Kirill Serebrennikov, riflessione sulla figura dell’artista, sui suoi limiti e sulle sue responsabilità lontana dagli stereotipi

Pubblicato circa un anno faEdizione del 5 ottobre 2023

Le informazioni su Antonina Miliukova non sono molte, sempre connesse al suo famoso marito, Pyotr Ilyich Tchaikovsky e al tragico matrimonio che li ha uniti. Di lei le biografie riportano l’infanzia infelice nella famiglia di nobili impoveriti fino all’ostinata passione per il compositore che riuscì a sposare nonostante le sue resistenze – lui omosessuale e fieramente attaccato alla sua solitudine, in molti pensarono che accettò per mettere a tacere le voci sulle sue relazioni coi ragazzi, pericolose nella Russia zarista non certo più indulgente di quella di oggi.
Ma se si guarda oltre la follia e la tristezza di Antonina che dopo la separazione finì in miseria de in manicomio la sua esistenza ci dice qualcosa di uno spazio femminile condannato all’invisibilità. Chi era infatti quella giovanissima ragazza se non una burla di cattivo gusto negli ambienti intellettuali, o alla «corte» del marito, amici, amanti estasiati dal genio? Niente, nessuno, un fastidio, un errore.

È su queste crepe che lavora Kirill Serebrennikov in La moglie di Tchaikovsky – in concorso a Cannes nel 2022, ora in sala – una nuova riflessione sulla figura dell’artista, sui suoi limiti e sulle sue responsabilità. Che dell’autore di Il lago dei cigni prova a costruire una immagine lontana dai cliché più comuni di rabbia e dolore, concentrandosi invece sulla manipolazione che esercita verso il mondo, a cominciare proprio da Antonina. Del resto il film doveva essere su Tchaikovsky, però il ministro della cultura russo aveva bocciato il progetto perché l’omosessualità del compositore è un tabù.

ECCOCI dunque nella Mosca degli zar che echeggia quella attuale; povera, classista, soffocata da una religione onnipresente dove ci si diverte nelle case della nobiltà popolate da artisti accolti in virtù del loro genio. È in una di queste serate che Antonina vede Tchaikovsky per la prima volta, lei è giovanissima, l’uomo brillante, tutti sembrano adorarlo. È molto più vecchio di lei ma non importa. Il matrimonio sarà più un funerale, gli amici di lui sono senza parole, incredulità e sarcasmo. Nell’oscillare tra l’uno e l’altra, due solitudini contrapposte e disperate, Serebrennikov costruisce geometrie fin troppo chiare per dire dell’orrore che monta nell’uomo, la fotografia in cui la coppia posa immortala questa separazione. Cosa significa allora quell’amore univoco di Antonina vissuto come un atto di fede? L’invisibilità che la condanna si fa esemplare di un patriarcato che condanna donne e uomini ovunque, li incatena alle loro paure e fantasmi. È questo codice dei ruoli che spinge Antonina a un goffo (e fastidioso) approccio sessuale col marito, pietra tombale della loro relazione? Che nutre le sue visioni scollate dalla realtà? Difficile capirlo, perché a sfuggire è il punto di vista dell’autore, e in questa ettura il suo «spazio invisibile» si appiattisce. O forse quello che manca è l’amore per i personaggi, il problema è proprio qui.

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