La misura quotidiana di Georg Zuter
Divano La rubrica settimanale a cura di Alberto Olivetti
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Tento di dare un sommario conto dei presupposti dell’opera di Georg Zuter (1942-2016) nel periodo tra il 1973 e il 2000, da quando cioè il giovane pittore tedesco decide di trasferirsi a Ginostra, sull’isola di Stromboli, fino a fare di Ginostra l’opera dell’arte sua.
Le esposizioni di dipinti di Zuter che, a partire dal 2002, si sono susseguite con regolarità in Italia, in Belgio, in Germania e negli Stati Uniti, fino alla retrospettiva bolognese del 2019, curata da Valerio Dehò presso la Galleria Stefano Forni, non hanno riguardato quelle che potremmo chiamare le forme della Ginostra realizzata da Zuter tra 1973 e 2000.
È certamente opportuno confrontare il modo di procedere di Zuter a Ginostra con i risultati di alcuni artisti della Land Art conseguiti tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta. Per molti versi, infatti, Zuter a Ginostra può essere annoverato tra quanti operarono entro i margini concettuali della Land o Earth o Environmental Art che dir si voglia.
In questa prospettiva è possibile osservare come Zuter definisca, però, un suo modo di procedere che lo distingue da «lavori» ritenuti paradigmatici quali, ad esempio, il Displaced, Replaced Mass, Silver Spring, Nevada di Michael Heizer del 1969; o Sunken Island, Summerland Key, Florida di Robert Smithson del 1971.
Qui si registrano forti interventi sul luogo – Silver Spring, Summerland Key – sia pure eseguiti utilizzando i «materiali» che il luogo medesimo offre. Zuter si mostra più vicino a una ricerca come quella ben rappresentata da Sun Tunnels di Nancy Holt che colloca, tra 1973-1976, nel Great Basin Desert dello Utah quattro grandi tubi di calcestruzzo posti in relazione reciproca a che i raggi solari vi penetrino secondo il corso delle giornate, e così la luce della luna e delle stelle. Un intervento teso ad esaltare la specificità di un sito mostrandone le peculiari coordinate. Con una qualche affinità con gli intendimenti di Holt e più ancora, direi, con le prime sperimentazioni di Richard Long e Hamish Fulton, improntate ad un rispetto assoluto dei luoghi, Zuter muove le sue ricerche a Ginostra, dove ha scelto di vivere.
Questo coincidere in Ginostra, per Zuter, del luogo e della dimora determina la prima rilevante (e radicale) differenza tra i lavori Earth di Zuter e quanti abbiamo or ora richiamato. Non un sito desertico del Nevada o dell’Utah, dunque Ginostra per Zuter, ma la sua casa.
Dunque le forme che Zuter concepisce a realizzare Ginostra a istituirla come opera, pur in termini concettuali affini alle poetiche della Land Art, coinvolgono la dimensione dell’abitare, del tutto assente presso gli artisti su menzionati.
Valgano alcuni riscontri che sono consentiti grazie a una prima documentazione fotografica della Ginostra di Zuter dovuta a Jolanda Bufalini e Andrea Jemolo.
Osserviamo un muretto di pietre laviche. Fa da contenimento ad un dislivello del terreno e sostiene un superiore terrapieno coltivato ad olivi. Cinque larghi pietroni della medesima origine vulcanica sono stati da Zuter grossolanamente sbozzati e quindi incastrati a secco nel muro a livelli successivi: scalini, all’occorrenza. Un intervento anonimo, l’effetto d’una arcaica muraglia in tutto e per tutto uguale a quante corrono lungo i sentieri da tempo immemorabile, a ribadire l’integrità del luogo.
Una seconda fotografia ci mostra una stanza della casa dove stanno allineate cinque vecchie grandi giare e tre ziri per l’olio recuperati, certo, qua e là, in qualche rudere abbandonato. Accanto, appoggiato al muro, un violoncello. Le giare, di coccio giallo, sono poste ai piedi di una lavagna da scuola, con la sua consunta cornice di legno, e certe scritte e numeri mal cancellati e qualche disegno infantile.
In un terzo scatto, la poderosa mola di un frantoio abbandonato è stata trasportata, con un sistema di argani appositamente progettato e da Zuter messo in funzione, sotto un olivo, tenuta ferma da un ramo caduto. Si comprende che per Zuter Ginostra è opera di cura di oggetti desueti e di luoghi. Il dar forma e il configurare si sciolgono in un suo quotidiano realizzare, fino a mettere in opera Ginostra quale misura della sua vita quotidiana.
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