La migrante «irregolare» di Isabel Sandoval
Il film «Lingua franca», presentato al Xº edizione di Divergenti Festival Internazionale di Cinema Trans
Il film «Lingua franca», presentato al Xº edizione di Divergenti Festival Internazionale di Cinema Trans
Solo un incubo da svegli «l’era-Trump»? Come far sì che non ne resti nemmeno la più infinitesima abbarbicata propaggine?
New York, 2019, tardo mandato. In una città semivuota, tra arresti indiscriminati e il piombo di parole come «immigrazione criminale» e «deportazione», di continuo iniettato nell’aria dalla voce invasiva del presidente, è lo sguardo di Olivia, ancora umanamente non alienato, il diapason attraverso cui percepiamo tutto questo, il suo corpo elegante di giovane donna capace di desiderare, che recalcitra a questo viluppo di gabbie.
Pure, in quanto migrante filippina «irregolare», nonché a causa dei documenti che riportano ancora la sua identità maschile, è come un pezzo di un puzzle che non combacia con nessuno degli altri; è Lingua franca di Isabel Sandoval, menzione speciale alla Xº edizione di Divergenti Festival Internazionale di Cinema Trans, diretto da Nicole De Leo e Porpora Marcasciano.
Dunque una dolente distonia pervade la vita di Olivia sia quando assiste alle nozze per amore della sua amica di infanzia e si fa scattare una polaroid con l’uomo che invece lei paga a rate perché la sposi (Green card di Weir è ad anni luce), sia per le strade dove si sente sempre braccata, e persino nella casa dove lavora impeccabilmente come badante presso Olga, anziana di origine russa.
Perché Olivia sa voler bene, accudire a distanza in tutti i sensi anche la madre, sa cercare il piacere con sé stessa e ne L’amante di Lady Chatterley, eppure la storia che potrebbe nascere con Alex – il nipote di Olga, costretto a lavorare presso il mattatoio dello zio per emendare inaffidabilità e alcolismo, nonché a occuparsi della nonna – è gravata da infinite impossibilità e dal furto dei documenti di lei da parte di uno dei violenti che Alex frequenta.
Così, se potessero essere visti dall’alto, i personaggi sarebbero come cavie in un labirinto di solitudine e ansia, mentre Olga chiede a Olivia, attraverso l’interfono, quando potrà tornare a casa. In fondo alla strada «il treno ha fischiato» ma, diversamente dal racconto di Pirandello, il mondo è sordo.
Eppure, malgrado questo arbitrario abisso di nonsense e dolore, quella che emerge è l’impronta di Isabel Sandoval – che scrive dirige interpreta e produce – capace di giocare col suo vero nome durante un magico ballo sulle note di Smoke gets in your eyes, e di parlare una lingua franca del rispetto, della pelle e del cinema. Un sacro pasoliniano del nuovo millennio, inoppugnabile al di là di qualunque troglodita vetusto fascismo.
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