Gira da dieci anni in tutto il mondo, è stato recensito dai più importanti giornali, è diventato un caso, ha attraversato spazi istituzionali autorevoli e malmesse occupazioni. Eppure La Merda, straordinario monologo di Cristian Ceresoli interpretato dalla straordinaria Silvia Gallarano acquista col tempo forza e perde profezia. “Il mondo dello spettacolo” (come lo chiama la televisione, in un sussulto di preistoria) si fa spettacolo di una società oscena, fatta di meriti, sacrifici, sopportazioni, umiliazioni, tutto per farcela. Per poter girare uno spot contro la violenza femminile, la Gallarano mette in scena, con una disinvoltura ironica pienamente tragica, tutto il campionario di brutalità che una donna attraversa. Si ricorda, nel monologo, che il padre la portava all’acquario dove scoprì che i polpi si mangiano i tentacolo, ma solo i polpi femmine. Si ricorda delle prime cose sessuali, “ti inginocchi, abbassi la cintura e ti abitui”.

ORA per i provini fa diete a base solo di mele, si mangia le unghie come fossero tentacoli, salvo scoprire che per il provino dovrà cantare fratelli d’Italia e dovrà essere bassa (per fortuna lo è ) e grassa (ha solo le cosce piene ma “ce la può fare, ce la può fareeeee”). D’altronde, bisogna fare sacrifici per avere successo ed essere riconosciuta dalle persone, per poter dire alle folle acclamanti “si, sono io” con quella umiltà di chi si scusa della propria evidente grandezza. Attraversa gli elettrodi nelle cosce dell’estetista che finalmente ha una partita iva (bene, brava ce l’ha fatta!), le domande della madre, che conosciamo un po’ tutte: si trasformano in velate critiche, “ah ma quindi è una pubblicità non un film”. Attraversa l’apparato dei provini, umiliante, e vorrebbe confidarsi con la donna del polpo e passa la settimana a mangiare di tutto pur di ingrassare e ricaccia ogni cosa di quelle ingurgitate, al limite di una crisi di nervi che è la cosa migliore che possa capitarti in questa società: almeno lì sei fuori dalla follia di un sistema disumano, e alienato e solitario e sporco, lurido di passioni tristi, di obiettivi tristi. Trisi e falsi, che li vogliamo solo perché ci hanno detto di volerlo. Ed è questo che espelle il monologo, questa verità dello strazio che subiamo ogni giorno. E di quelle volte che alla ribellione scambiamo la resistenza, come lei che dice ‘devo resistere’ mentre sente i castinisti commentarne le cosce, ma trovandole comunque scopabile. E lei dice, in un vortice di ironia drammatica, che d’altronde ‘questo paese l’ha fatto la Resistenza”.

IN QUESTI GIORNI è allo Spin Time, fino al 14 maggio. Non era la prima volte che vedevo il pubblico alzarsi. All’Auditorium lo scorso anno è come se la cupola di Renzo Piano si aprisse al possibile. Ma qui, in un posto occupato da nuclei familiari migranti, dove si offre assistenza, le condizioni di vita sono decenti, dove ci sono laboratori di falegnameria e un barbiere che insegna il mestiere, qui La Merda ha matericamente incarnato quel mondo nuovo, dove il merito, i sacrifici, la violenza sulle donne dell’ambiente e quella chele donne si infliggono da sole per tentare di inseguire sogni mai sognati sono cose da buttare per sempre. E non saperne più niente. E andare a parlare in un posto che accoglie chi fugge da guerre e carestie, nell’anno 2023, quando, da poco, sono morti tanti in mare perché si è detto no ad una richiesta di soccorso.