La memoria strappata alla sua casa
Intervista Parla Mária Székely, curatrice dell’archivio Lukács, in via di smembramento
Intervista Parla Mária Székely, curatrice dell’archivio Lukács, in via di smembramento
In una recente conferenza, l’Accademia ungherese delle scienze (Magyar Tudományos Akadémia, Mta) ha confermato la decisione di trasferire altrove il materiale da quello che dal 1972 è l’archivio Lukács, a Budapest. Con tutta probabilità questo materiale non verrà portato in uno solo luogo e per questo motivo si teme lo scorporo e la dispersione di un’eredità importante. Contro questa decisione sono state lanciate due petizioni che, a tutt’oggi, hanno raccolto, rispettivamente, settecento e oltre diecimila firme. Ne parliamo con Mária Székely, curatrice dell’archivio.
La decisione dell’Mta di chiudere l’archivio Lukács di Belgrád rakpart è nota ormai da mesi anche fuori dall’Ungheria. Vi aspettavate questa disposizione?
Sì, ce l’aspettavamo. Lukács non si può assimilare a nessun regime. A dire il vero gli avvenimenti più recenti hanno fatto sospettare che ci fosse quest’intenzione da parte dell’Accademia. Basti pensare che le autorità hanno già soppresso alcuni luoghi di studio poi, pian piano, hanno iniziato a liquidare l’archivio. Non è stata una decisione inattesa, anche perché hanno cominciato circa sei mesi fa a consegnare materiali all’Accademia: libri e altro.
Quali le motivazioni ufficiali?
La motivazione ufficiale riguarda gli alti costi di mantenimento del posto. Ora l’affitto è di circa trecentomila fiorini (intorno ai mille euro) al mese più spese. Si tratta di una bella cifra ma sospettiamo che non sia questa in realtà la motivazione vera. Sembra invece una decisione politica. Tutto lo fa pensare. I sospetti sono forti.
Si tratta dell’ennesima prova della volontà di controllo del governo in tutti gli ambiti?
Sì, però bisogna dire che la situazione è un po’ complessa. Lukács è una figura emblematica. È difficile che nei giornali di destra ci siano articoli in cui si parli di Lukács dal punto di vista dei contenuti. Per essi si tratta solo di uno sporco comunista. È sufficiente pronunciare il suo nome, e subito scattano alcuni meccanismi. Di certo questi ambienti non sanno nient’altro di Lukács, solo che era un comunista e come tale è una figura di opposizione, senza contare il fatto che nell’opposizione ci sono diversi suoi allievi, liberali o di sinistra, e li si denuncia anche in questo modo.
Il trasloco dovrebbe avvenire entro la prima metà dell’anno prossimo…
Sì, c’è un edificio in costruzione che ospiterà un Centro di studi umanistici. Questo edificio non è stato ancora ultimato, dovrebbe essere portato a termine entro la fine dell’anno – devo dire che per me la cosa non è urgente -. Il trasloco è previsto per un momento ancora imprecisato da situarsi entro la metà del prossimo anno.
Quale sarà il destino dell’appartamento in cui Lukács ha vissuto e lavorato a lungo e che da un anno dopo la sua morte a oggi ospita l’archivio omonimo?
L’appartamento è di proprietà del V distretto; qui gli affitti sono molto cari, la cosa non è indifferente. Come ho già avuto modo di dire, la motivazione ufficiale è questa: l’affitto è caro e i costi di manutenzione sono elevati. Ma siamo in possesso anche di altre informazioni secondo le quali il luogo nel quale verrà portato parte del materiale conservato in questo appartamento sarà pure più costoso. Di certo, non ci starà tutta la documentazione conservata qui e sicuramente non si potrà riprodurre in un altro luogo l’atmosfera di questo posto. Le caratteristiche dell’edificio scelto sono completamente diverse, è una costruzione moderna.
A questo punto, la soluzione migliore sarebbe che tutto il materiale potesse trovare collocazione in un solo luogo. Sappiamo che i manoscritti e le lettere saranno trasfriti in Accademia. non conosco invece la destinazione dei mobili, temo che non potranno trovare posto nella nuova sede insieme ai libri. Una volta effettuato il trasloco l’appartamento sarà vuoto e a disposizione delle autorità del V distretto che magari faranno un bando. Poi chissà!
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