Tra i registi più coerenti, anche ostinati, nel panorama cinematografico italiano – oltre che appartati, sperimentatori intorno alle figure, soprattutto le figure umane: uno dei motivi, forse, per cui piaceva molto a Bernardo Bertolucci –, Mirko Locatelli è ormai al suo quarto film, La memoria del mondo, opera fatta di reliquie sommerse, acque rafferme, paludari, brume nei cui meandri sembra perdersi l’individuo, il personaggio, eppure, in qualche modo – nell’unico modo possibile, quello eidetico, cinematografico: l’immagine, le figure che riemergono dal nulla delle nebbie – si ritrova, presente a se stesso (e agli altri: questo è il punto, il rapporto...