La Melonomics per ora non sceglie: sarà in continuità con Draghi
Legge di Bilancio Programma e dichiarazioni senza impegni e numeri. Uniche certezze: taglio del cuneo e uso compulsivo dell’aggettivo «incrementale». Privatizzazione di Ita primo banco di prova
Legge di Bilancio Programma e dichiarazioni senza impegni e numeri. Uniche certezze: taglio del cuneo e uso compulsivo dell’aggettivo «incrementale». Privatizzazione di Ita primo banco di prova
Quanto sono paraculi questi neofascisti in economia. L’impressione era chiara già scorrendo il programma elettorale di Fratelli d’Italia dal rassicurante titolo «Pronti»: una sequela di luoghi comuni senza uno straccio di indicazione precisa e di alcun numero su tutti temi caldi, dal fisco alle pensioni. Sparata contro il Reddito di cittadinanza esclusa, i comizi e le interviste di Giorgia Meloni e le prime dichiarazioni post voto dei vari Donzelli, Ciriani e Mollicone hanno confermato il canovaccio. Fare previsioni sulla prossima legge di bilancio è come un terno al lotto. Per quanto ne sappiamo finora, Fratelli d’Italia potrebbe proseguire benissimo la stessa politica del governo Draghi.
La caricatura di Crozza – almeno politicamente – è ben centrata: Giorgia Meloni preferirebbe far governare qualcun altro e ieri deve aver appreso con mestizia la proroga a fine novembre di Bruxelles sulla presentazione della legge di bilancio perché è consapevole del delicato momento globale e che ogni decisione economica va presa con grandissima cautela.
La coperta della legge di bilancio è corta e dunque niente promesse «esagerate in questo contesto economico» come quelle fatte dalla Lega sui 30 miliardi in deficit per pagare le bollette energetiche o le pensioni a mille euro per tutti di Berlusconi.
Gli unici punti fermi al momento sono due: l’annunciata restrizione del Reddito di cittadinanza «per chi può lavorare» (condito dall’impegno comune a tutti partiti di «rafforzare le politiche attive») e «il taglio del cuneo fiscale» su cui Giorgia Meloni metterà la posta di risorse più alte nella legge di bilancio aggiungendo però un postulato che non sceglie: «a vantaggio di lavoratori e imprese».
C’è poi una parola chiave altrettanto furba sparsa in lungo e in largo nel programma e nelle dichiarazioni: «incrementale». Anche questo aggettivo è usato per smussare le proposte troppo estreme degli alleati e difatti è applicato alla flat tax per le partite Iva e per la detassazione per le imprese. Se Salvini proponeva la «tassa piatta» per tutti, Meloni distingue e la limita alle partite Iva fino a 100mila euro di fatturato e sull’incremento di reddito rispetto alle annualità precedenti. Allo stesso modo si prevede una «super (sic) deduzione del costo del lavoro per le imprese che incrementano l’occupazione rispetto agli anni precedenti».
L’apogeo dei luoghi comuni arriva sulle pensioni. Salvini propone la beffa per i precari dell’inarrivabile «Quota 41» anni di contributi per andare in pensione a prescindere dall’età? Fratelli d’Italia risponde con «il diritto a una vecchiaia serena». Obiettivo altamente aleatorio che viene tradotto con concetti altrettanto impegnativi: «accesso facilitato alla pensione, favorendo al contempo il ricambio generazionale». In tutto il programma sulla previdenza non è neanche presente l’espressione «riforma Fornero», lasciando il dubbio che Giorgia Meloni la voglia mantenere tale e quale, come accadrà dal primo gennaio se non nessun intervento verrà deciso.
Analizzati programmi e dichiarazioni risulta impossibile incasellare Fratelli d’Italia nelle principali correnti di teoria economica. La Destra sociale era storicamente statalista, Meloni e La Russa hanno fatto parte di governi altamente liberisti come quelli del duo Berlusconi.
L’impressione è che Meloni propenderà per un liberismo controllato con una spruzzata di nazionalismo interventista lasciato però alle questioni minori.
Qualcosa di più potremmo scoprirlo tra pochi giorni, comunque. Il primo banco di prova per Meloni sarà infatti la patata bollente di Ita. Con un colpo di mano il duo Draghi-Franco ha scelto di privatizzarla al fondo americano Certares spalleggiato da Delta e AirFrance. Nella sua strenua opposizione alla gestione dell’attuale presidente di Ita Alfredo Altavilla, il prode Fabio Rampelli ha sempre detto di puntare al rilancio e alla nazionalizzazione dell’ex Alitalia. Giorgia Meloni bloccherà la vendita o la farà passare come l’ultima scelta di Draghi? Se sarà così, la continuità che si intravvede in controluce con «il banchiere non eletto» verrà confermata.
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