Economia

La mega manovra incombe, il governo resta immobile

La mega manovra incombe, il governo resta immobileIl premier Giuseppe Conte e il ministro dell'Economia Giovanni Tria – LaPresse

Tria e molla Il ministro dell’economia: servono coperture ingenti. Ma manca una direzione di marcia. Stallo anche sui rimborsi ai «truffati» dalle banche. Le associazioni pronte a manifestare a Roma

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 12 aprile 2019

Il Quirinale, secondo alcune agenzie di stampa, apprezza, se non altro, il realismo veicolato da quel misero 0,2% di crescita prevista che sembra indicare una inedita volontà del governo di fare i conti, appunto, con la realtà. Certo restano le preoccupazioni del presidente per «il lungo periodo». Poi arriva la smentita, secca: «Mattarella non commenta testi che non conosce». Il chiarimento deriva dall’estrema attenzione del capo dello Stato per il rispetto delle forme. Era in Giordania, non ha ancora esaminato nel dettaglio il testo del Def, come potrebbe commentarlo con cognizione di causa? Ma forse, nella scelta di bloccare ogni illazione, c’entra anche il fatto che sul Colle non c’è solo l’apprezzamento per la prudenza delle previsioni. Non sfugge a nessuno che sul che fare il Def è muto e i tempi, se non strettissimi, non sono neppure larghi.

L’UFFICIO PARLAMENTARE di bilancio, voce della Ue nelle istituzioni italiane, invece il testo lo ha letto. Valida le previsioni perché «si collocano in un intervallo accettabile allo stato delle informazioni attualmente disponibili». Però segnala anche «non trascurabili rischi al ribasso». In sintesi: le cose potrebbero andare anche peggio del previsto.
Gli umori a Bruxelles sono simili. Non è ancora burrasca. Ma se l’ammissione delle difficoltà in cui versa il Paese è benaccetta non altrettanto può dirsi dei commenti sull’Iva e a maggior ragione sulla promessa di Flat Tax. Non è solo questione di cifre: è il sospetto che, se da un lato le cifre improntate al realismo sembrano indicare un cambio di passo, dall’altro la superficialità con cui viene affrontato l’aumento previsto dell’Iva e l’annuncio di un nuovo passo senza coperture autorizzano il timore che l’accordo conclusosi quattro mesi fa con l’Italia stia per essere nei fatti stracciato dal governo gialloverde. Del resto già nel dicembre scorso la sensazione che con l’Unione europea si fosse arrivati solo a un tregua fino alla successiva legge di bilancio era diffusa.

IL MINISTRO GIOVANNI Tria ha messo nero su bianco nel Def che si richiederanno «coperture di notevole entità», sia per attuare i provvedimenti del contratto, sia per evitare l’aumento dell’Iva. Ma forse, ancor più delle «ingenti coperture» serve un indirizzo, una capacità di scelta – anche a costo di scontentare qualcuno – di cui il governo per ora non dispone. La Flat Tax sino a 50mila euro significa coinvolgere la stragrande maggioranza dei contribuenti, richiede quindi una spesa di 15 miliardi e oltre. Potrebbe non essere una missione impossibile, recuperando i fondi attualmente adoperati per gli 80 euro di Renzi: ma bisognerebbe avere il coraggio di toglierli. Accettare l’aumento dell’Iva, come consigliano i molti a partire dall’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e come teorizzava da professore lo stesso Tria, renderebbe la soluzione del rebus complessivo molto meno ardua. Ma anche in questo caso servirebbe una capacità di scegliere senza farsi troppo condizionare dalle esigenze della propaganda e della ricerca del consenso.

IN ATTESA CHE, DOPO le elezioni europee, il nodo arrivi al pettine, il governo deve fronteggiare per l’ennesima volta la grana rimborsi. Il decreto crescita è bloccato. Due associazioni su 19, ma di peso notevole, non accettano la formula Tria: «Noi credevamo nella Popolare di Vicenza», l’associazione diretta da Luigi Ugone che insiste per i risarcimenti per tutti e soprattutto non si fida delle assicurazioni di Tria e vuole esaminare a fondo il testo, e il «Coordinamento don Torta», molto vicino ai 5 Stelle. Se non arriva il loro semaforo verde Luigi Di Maio è deciso a tenere tutto fermo: «Siamo in dirittura d’arrivo ma non faremo nessun passo senza l’accordo delle associazioni», ha ripetuto anche ieri il vicepremier pentastellato.
Si sarebbe poi aggiunto un nuovo scoglio: l’esclusione dai risarcimenti diretti di quanti avevano acquistato titoli sul mercato secondario. Tutto è fermo. I truffati sono a un millimetro dal perdere la pazienza e preparano una manifestazione a Roma che per il governo sarebbe devastante. Quasi ci siamo, ripetono ministri e sottosegretari ma la mobilitazione per la protesta a Roma è già partita. Non è lo stesso tavolo della legge di bilancio, certo. Ma è un indicatore chiaro del clima complessivo in cui si articolerà la trattativa su quella legge nei prossimi mesi.

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