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La mattanza e la nostra corresponsabilità morale e politica

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Almeno 1.600 morti dall’inizio dell’anno. Vittime del neocolonialismo occidentale, delle sue politiche di rapina, guerra, destabilizzazione. Vittime anche, quei morti, delle politiche proibizioniste, quindi migranticide, di un’Unione europea che ha […]

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 21 aprile 2015

Almeno 1.600 morti dall’inizio dell’anno. Vittime del neocolonialismo occidentale, delle sue politiche di rapina, guerra, destabilizzazione. Vittime anche, quei morti, delle politiche proibizioniste, quindi migranticide, di un’Unione europea che ha gettato alle ortiche perfino i più basilari dei diritti umani – alla vita e all’asilo – sui quali pure si fondano i suoi ordinamenti.

Di fronte a quest’ultima strage, la più grave nella storia degli esodi nel Mediterraneo, la miseria politica e morale delle istituzioni e di tanti leader, europei e nostrani, si mostra in tutta evidenza. In un’intervista per la Repubblica, il presidente del Parlamento europeo, Martin Schultz, pur deplorando (e ciò va a suo merito) l’abbandono della missione Mare Nostrum in favore di Triton, afferma che i responsabili delle morti dei migranti «sono gli scafisti, trafficanti e criminali»: quasi ignorasse che ogni sistema proibizionista è destinato a incrementare traffici illegali e reti criminali. Così egli finisce per legittimare la vulgata che da molti anni copre ed elude le responsabilità della Fortezza Europa, sulla scia d’una tendenza che, ahimé, ha avuto Giorgio Napolitano tra i più illustri divulgatori. D’altronde, il Salvini che reclama il blocco navale internazionale davanti alle coste libiche non fa che replicare una tradizione purtroppo di matrice centrosinistra.

Come dimenticare infatti l’eccidio che si consumò la notte tra il 28 e il 29 marzo 1997, quando una corvetta della Marina Militare, la Sibilla, speronò la Kater I Rades, facendo un centinaio di vittime. In quel lontano 1997, mentre il governo Prodi cercava d’arginare, col blocco navale militare, il flusso di esodi dall’Albania, la Lega Nord conduceva una campagna forsennata incitante alla caccia contro gli albanesi, fino all’istituzione di una taglia (come ad Acqui Terme) per ogni albanese «clandestino» catturato e rimpatriato.

Al di là della differenza di stile e di lessico, non molto diversa è oggi l’oggettiva convergenza tra forze politiche divergenti. Mentre Salvini, reso ancor più sfrenato dall’alleanza con l’estrema destra fascista, specula cinicamente su ciò che ormai dovremmo chiamare genocidio, Renzi non va oltre la demagogia quando afferma, in un tweet, che «la battaglia di tutti deve essere contro i trafficanti di esseri umani». Entrambi sono, in fondo, degna espressione della profonda crisi, anche politica, ideologica e morale, dell’Unione europea. Che si esprime dall’alto fino al basso degli umori popolari: è impressionante la valanga, via web, di commenti compiaciuti per la strage. E sconfortante è constatare come, sia pur con qualche variante, tutto si ripeta secondo l’eterno ritorno di ciò che mai è stato elaborato e trasceso.

Ancor più sconfortante la consapevolezza della nostra impotenza. Certo, continueremo a manifestare (oggi ci saranno presidi e sit-in in tutta Italia) e a insistere nelle nostre rivendicazioni: il ripristino di una missione di ricerca e salvataggio in acque internazionali, simile a Mare Nostrum; la creazione di corridoi umanitari e il rilascio di visti d’ingresso verso i vari paesi dell’Ue; il superamento di Dublino III, così da permettere ai rifugiati di scegliere il Paese ove restare e da coinvolgere i diversi Stati dell’Unione. E tuttavia il tempo sarebbe ormai maturo per azioni politiche più incisive, ampie, adeguate al genocidio di cui, nostro malgrado, siamo corresponsabili morali.

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