Politica

La manovra è già da riscrivere

La manovra è già da riscrivereGiuseppe Conte con il ministro dell'economia Roberto Gualtieri

Scoppia la «guerra dei parrucchieri». Il Blog dei 5 Stelle contro Conte per il limite al contante e l'abolizione della flat tax. Il governo balla. Anche Renzi attacca su "Quota 100". Il Pd subito nella parte del guardiano di palazzo Chigi. Franceschini: «Un ultimatum al giorno toglie l'esecutivo di torno»

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 19 ottobre 2019

Non è un dissenso, fosse pure acerrimo, su questo o quel singolo punto della manovra. Il comunicato esplosivo che esce sul «Blog delle stelle» a metà pomeriggio è un attacco a tutto campo. Durissimo nei contenuti, ancora di più nei toni, a partire dall’incipit, «Se una manovra viene approvata con la dicitura ‘salvo intese’ significa che ci sono diversi punti sui quali il governo non ha trovato accordo», per proseguire con quello che suona come un diktat: «Senza il voto dell’M5S non si va da nessuna parte». I 5 stelle vogliono un nuovo vertice di maggioranza. Italia Viva li appoggia a stretto giro. Il vertice dunque ci sarà, anche se per ora nessuno lo ha convocato e probabilmente non prima di domenica: se si svolgesse prima del discorso di chiusura di Renzi alla Leopolda bisognerebbe convocarne subito un altro.

Quando arriva la dichiarazione di guerra pentastellata, infatti, Conte era già alle prese con il pronunciamento di Renzi, «Noi voteremo un emendamento per cancellare quota 100», ed era già un guaio. Il premier, da Bruxelles, se l’era cavata con una risposta a brutto muso, come fa sempre quando sa di essere il più forte: «Quota 100 è un pilastro della manovra. Confido che questa maggioranza mantenga la sua coerenza intrinseca».
Con i 5 stelle il premier non può essere altrettanto sbrigativo e per loro in ballo c’è davvero di tutto. Ottima la lotta all’evasione, figurarsi, però non come faceva «uno Stato che preferiva accanirsi con commercianti, artigiani, parrucchieri, elettricisti invece di andare a rompere le scatole ai colossi finanziari e ai grandi evasori». Il tetto sul contante e le multe andrebbero bene, ma se facessero recuperare risorse. Così non è, almeno secondo i grillini. La strada è invece quella già battuta dai governi messi per anni all’indice e il segnale sarebbe dunque «devastante». Perfetto il cuneo fiscale, «ma che senso ha farlo dando 40 o 50 euro in più in busta paga, se poi i soldi li andiamo a prendere dalle partite Iva che si spezzano la schiena?». E anche l’ipotesi di rivedere l’accenno di Flat Tax varato l’anno scorso non può passare: «Significa alimentare un guerra tra poveri. Noi non ci stiamo».

I 5 stelle chiedono di riscrivere l’intera manovra, sterilizzazione dell’Iva a parte, essendo in campo anche l’obiettivo sinora mancato del carcere per gli evasori. Propongono infatti di sedersi al tavolo di nuovo e trovare altre coperture, magari dalle concessionarie autostradali. Confermano piena fiducia in Conte, lo ringraziano commossi: «Però siamo in una Repubblica parlamentare, dove è il Parlamento a decidere». Dopo un comunicato del genere è difficile, quasi impossibile, immaginare che la manovra non sia destinata a cambiare almeno in alcuni dei suoi punti essenziali. Anche se il ministro dell’economia Gualtieri assicura che non verrà modificata «nel suo impianto» essendo in fondo i litigi «fisiologici».
Conte certo non gradisce l’affondo, tanto più che, siccome i guai non vengono mai soli, arriva anche il monito del Fondo monetario internazionale: «Il debito italiano è troppo alto. Serve un piano credibile nel medio termine». Uno scricchiolio sinistro.

Il premier però non replica ai 5 stelle. Lo fa al suo posto un Pd ridotto al ruolo di guardia del corpo di un presidente del Consiglio che del Pd non fa parte. Caustico Franceschini: «Un ultimatum al giorno toglie il governo di torno». Dal Movimento 5 Stelle si affrettano a giurare che il loro mica è un ultimatum. Tanto «siamo sicuri che la nostra posizione verrà presa in considerazione».
Alla fine una soluzione si troverà, essendo una crisi ora letteralmente inimmaginabile, anche se qualcuno, o Conte o Di Maio, ne uscirà per forza un po’ ammaccato. Ma il problema non è questo. L’elemento davvero allarmante è che le tensioni politiche che hanno provocato la tempesta di ieri non scompariranno quando il nodo degli «idraulici, parrucchieri ed elettricisti» sarà stato sciolto in un modo o nell’altro.
Le insidie per il governo Conte due sono almeno tre: la competizione, imprevista al momento della nascita dell’esecutivo, tra Renzi e i 5 stelle, che obbliga ad alzare i toni; il caos che regna nel Movimento, di cui il comunicato di ieri è riflesso; la sfida tra Conte e Di Maio, che quasi non si parlano più. Per un governo nato meno di due mesi fa la presenza di tre mine ad alto tasso di destabilizzazione come queste non è proprio confortante.

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