La malnutrizione dei «nostri» super bambini
Quando si parla di malnutrizione, normalmente il nostro primo pensiero va alle immagini, spesso enfatizzate e un po’ stereotipate, di remoti villaggi di Africa e sud est asiatico. Ci vengono […]
Quando si parla di malnutrizione, normalmente il nostro primo pensiero va alle immagini, spesso enfatizzate e un po’ stereotipate, di remoti villaggi di Africa e sud est asiatico. Ci vengono […]
Quando si parla di malnutrizione, normalmente il nostro primo pensiero va alle immagini, spesso enfatizzate e un po’ stereotipate, di remoti villaggi di Africa e sud est asiatico.
Ci vengono in mente bambini a piedi scalzi nella terra che aspettano di ricevere ciotole di riso da caritatevoli volontari europei oppure lunghe file ai camion che distribuiscono derrate alimentari in zone di crisi. La malnutrizione è qualcosa che succede lontano dalle nostre case e dalle nostre città, e che in qualche modo ha a che vedere solo con la scarsità di cibo.
L’ultimo rapporto Unicef sullo stato dell’alimentazione infantile ci obbliga ad andare oltre questo modello frusto e poco attuale, di vedere l’altra faccia del fenomeno, e ci ricorda che in Europa è in corso una vera e propria epidemia di malnutrizione.
Un bambino su 3 è sovrappeso, e in Italia la situazione è ancora peggiore, perché si arriva al 40% degli under 10 (dati OMS). Sono numeri preoccupanti perché ci dicono che il nostro modo di mangiare e di far mangiare i nostri figli non è salutare. Il problema sta principalmente nella quantità di zuccheri e grassi (merendine e bibite gassate sono le principali responsabili) ma pesano molto anche la scarsa attività fisica e uno stile di vita sedentario. Un bambino sovrappeso è esposto a un rischio esponenzialmente più alto di incorrere in malattie come il diabete infantile e malattie del sistema cardiocircolatorio, anche in giovane età.
Ora, se questo vale in generale per tutta la popolazione europea, la cosa peggiore e più triste che emerge dal rapporto è che, come sempre, i più penalizzati sono i poveri.
A un reddito più basso si associa un apporto calorico meno equilibrato e una incidenza maggiore dei grassi e degli zuccheri raffinati sulla dieta complessiva.
Eppure garantire un cibo buono, pulito, giusto e sano per tutti è possibile già oggi, non possiamo accettare che mangiare bene sia prerogativa dei ricchi. Accorciando le filiere i costi diminuiscono, acquistando direttamente dai produttori di prossimità, rispettando la stagionalità e la località delle materie prime fresche si può mangiare bene spendendo il giusto. Un ruolo decisivo in questo processo di miglioramento delle abitudini alimentari dei cittadini più piccoli devono poi giocarlo i luoghi di ristorazione collettiva e in particolare le mense scolastiche, che ancora troppo spesso sono ostaggio di contratti di appalto centralizzati che costano di più a fronte di una minore qualità del cibo. Far mangiare meglio i nostri bambini significa creare una società più sana e più giusta, adottiamolo come fioretto per il 2019.
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