La malattia dello sviluppo insostenibile
Inquinamento e salute Una ricerca italiana indaga cosa sta accadendo in 122 Paesi del mondo, evidenziando i legami tra cancro, degrado ambientale e stili di vita
Inquinamento e salute Una ricerca italiana indaga cosa sta accadendo in 122 Paesi del mondo, evidenziando i legami tra cancro, degrado ambientale e stili di vita
Secondo i più recenti dati mostrati dal ministero della Salute, stanno migliorando i tassi di sopravvivenza degli italiani colpiti dal cancro: oggi sono oltre 3 milioni i cittadini che rimangono in vita dopo la diagnosi, il 24% in più rispetto al 2010. Questo però non significa affatto che l’incidenza della malattia – ovvero quanti nuovi casi di tumore vengono diagnosticati – stia regredendo, anzi. Accade il contrario. Solo nel corso del 2017 nel nostro Paese sono stati diagnosticati ogni giorno oltre mille casi di cancro, un dato in crescita.
Dati che non dovrebbero stupire. Il termine «epidemia di cancro» è entrato nel vocabolario della stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che ha reso noto già nel 2012 come circa il 52% dei decessi a livello mondiale sia dovuto a malattie non trasmissibili e, di queste, circa il 27% siano associate a neoplasie maligne. Di fronte a simili evidenze di portata globale è indispensabile chiedersi: perché sta accadendo?
Una domanda tanto scottante quanto complessa che sta al cuore dello studio tutto italiano Economic growth and cancer incidence pubblicato sulla rivista scientifica Ecological Economics: la ricerca, per la sua originalità e per le sue implicazioni, ha suscitato interesse nella comunità scientifica, tra cui anche quello della rivista Nature-Sustainability che la riassume nel numero del 9 febbraio 2018. I tre autori – la prima firma è dell’economista dell’Università di Pisa Tommaso Luzzati – indagano un’ipotesi di ricerca ancora poco esplorata: «L’idea generale – osservano i ricercatori – è che l’aumento dei tassi di incidenza del cancro potrebbe essere il risultato dello sviluppo economico, che ha prodotto non solo una maggiore aspettativa di vita, una migliore rilevazione dei casi di tumori e report statistici, ma anche degrado ambientale e stili di vita cattivi».
Per capire quanto di vero ci sia dietro quest’ipotesi, i ricercatori hanno incrociato dati provenienti da 122 Paesi del mondo (Italia compresa) attingendo al database di Globocan, un progetto dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro e dell’Oms. L’analisi condotta ha osservato il trend complessivo dei nuovi casi di cancro, concentrandosi inoltre sugli 8 tipi più comuni: tumore al polmone, seno, colon-retto, prostata, stomaco, fegato, cervice uterina, esofago.
Dai dati Oms già sappiamo che l’inquinamento atmosferico domestico e ambientale, il fumo (anche passivo) di tabacco, le radiazioni, le sostanze chimiche e i rischi professionali sono responsabili di almeno il 20% dei casi di cancro, ma «qualsiasi stima – riconoscono i ricercatori – è altamente incerta e incompleta a causa della complessità della relazione cancro-ambiente».
Lo sviluppo economico ha portato condizioni di vita generalmente migliori e un invecchiamento della popolazione, ma al contempo ha diffuso nell’ambiente inquinanti che impattano direttamente sulla nostra salute. «Questo da un lato ha provocato un aumento dei casi di cancro legati a una maggiore aspettativa di vita, dall’alto sono diminuiti i tumori legati ad alcune malattie infettive». In altre parole, la crescita del reddito ha veicolato una «transizione epidemiologica, cioè il passaggio da una predominanza di tumori legati alle infezioni a casi di cancro associati a fattori di rischio che sono per lo più non infettivi, e probabilmente correlati al cosiddetto stile di vita occidentale», dando sostanza all’idea di una «transizione del cancro».
Non a caso i tumori polmonari, mammari, del colon-retto e della prostata «sono più comuni nei paesi sviluppati, associati sia a stili di vita sia a fattori ambientali», mentre i casi di cancro a fegato, stomaco, esofago e cervice uterina «sono altamente correlati a infezioni croniche (come il virus dell’epatite B, i papilloma virus umani e l’Helicobacter pylori), che sono più comuni nei paesi a reddito medio-basso». Ne risulta che oggi l’epidemia di cancro «è particolarmente allarmante» in questi ultimi, ma anche in quei paesi ricchi dove i tassi di incidenza si stanno stabilizzando (o stanno leggermente diminuendo), questi rimangono «comunque a livelli molto alti».
Ma il dato più sorprendente emerso dalla ricerca è di portata globale: osservando complessivamente quanto sta accadendo nei 122 Paesi oggetto dello studio, «l’incidenza dei nuovi casi di cancro aumenta col reddito pro-capite», anche tenendo conto dei fattori positivi (come l’invecchiamento della popolazione e tecniche diagnostiche migliori) apportati dallo sviluppo economico.
«Riassumendo – concludono i ricercatori – la nostra analisi mostra che l’epidemia di cancro non può essere spiegata solo dalla maggiore aspettativa di vita, da statistiche migliori e da peculiarità regionali: piuttosto, un ruolo significativo deve essere attribuito anche al degrado ambientale e agli stili di vita. Sfortunatamente, le nostre regressioni non sono in grado di distinguere tra i due ruoli. Il messaggio politico che possiamo trarre dal nostro lavoro è che solo prendendo coscienza degli effetti collaterali negativi dello sviluppo economico saremo anche in grado di attuare politiche per affrontarli», questa è la necessaria premessa agli «sforzi globali per incoraggiare misure sanitarie preventive».
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