La magia di un piccolo seme che genera una grande pianta
Il fatto della settimana Ci sono tracce della più antica pianta per fare l’olio che risalgono a 3 mila anni fa, dal 2016 in Sicilia si rilancia la produzione
Il fatto della settimana Ci sono tracce della più antica pianta per fare l’olio che risalgono a 3 mila anni fa, dal 2016 in Sicilia si rilancia la produzione
to speciale. Ci sono piante di cui si sa poco, anche se sono presenti nell’alimentazione di numerose popolazioni e ne hanno segnato la cultura. Il sesamo è una di queste.
LA PIANTA E’ COLTIVATA da millenni in Asia e in Africa per i suoi piccoli semi che vengono utilizzati per la preparazione di numerosi prodotti. Anche i paesi occidentali, negli ultimi anni, hanno scoperto le proprietà nutrizionali dei semi di sesamo e dei derivati, con la conseguenza di un notevole aumento dei consumi e delle importazioni. La scoperta che una elevata quantità di semi di origine indiana era contaminata da ossido di etilene, pesticida tossico classificato come cancerogeno, ha fatto sì che il sesamo finisse sul banco degli imputati. In tutti i paesi dell’Unione europea è stato ordinato il ritiro di un lungo elenco di prodotti che lo contengono e sono state imposte misure di controllo più adeguate, con l’obbligo per gli operatori commerciali di produrre dichiarazioni di conformità. Ma il sesamo è parte lesa, come i consumatori, per i trattamenti illegali a cui è stato sottoposto.
COME TUTTI I SEMI OLEOSI, ANCHE QUELLI di sesamo tendono a irrancidire se non vengono conservati in condizioni adeguate di temperatura e umidità. Quando non si garantiscono queste condizioni si ricorre all’impiego di prodotti tossici per impedirne l’alterazione. Le popolazioni che hanno coltivato fin dall’antichità questa pianta nelle regioni aride e assolate dell’Africa sub-sahariana, Medio Oriente e India ne hanno ricavato grandi benefici.
Sono molte le specie appartenenti al genere Sesamum, per la maggior parte selvatiche. Quella più coltivata è l’indicum, selezionata nel 2000 a. C. nelle aree della Mesopotamia e dell’India. Si ritiene che il sesamo sia la più antica pianta di cui si sono raccolti i semi per produrre olio, sia per usi alimentari che come combustibile per lampade. Tra i reperti archeologici di India, Turchia ed Egitto sono stati trovati antichi torchi utilizzati 3 mila anni fa per macinare i semi ed estrarne l’olio.
SONO CIRCA 60 I PAESI CHE COLTIVANO il sesamo, per una produzione annua di circa tre milioni di tonnellate di semi. India e Cina sono i principali produttori, con una quota pari al 50%. Il Giappone, invece, risulta il principale importatore perché le farine e l’olio di sesamo sono ingredienti fondamentali della sua cucina.
LA PIANTA PUO’ RAGGIUNGERE 1,50 CM di altezza, formando fiori bianchi da cui si originano le capsule che contengono i semi. Ogni pianta produce un centinaio di capsule e ognuna di esse contiene da 50 a 100 semi che vengono rilasciati quando raggiungono la maturazione. La celebre espressione Apriti sesamo, che Alì Babà utilizzava per aprire la roccia ed entrare nella caverna dove era custodito il tesoro, si ispira alle caratteristiche del frutto di questa pianta che si apre spontaneamente per liberare i semi. Nella cultura indiana e nei testi sacri buddisti il sesamo è inserito tra i «cibi superiori» e viene indicato come «il piccolo seme che può generare una grande pianta».
SONO NECESSARI PIU’ DI CENTO SEMI per formare un grammo. I semi sono costituiti per il 50% da sostanza grassa e l’olio che si ottiene presenta apprezzabili caratteristiche chimiche, fisiche, organolettiche e un elevato contenuto di acidi grassi insaturi (oleico e linoleico). L’olio di sesamo ha un largo impiego anche nel settore farmaceutico e della cosmetica. Per le popolazioni asiatiche e di numerosi paesi africani il sesamo rimane un alimento di primaria importanza nella preparazione di pane, biscotti, dolci. I semi non contengono glutine e sono ricchi di fibre, sali minerali e vitamine e la presenza di lipidi, carboidrati e proteine ne fanno un alimento ad elevato valore energetico. Le differenze di colore dei semi dipendono dalle varietà coltivate. Se in Cina prevale la produzione di semi di colore scuro, in India e Medio Oriente si sono imposti quelli di colore chiaro.
L’ARTE DEL SESAMO, LA «GIUGGIULENA», viene praticata in Sicilia da più di mille anni. La pianta, introdotta dagli arabi tra l’800 e l’anno mille, ha trovato nel ragusano, nella zona di Ispica, un ambiente particolarmente favorevole sia per quanto riguarda il suolo che per il clima. In questo territorio nel passato era diffusa la presenza di margi, termine arabo che indica i terreni sommersi dalle acque durante l’inverno e che si prosciugavano a partire dalla primavera, mantenendo un grado di umidità che rendeva possibile la coltivazione con una rapida maturazione in estate.
LA VARIETA’ COLTIVATA A ISPICA è stata selezionata 200 anni fa e fornisce un seme di colore ambrato e dal sapore intenso. Fino a 70 anni fa erano più di 400 gli ettari coltivati in Sicilia, soprattutto nella provincia di Ragusa. Ma all’inizio del 2000 gran parte delle coltivazioni sono state abbandonate, sia per le modifiche apportate ai terreni dalle opere di bonifica, sia per le importazioni di semi a basso prezzo che non rendevano conveniente la produzione. A coltivare il sesamo erano rimasti pochi agricoltori che resistevano ripiantando i loro semi. Una perdita grave da un punto di vista agricolo. Una specie vegetale, per secoli parte integrante della cultura e della cucina siciliana, rischiava di scomparire per sempre.
LA SVOLTA E’ ARRIVATA NEL 2016 con la costituzione della «Associazione Giuggiulena», nata per rilanciare la produzione di sesamo. L’appello è stato raccolto da una trentina di agricoltori e la superficie coltivata ora raggiunge i 40 ettari. Nello stesso anno il sesamo di Ispica è diventato presidio Slow Food, con la certificazione della qualità del prodotto e della tecnica produttiva.
SI SEMINA TRA APRILE E MAGGIO e la raccolta, che avviene a fine agosto-inizio settembre, rappresenta il momento più delicato, perché si tratta di una operazione laboriosa, con una mietitura fatta manualmente prima che le capsule si aprano. Le piante, una volta tagliate, vengono poste in posizione verticale, lasciate asciugare al sole e poi battute per far uscire i semi. La cernita rappresenta la fase conclusiva, effettuata con particolari crivelli per separare i semi. Si è così mantenuta in vita la coltivazione del sesamo siciliano che con le sue caratteristiche uniche contribuisce alla biodiversità del territorio.
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