Europa

La macchina del consenso al servizio dei potenti

Strategie Ieri c’era la propaganda, oggi ci sono le spinte gentili con le quali gli architetti delle decisioni ci indirizzano nel prendere le decisioni «giuste» per chi comanda

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 27 febbraio 2015

Oligarchia. Ma anche élite, aristocrazia, tecnocrazia. Concetti ovviamente diversi ma molto simili negli effetti che producono contro la democrazia. Ma sempre più con il nostro consenso. Dalla Repubblica dei filosofi di Platone alle tecnocrazie europee al governo autoreferenziale di Renzi – passando per le analisi di Mosca, Pareto, Michels, Wright Mills, Lasch e arrivando a Canfora e Zagrebelsky – questa sembra purtroppo la legge ferrea del potere.

Perché anche l’oligarchia ha una propria macchina del consenso per sé. Efficientissima. Collaudata per secoli. Si veste di egemonia e di dominio. Indossa spesso una maschera democratica o si declina virtuosamente in classe dirigente o in neoborghesia. Si legittima incessantemente e agisce attraverso una sorta di foucaultiana microfisica di poteri e saperi oligarchici. Ed è biopotere.

Scriveva nel 1928 Edward Bernays (nipote di Freud e consulente di governi e di grandi imprese, grande teorizzatore e produttore di propaganda) che la manipolazione consapevole e intelligente delle opinioni e delle abitudini della gente ha un ruolo importante e necessario soprattutto in una democrazia, per dare ordine al caos. E così i cittadini sono in gran parte governati da uomini di cui ignorano tutto, ma in grado di «plasmare la mentalità collettiva e il senso comune, orientare i gusti, suggerire cosa pensare». Perché se tutti volessero confrontare i prezzi e studiare la composizione delle saponette e dei tessuti che usano e del pane che mangiano, la vita economica ne sarebbe paralizzata. E per evitare di inceppare la macchina economica – che deve funzionare a produttività e profitto crescenti – la società accetta di limitare le proprie scelte a quanto posto alla sua attenzione dalla propaganda, evitando di distrarsi inutilmente.

Ovvero, noi sempre intimoriti dalla libertà e dalla responsabilità (diceva Fromm; e Kant prima di lui), cerchiamo qualcuno che decida per noi. La macchina del consenso per l’oligarchia comincia ancora una volta da una rinuncia alla libertà e alla sovranità, tutti e ciascuno ponendosi in uno stato di auto-minorità convinti dal potere (che insegna la minorità) che non si può sapere tutto, né capire e quindi neppure decidere. Ieri la propaganda, oggi si chiamano “spinte gentili” con cui gli “architetti delle decisioni” ci indirizzano nel prendere le decisioni “giuste”.

La macchina del consenso. E quindi l’accettazione del governo dei tecnici (l’oligarchia degli economisti) come i soli che sanno e quindi che devono decidere per tutti; l’oligarchia degli scienziati che vogliono imporci gli ogm; l’esclusione progressiva della società civile e del sindacato (un fastidio per l’oligarchia); le retoriche insistite sulle classi dirigenti da ricostruire; il dilagare delle forme di governance; l’industria culturale in serviziopermanente effettivo anche in rete; e soprattutto la legittimazione degli stati di eccezione come sublimazione e insieme normalizzazione dell’oligarchia.

Un tempo l’oligarchia si nascondeva; oggi si mette oscenamente in scena. Sia come persone che come apparati tecnici (la forma tecnica dell’oligarchia).

Ma è una storia – e una pedagogia che sempre replica il modello del Grande Inquisitore di Dostoevskij – che comincia appunto da lontano ma che si rafforza con la modernità al crescere della complessità della società e dell’economia: perché già Saint-Simon invocava una società governata da scienziati e industriels e Comte una governata da scienziati e tecnici; perché oligarchia erano i dirigenti secondo Taylor, i soli che conoscevano la one best way per produrre in modo scientifico. Oligarchia o élite manageriale (Casiccia). E se la società deve diventare mercato e lo stato un’impresa, ecco che l’oligarchia come modello di eccellenza e razionalità economica (e quindi politica, secondo il neoliberismo che esclude ogni democrazia economica) si trasferisce allo stato e gli imprenditori/oligarchi diventano eroi dell’immaginario collettivo.
E la rete, che doveva essere libertaria e anarchica? Sempre più oligopolistica, ma l’oligopolio è (anche) la continuazione dell’oligarchia con altri mezzi. Con i motori di ricerca diventati oligarchia degli aggregatori di conoscenza e le app la nuova oligarchia delle scelte.

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