Lavoro

La lotta paga: reintegrati i 41 facchini licenziati dalla Granarolo

La lotta paga: reintegrati i 41 facchini licenziati dalla Granarolo

Bologna Dopo mesi di proteste la lotta paga. E il Si Cobas rilancia: maxi causa per 20 mila euro a lavoratore

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 20 luglio 2013

Troppo facile, ora, dire che la lotta paga. Riavranno un lavoro almeno metà dei 51 facchini aderenti al Si Cobas, padri di famiglia quasi tutti maghrebini, africani e asiatici, licenziati (41) o sospesi (10) a maggio per gli scioperi e i blocchi al magazzino che lavora per la Granarolo, alle porte di Bologna, e in quello della Cogefrin all’Interporto bolognese.
Per mesi Gianpiero Calzolari, presidente del gigante lattario-caseario che sarà anche una Spa ma resta il fiore all’occhiello della cooperazione emiliana, ha cercato di non occuparsene: La vertenza – diceva – non riguarda Granarolo». Eppure quei facchini lavoravano per i subappaltatori di Granarolo, facevano straordinari ma le retribuzioni erano tagliate del 35 per cento per uno «stato di crisi»: 7-800 euro netti in busta paga per l’orario pieno. «Non lo sapevamo», ha assicurato Calzolari. E intanto si moltiplicavano appelli al boicottaggio e accuse di «sfruttamento» lanciate dalla rete attivata dal centro sociale Crash, che per uno scherzo del destino ha sede in via della Cooperazione a Bologna. Il 17 luglio la potente Legacoop bolognese, di cui lo stesso Calzolari è presidente, ha firmato, con varie aziende, la riassunzione dei primi 23 «ribelli» entro il 30 ottobre; degli altri si discuterà a settembre ma fino a dicembre hanno la cassa integrazione. Le lettere di licenziamento, anzi di «espulsione» dalle coop di cui erano soci, non esistono più.
La logistica è in subbuglio in mezza Italia e specialmente a Bologna e in Emilia-Romagna, snodi fondamentali da e per il Nord Est e il Nord Ovest. Era cominciata all’Ikea, con gli incidenti a Piacenza e poi, sotto Natale, a Casalecchio (Bologna). Il Si Cobas, Sindacato intercategoriale nato dallo Slai e guidato da un ex dirigente della Fim di Tiboni, Aldo Milani, ha messo in difficoltà grandi spedizionieri come Tnt e Bartolini, ha bloccato due volte il gigantesco Interporto, ha costretto Coop Adriatica a scusarsi per gli scaffali vuoti negli ipermercati, ha formato delegati che si chiamano Moustafa e Mohammed, ha attraversato Bologna con un corteo da Primavera araba in cui gli slogan su dignità e diritti si mescolavano agli «Allah Akbar». Ma soprattutto ha costretto decine di coop che lavorano per aziende grandi e piccole, note e meno note, a pagare i livelli minimi in un settore in cui prosperano i raider, che prendono l’appalto col massimo ribasso e dopo un po’ se ne vanno.
Dopo successi che hanno fatto impallidire i confederali, i Cobas hanno sbattuto contro Legacoop. Coop Adriatica a fine 2012 ha capito al volo e al magazzino della Centrale di Anzola ha sostituito una cooperativa «spuria» con Aster Coop, storica coop friulana della Lega, che ha offerto condizioni migliori in cambio di ritmi più serrati. Scioperi, rallentamento della movimentazione dei colli (l’azienda ne chiedeva 160 l’ora e i facchini ne facevano 30/40), scontri verbali e fisici tra i lavoratori (almeno secondo le denunce presentate ai carabinieri). È finita con 15 licenziamenti (su 40 aderenti ai Cobas in un magazzino di 120), chi per i blocchi e chi con accuse di furto di lattine Red Bull.
Alla Granarolo il conflitto si è protratto, anche quando le cooperative del consorzio Sgb hanno offerto un premio di 100 euro netti per ridurre gli effetti della decurtazione. Blocchi a ripetizione, file interminabili di camion e tensioni fortissime tra scioperanti e non. Così se n’è accorto anche Calzolari, impegnato, si dice, a pilotare Granarolo verso la Borsa. Sgb ha sollecitato il Garante degli scioperi, secondo il quale anche il rifornimento degli ipermercati è servizio pubblico se concerne generi alimentari di prima necessità. Ma intanto Granarolo ha liquidato Sgb dopo che Sgb aveva licenziato, con il suo placet, i Cobas, esclusi 5 che si sono “dissociati”, accompagnati dalla Cgil.
L’appalto è stato affidato completamente a Ctl, la Cooperativa trasporto latte da sempre legata alla Granarolo, con un drastico dietrofront sui subappalti. I facchini sono stati riassunti senza il taglio del 35 per cento, ma sono rimasti a casa i protagonisti della lotta, che hanno ripreso a bloccare i cancelli mentre decine dipendenti di Granarolo e Ctl facevano il tifo per l’intervento di forza della polizia.
La Questura ha moltiplicato le denunce, si attendono processi per violenza privata, ma ha saputo evitare scontri ingestibili. Il prefetto di Bologna Angelo Tranfaglia ha cercato una mediazione e il 17 luglio, sia pure senza invitare i Cobas allo stesso tavolo di coop e confederali, ha strappato l’impegno per le 23 riassunzioni, che coinvolge Legacoop e cooperative come Ctl e LogiMa ma anche il colosso delle multiutility Hera. Il Si Cobas ha sospeso le agitazioni ma i suoi avvocati promettono una maxi causa per il pregresso: «Dai conteggi, mancano almeno 20 mila euro a lavoratore solo per gli ultimi due anni – dicono – Coinvolgeremo Granarolo e Ctl».

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.



I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento