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La lotta di «Indianara» , militante trans nel Brasile di Bolsonaro

La lotta di «Indianara» , militante trans nel Brasile di BolsonaroUna scena da «Indianara»

Cinema Al Tff incontro con Marcelo Barbosa, co-regista con Aude Beaumel del film. «La situazione nel paese è molto difficile, ma sento che le cose presto cambieranno»

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 30 novembre 2019

Dopo l’anteprima all’Acid di Cannes 2019, Indianara di Aude Chevalier-Beaumel e Marcelo Barbosa è passato dal TFF/Desiderio curato da Davide Oberto proprio nei giorni della sua uscita in Francia. Mentre è in viaggio tra Torino, Parigi e Montpellier, il co-regista Barbosa risponde alle domande preferendo che si faccia uno sforzo di inter-comprensione tra portoghese e italiano piuttosto che adottare il francese o l’inglese: è una possibilità ma soprattutto una scelta politica, come politico è il suo film. Indianara è un film importante, che racconta il periodo tra l’interim di Michel Temer seguito al golpe contro Dilma Rousseff e l’avvento al potere di Jair Bolsonaro attraverso il ritratto di Indianara Siqueira, militante transfemminista, sex worker, anarchica, vegana, consigliera comunale insieme a Marielle Franco a Rio de Janeiro.

Capita che chi realizza un documentario si trovi ad assistere a eventi storici imprevedibili. Il vostro abbraccia un momento duro della storia recente del Brasile trovandosi per esempio a fare i conti con l’assassinio di Marielle Franco. Com’è nato il progetto?

Volevamo raccontare quello che stava succedendo in Brasile attraverso gli occhi di Indianara che avevamo visto in un altro film e incontrato durante una manifestazione in cui leggeva a seno nudo i nomi delle persone trans assassinate durante l’anno. Ci disse di essere stanca e di non aver più voglia di lottare e invece… abbiamo finito per passare due anni a seguirla e gli eventi della sua vita si sono mescolati alla vita del paese.

Aude Chevalier-Beaumel e Marcelo Barbosa

Indianara è la fondatrice di Casa Nem, un centro di accoglienza per persone trans a Rio che nel film viene definito un «quilombo urbano»: di cosa si tratta?

Il quilombo è una forma di convivenza che risale ai tempi in cui gli schiavi fuggitivi creavano forme di convivenza nelle campagne. Ancora oggi esistono delle forme di resistenza organizzate allo stesso modo, come le favelas o gli squat, aggregati non riconosciuti formalmente ma che permettono a molte persone di sopravvivere. Il Brasile è stato l’ultimo paese al mondo ad abolire la schiavitù nel 1888 e il conflitto razziale è ancora presente. La maggioranza delle persone trans che Indianara aiuta non sono bianche.

Come vi siete divisi il lavoro, lei e la sua co-regista?

Lavoro spesso a due ma è la prima volta per un progetto così lungo. Di solito mi occupavo delle riprese e Aude dell’audio ma ci sono momenti in cui è lei a riprendere. Quando hanno ucciso Marielle Franco io non ero a Rio mentre Aude abitava poco distante dal luogo del delitto e appena lo ha saputo, sconvolta, è scena in strada a filmare.

Noi sappiamo di Indianara solo quello che lei stessa sceglie di far vedere. Di conseguenza il suo passato emerge sotto forma di tracce disseminate. Avete negoziato con lei cosa raccontare e cosa no?

Penso che il film sia un ritratto e non una biografia. Abbiamo accumulato centocinquanta ore di immagini e avremmo potuto fare un film diverso. Quando ho finito il montaggio pensavo di avere un sacco di buchi nella storia ma mi sembrava che questo funzionasse perché permetteva allo spettatore di unire i puntini senza che il film imponesse una visione univoca o esprimesse giudizi. Per noi era importante evitare qualsiasi giudizio morale sul personaggio, quel che ci premeva era fare su Indianara una vera e propria opera cinematografica.

Sgomberata Casa Nem dopo le elezioni, Indianara e le compagne organizzano una nuova occupazione, che ne è oggi di quel luogo anche alla luce del clima repressivo instaurato dal nuovo governo?

Sono rimaste lì 15 giorni e poi la polizia le ha sgomberate. Ora sono a Copacabana in una struttura di sette piani molto organizzata. La situazione nel paese è molto difficile, Bolsonaro è un provocatore ma con tendenze autodistruttive. Sento che le cose presto cambieranno, per questo la lotta è importante.

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