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La longevità si conquista a tavola. Prima di cena

Non è abituale pensare che l’ora in cui ci mettiamo a tavola abbia una certa importanza per la nostra salute. Eppure si stanno accumulando sempre più dati che suggeriscono che […]

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 24 settembre 2020

Non è abituale pensare che l’ora in cui ci mettiamo a tavola abbia una certa importanza per la nostra salute. Eppure si stanno accumulando sempre più dati che suggeriscono che l’orario dei pasti (soprattutto quello della cena) sia in grado di modulare in qualche modo l’effetto degli alimenti sul nostro organismo e, in definitiva, abbia a che fare con il nostro benessere. Non tanto e non solo per le ovvie difficoltà digestive provocate da una pizza trangugiata la sera tardi, ma con gli effetti metabolici prodotti dal tempo che passa dalla cena alla colazione.

Una ricerca (Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases, 2019 Apr 29(4);390-397) ha indagato le conseguenze metaboliche della ripartizione delle calorie nell’arco della giornata. È stata rilevata un’associazione diretta tra livelli più elevati di colesterolo totale e colesterolo Ldl, quello pericoloso, e l’abitudine di assumere più calorie oltre le 20,30.

Gli autori dello studio hanno accertato che ogni 100 calorie in meno assunte nelle ultime ore della giornata e consumate in più a pranzo o nel pomeriggio, corrispondeva una riduzione dei valori della colesterolemia totale e Ldl, con relativa riduzione del rischio cardiovascolare. In pratica, nelle persone che fanno una cena molto abbondante si accentuerebbe l’assorbimento intestinale dei grassi e la produzione di colesterolo da parte del fegato. Sull’importanza della lunghezza del digiuno notturno per la salute e la longevità stanno indagando anche i ricercatori dell’università di Teramo. Molte aree interne dell’Abruzzo sono caratterizzate da un numero insolitamente elevato di persone longeve, novantenni o centenari in buona salute. Tra gli elementi allo studio, anche una abitudine dietetica che caratterizza la totalità di questi soggetti fin dalla giovinezza: lo sdijuno (rompi digiuno), un pranzo molto abbondante preso a metà mattina. In pratica un unico pasto molto calorico, consumato nell’intervallo del lavoro nei campi, che basta sostanzialmente per 24 ore, visto che la prima colazione è molto modesta e che la cena consiste in un po’ di minestra o qualche verdura. È già noto da altri studi che la lunghezza del digiuno notturno produce una riduzione della glicemia e degli indici di infiammazione e, nel tempo, un contenimento del rischio per molte malattie metaboliche (obesità, diabete, patologie cardiovascolari, ecc.).

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