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«La loggia Ungheria non esiste», la procura chiede l’archiviazione

«La loggia Ungheria non esiste», la procura chiede l’archiviazione

Perugia Per il procuratore Raffaele Cantone «non sono emersi elementi che potessero attestarne l’esistenza al di fuori delle dichiarazioni di Amara»

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 9 luglio 2022

Non c’era alcuna loggia Ungheria, non esisteva alcuna «associazione segreta» composta da alti magistrati, avvocati, imprenditori, politici, generali delle forze armate, uniti per condizionare nomine e promozioni all’interno dell’apparato pubblico. A questa conclusione almeno è arrivata la procura di Perugia che ieri, non molto a sorpresa, ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta.

Il procuratore Raffaele Cantone nel suo comunicato parla di un procedimento che «consta di 167 pagine ed è accompagnato dall’intero poderoso fascicolo, contenuto in quasi 15 faldoni di documenti». La «presunta loggia massonica coperta», secondo il procuratore, «non è adeguatamente riscontrata» e «non sono emersi elementi neanche indiretti che potessero attestarne l’esistenza al di fuori delle dichiarazioni di Amara e di un altro indagato, socio di Amara, che però si è limitato a dichiarare il dato dell’esistenza dell’associazione».

La vicenda, in compenso, ha letteralmente terremotato i vertici della magistratura, in una guerra che andrà avanti ancora a Brescia, in tribunale, dove si sta svolgendo il processo a Piercamillo Davigo, accusato di aver diffuso in lungo e in largo i verbali secretati con le deposizioni dell’avvocato Pietro Amara.

Per la procura di Perugia l’attendibilità di Amara non è comunque scarsa, anzi. Nel suo comunicato, infatti, Cantone evidenzia sì «le tante aporie e contraddizioni emerse» nelle sue dichiarazioni, ma parla anche di «non poche conferme al suo narrato con riferimento ad alcuni specifici episodi». E così «si è concluso che le complessive dichiarazioni dell’avvocato non dovessero considerarsi affette da quella inattendibilità talmente macroscopica da compromettere in radice la credibilità del dichiarante, e si è ritenuto di conseguenza necessario un livello di riscontri particolarmente elevato».

Il problema, però, è che questi riscontri non hanno portato a nulla. I fatti raccontati da Amara «anche se hanno ricevuto parziale riscontro non sono risultati affatto indicativi dell’esistenza di una associazione segreta, di interferenze o tentativi di condizionamento di nomine di vertice della giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tentativi compiuti o incompiuti di interferire su nomine di enti, istituzioni e società pubbliche che pure possono ritenersi avvenute sono risultati ascrivibili a interessi personali o professionali diretti dell’Amara o di soggetti a lui strettamente legati, piuttosto che consegna dell’attività di condizionamento di una loggia».

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