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La libraia e le storie dal paese di Zavattini

La libraia e le storie dal paese di ZavattiniUn paese di Paul Strand e Cesare Zavattini

Diario di confino Giulia fa la libraia. Quindici anni fa ha fondato a Milano Micamera, la più grande libreria specializzata in fotografia in Italia che vende anche online libri nuovi, usati, rari e […]

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 15 aprile 2020

Giulia fa la libraia. Quindici anni fa ha fondato a Milano Micamera, la più grande libreria specializzata in fotografia in Italia che vende anche online libri nuovi, usati, rari e organizza mostre.

Come tutte le librerie è chiusa da settimane, ma ogni tanto Giulia va lì. Pochi giorni fa, sola fra gli scaffali, ha sentito che nel silenzio le storie dei libri prendevano il sopravvento. Ha aperto Un paese di Paul Strand e Cesare Zavattini (Einaudi 1955), libro in cui lo sceneggiatore e scrittore, accompagnato dal fotografo americano, riscopre Luzzara, suo paese d’origine. Non cercano il pittoresco né il retorico, ma compongono una serie di ritratti che rimandano la forza e il senso di un vivere quotidiano. Giulia ha scelto tre storie e le ha regalate a chi segue la sua libreria. Eccole.

Un bambino in pantaloncini e cappello di paglia seduto davanti a un covone di fieno. «Faccio la terza, mi piace leggere la storia ma non voglio più studiare. D’estate mi piace nuotare nel canalino e fare i tuffi. Ho un amico che nuota nel Po che sta lontano otto chilometri. Una volta ci sono andato e mi hanno fatto vedere un uccello che fa i buchi sulle rive, li fa nei punti più alti perché se l’acqua cresce non entra nei buchi dove lui ha fatto il nido. Nel nido fa un buco di entrata e uno di uscita, così scappa più presto se arriva l’acqua».

Un uomo anziano in giacca, panciotto, cravatta, cappello e occhiali da molto miope. «Ogni anno vado a trovare padre Pio. Ero in collera con mia sorella, dal tempo della morte di mio padre: poi, quando ho parlato con padre Pio, ho sentito dentro una cosa e le ho scritto una cartolina: saluti».

Scorcio di un isolotto alla foce del Po. «Era una delle ragazze più belle e buone, mia zia mi ha detto che lei l’ha incontrata e ha detto: Ciao, Paolina, dove vai? ma la Paolina non ha risposto a nessuno, mia zia pensava che andava a un appuntamento anche se pioveva. Stavamo sotto Natale, verso sera, e lei andava a buttarsi nel Po per amore non l’hanno più trovata e pare che sia nell’ansa della Paolina, che si chiama della Paolina da allora, ma con dei metri di sabbia sopra perché la sabbia anche in un giorno arriva e fa un isolotto».

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