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La libertà delle mistiche

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Saggi Nella nuova edizione del libro di Luisa Muraro «Le amiche di Dio» spicca la figura di Margherita Porete, religiosa, teologa e scrittrice vissuta sotto Filippo Il Bello e poi condannata al rogo per eresia

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 29 aprile 2014

Nell’ambito della mistica cristiana la presenza femminile è sempre stata rilevante. Basta ricordare i nomi di Angela da Foligno, Giuliana di Norwich, Hadewijch d’Anversa ma anche Matilde di Magdeburgo e Teresa D’Avila, per rendersi da subito conto che si tratta di una scena generosa dotata di splendore. Queste donne hanno fatto della propria esperienza spirituale una ricerca inesausta e sorprendente con decisive ricadute sulle pratiche quotidiane e sulla relazione con il divino.

La nuova edizione del libro di Luisa Muraro, Le amiche di Dio. Margherita e le altre (Orthotes, pp. 262, euro 17), a cura di Clara Jourdan e ampliata in appendice da un saggio di Blanca Garí, è il rilancio di una scommessa iniziata ormai oltre vent’anni fa. Si colloca in un corollario di testi e interventi pubblici precisi, alcuni dei quali apparsi anche nelle pagine di questo giornale dalla fine degli anni Ottanta. Da libri importanti come lo studio dedicato all’eresia femminista di Guglielma e Maifreda (1986), a Lingua materna scienza divina (1995) fino ad arrivare a Il Dio delle donne (2003), il punto è sempre anche politico, trattandosi di un’esperienza di differenza e dunque di un simbolico femminile che la sostanzia.

Le amiche di Dio attiene al grandioso affresco della mistica femminile europea vista come risorsa di libertà. Centrale nel volume di Muraro è Margherita Porete, beghina vissuta durante il regno di Filippo il Bello. Il suo percorso spirituale audace e fuori dal comune le costò l’accusa di eresia, procurandole infine la morte sul rogo il 1° giugno 1310 a Parigi, in place de Grève. Le parole contenute nel suo capolavoro Lo specchio delle anime semplici hanno circolato in Europa, seppure anonimamente, per sette lunghi secoli fino a quando nel 1965, grazie a Romana Guarnieri, al testo viene restituita la sua legittima autrice. Un mondo intero e decisivo si muove già dentro quelle parole che vanno a creare una vera e propria teologia in lingua materna. Questa teologia nata nel XIII secolo, su cui si concentra Muraro, è storia di uno scambio, un continuum che esorbita dal tradizionale rapporto dell’uomo con Dio.

Conoscere e far conoscere la scrittura della mistica significa dare conto di una moltitudine di saperi, pratiche e desideri, e insieme della scoperta di un tesoro da un punto di vista letterario, poetico spirituale e politico. Le esperienze, le scritture e le storie riportate da Muraro bucano l’ordine sociale così come i codici linguistici della tradizione cristiana, in rapporto ai quali non stanno contro ma oltre. Per Margherita Porete l’autorizzarsi a una lettura libera delle Sacre Scritture (di cui tratta specialmente Blanca Garí) procede per un itinerario che le supera andando nella direzione di una mancanza che segna il rapporto con il divino. Una mancanza che è un non bastarsi originario e che viene a riscoprirsi come guadagno. Pensato e tradotto come un percorso di luci e cadute, Lo specchio delle anime semplici sta fuori dal discorso ascensionale della mistica cristiana per raccontare che il passaggio attraverso quella mancanza, quando accettata, crea e attiva per poi far fluire un potente varco d’amore. Diversamente da altre mistiche, per esempio Ildegarda di Bingen, Porete non è visitata da nessuna voce di autorità esterna. L’unica mediazione riconosciuta tra l’essere finito (questo mondo) e l’assoluto (Dio) è il passaggio abitato dalle cosiddette anime annientate, ovvero le dames che nello Specchio appaiono come le Signore che nessuno conosce tranne Dio. L’annientamento di ogni facoltà, circolante in tutta la scrittura mistica, si accompagna però in lei, e potremmo dire nel beghinaggio in generale, ad una pratica quotidiana e di impegno nei confronti del mondo, una condizione che non implica passività alcuna.

Il mutamento radicale che viene agito passa per la relazione con Dio, ma in Porete così come in tutta la mistica femminile l’essere donna è dirimente perché quell’amore è la possibilità – del tutto contingente – che Dio capiti a questo mondo. Una differenza senza termini di confronto e imprendibile che non dice la libertà di Dio ma delle mistiche. L’amicizia con Dio non fa infatti di queste donne delle serve né delle rappresentanti ma, appunto, delle amiche, sostanziandosi in una sporgenza del desiderio che oltrepassa la realtà visibile e già data, fino a concepire l’infinito.

La domanda che ci si può porre è: in che modo il discorso sulla mistica interloquisce con la riflessione politica delle donne? In che modo cioè può essere un guadagno per il presente? In questo senso va accolta l’inaugurazione esplicita della rubrica della rivista Via Dogana che dal dicembre scorso si occupa appunto di «Imparare politica dalla mistica». Ma non sarebbe sufficiente se non si desse conto di un tragitto più lungo che racconta di un guadagno indiscutibile nel fare la conoscenza di queste donne e delle loro parole.

«Quella che le scrittrici mistiche mettono in parole, per quanto ciò sia possibile, è la verità dell’esperienza, guadagnata dal vivo del loro vivere, lottando con le parole». E con i propri corpi. Anche quando di queste vite sappiamo poco, come per Margherita Porete la cui biografia è rintracciabile solo nei documenti sul suo processo per eresia. Anche in questo caso un corpo vivente, sessuato, è stato al mondo raccontandoci la propria relazione con la libertà, restituendoci l’essenziale della propria esperienza. Per dire la contingenza di Dio, nel senso indicato sopra, e che il desiderio passa per ciò che si scrive ma anche per il rifiuto, netto e sicuro, opposto agli inquisitori che esigevano da lei un giuramento di sottomissione. Dagli atti del processo, risulta sia andata a morire serena. Vogliamo immaginarla come un’amica esigente e innamorata, di Dio (lui o lei che sia) ma soprattutto di un originale quanto straordinario cammino di verità che ce la rende prossima.

 

Il volume sarà presentato oggi a Sassari nell’ambito della rassegna Fioriture. L’incontro, che avverrà nella biblioteca comunale alle ore 17.30 e che è organizzato da collettiva_femminista, sarà introdotto da Monica Farnetti e vedrà la partecipazione Luisa Muraro e Clara Jourdan. Domani, invece, il libro sarà presentato, sempre in presenza delle autrici, a Cagliari (Ghetto di Via Santa Croce, ore 18) con una introduzione di Maria Giovanna Piano. L’incontro è promosso da Ifold_studi e ricerche.

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