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La lezione di Simonetta

La lezione di SimonettaNell'immagine Simonetta Salacone e Militant A

«Salacone si è battuta per realizzare la scuola di tutti. Chi era ai margini, lei lo metteva al centro» Il nuovo singolo di Assalti Frontali omaggia la dirigente scolastica romana. Militant A la ricorda così

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 8 giugno 2019

Si intitola Simonetta il nuovo singolo degli Assalti Frontali e racconta, prima di tutto, la vita di una donna. Il video, regia di Stefano Cormino, è ambientato nella periferia romana di Centocelle, dentro le mura della scuola Iqbal Masih e tra le strade che si fanno largo tra casette, palazzoni e la radura dove la città si dissolve gradualmente. È in questi luoghi che è sbocciata l’utopia concreta di Simonetta Salacone, qui si trova il complesso di istituti di cui è stata dirigente per trent’anni. Ed è qui, nel cemento chiaro di piazza delle Gardenie che riverbera la luce del sole, che incontriamo Militant A per parlare della sua nuova produzione artistica.

«Ho scritto questa canzone – dice – per raccontare chi era Simonetta, ho scelto di fare un ritornello semplice che parlasse a tutti: ’Simonetta Simonetta tra i banchi’ perché alla scuola ha dedicato tutta la sua vita. ’Simonetta Simonetta ci manchi’ perché dal 2017 quando è venuta a mancare si avverte un vuoto. E poi ’Simonetta ma quanto sei funky’ perché lei era funky, un vulcano di energia».
Educatrice, insegnante, dirigente, attivista, combattente e pacifista, ispirata alla pedagogia democratica di Dewey, Bruner e Don Milani, Simonetta Salacone ha lasciato una traccia importante nella storia della scuola pubblica in Italia. Si è battuta per realizzare la scuola di tutti e l’Iqbal Masih, istituto di cui è stata a lungo preside, è diventato celebre come esempio virtuoso di qualità didattica e coesistenza armoniosa tra le diversità.

UN RECLAMO

«Ho conosciuto Simonetta dodici anni fa, quando ho iscritto mia figlia alla materna – prosegue Militant A, passeggiando in direzione dell’Iqbal Masih -. Siamo andati da lei per un reclamo, chiedendo attività alternative per i bambini che non frequentavano l’ora di religione. Ci aspettavamo di essere trattati come scocciatori ma accadde l’opposto. Convocò immediatamente un’assemblea di tutta la scuola per discutere insieme come far fronte a questo bisogno. Da allora è nato un rapporto che non si è più interrotto. Sapeva che venivo dai centri sociali, ma non si è fatta spaventare. Aveva un’identità forte che le permetteva di valorizzare le differenze di ognuno. Dopo poco tempo che ci eravamo conosciuti mi ha chiesto di entrare nelle scuole con la musica, con il rap. Prima alle feste e poi con dei veri e propri laboratori di rap per bambini».

La storia di Militant A e degli Assalti Frontali parla, fin dalle origini, dell’esigenza di fare cultura negli spazi dove prima c’era un vuoto. Creare oasi in un deserto espressivo dove l’arte spesso non arriva e se arriva non è in grado di parlare il linguaggio della vita reale. Da diversi anni la scuola, come luogo di cultura e resistenza, è stata al centro della sua musica e del suo attivismo. Le occupazioni, i cortei, le feste e le assemblee interminabili che hanno invaso le aule durante la mobilitazione contro la riforma Gelmini erano state protagoniste di alcune canzoni come “Il rap di Enea”. Quei mesi di lotta nelle scuole sono stati descritti da Militant A anche con un libro, Soli contro tutto, pubblicato nel 2014 da Editori Riuniti Internazionali e ristampato da Goodfellas. Dentro questa ondata di attivazione, politica e emotiva, in difesa della scuola pubblica, Simonetta Salacone è stata senza dubbio un punto di riferimento.

A RISCHIO
«Ignorano che il futuro di una nazione è direttamente proporzionale alla qualità dell’istruzione che riesce a dare ai propri cittadini», diceva la dirigente intervistata sui tagli della Gelmini, misure che mettevano a rischio i pilastri della scuola pubblica, come il tempo pieno. «L’Iqbal Masih è una scuola del tempo pieno, e questo rispecchia l’idea di Simonetta, non è solo una questione di orario, la scuola doveva essere una risposta alle esigenze di socializzazione nei territori, non solo essere aperta fino alle 16.30, ma essere anche di qualità, non un parcheggio e nemmeno una prigione», prosegue Militant A su una panchina fuori dai cancelli dell’istituto elementare.

Qui incontriamo Patrizia, insegnante, che aggiunge: «Una cosa grossa che ci ha lasciato è la consapevolezza che in una scuola si può costruire comunità. Veniva durante le programmazioni, si sedeva, cominciava a chiacchierare, faceva vedere che certe attività, tutte quelle che riguardavano lo stare insieme, il decidere insieme e risolvere insieme i problemi, per lei erano fondamentali».

Un’immagine di Militant A dal video di «Simonetta»

FUORI DALLE MURA

La pratica pedagogica di Salacone viene considerata un modello di integrazione culturale, anche se l’educatrice romana non amava usare questo termine e concepiva soprattutto la scuola come incontro.
«Le persone che fuori dalle mura scolastiche venivano marginalizzate, lei le metteva al centro, e ci faceva crescere la comunità intorno», dice Luca mentre proseguiamo il giro andando alla primaria Romolo Balzani, poco distante dall’Iqbal Masih e appartenente, assieme ad altre quattro strutture, all’istituto comprensivo che nel 2018 è stato intitolato proprio a Simonetta Salacone. Qui vanno a scuola le figlie di Suzana, la cui storia è apparsa il mese scorso nei notiziari. Regolare assegnataria di una casa popolare a Torrenova, periferia est di Roma, la donna ha subito insulti e intimidazioni da parte di militanti di estrema destra, come era già accaduto in casi simili a Torre Maura e Casal Bruciato.

«Intorno a Suzana c’è stata una reazione di genitori e insegnanti, abbiamo organizzato i turni per difendere la sua abitazione e per aiutarla a portare i mobili in casa – spiega Militant A -. Queste zone hanno una storia rispetto a questo, Simonetta ha fatto tanto per trasformare lo stereotipo del bambino rom o del genitore rom, in Suzana, Magadalina, in una persona, in un nome, in una storia. Cercava in tutti i modi di far venire i bambini a scuola, facendoli entrare in qualsiasi momento dell’anno e creando intorno a loro una rete di solidarietà». «Simonetta arrivava e facevamo il caffè – sorride Luisa, collaboratrice scolastica del Balzani che ci accoglie all’entrata – poi fare il caffè a scuola è diventato proibito dalle norme sulla sicurezza. Ma non è cambiato solo quello, è cambiato tutto».

«Ho scritto questa canzone anche per raccontare un’idea di scuola di cui si perdono le tracce»- continua Militant A (in tour questa estate, prime date oggi 8 giugno Ancona; 14 giugno Padova; 3 Luglio Ravenna).

«C’è ancora chi mi chiede come mai io che cantavo ’senso dello stato uguale zero’ adesso parlo di scuola. Quando ho iniziato a fare rap negli anni ’80 e ’90 era la musica dei margini, noi stavamo ai margini orgogliosi di starci, perché stare nella società voleva dire accettare l’ingiustizia. Simonetta mi ha fatto capire quanto la società aveva bisogno di noi e quanto noi avevamo bisogno della società. Nei centri sociali avevamo acquisito un sapere relazionale utile a costruire comunità in grado di difendersi, e questo sapere serviva tanto anche in altri contesti. Cosi ho iniziato a portare il rap nelle scuole e di conseguenza la scuola nel rap. Il nostro pubblico adesso è totalmente eterogeneo, ci sono dagli anarchici, alle maestre, ai bambini».

Nel brano degli Assalti è narrato un episodio della vita di Simonetta, quando era maestra a San Basilio, nell’estrema periferia di Roma. La preside dell’istituto, in disaccordo coi suoi metodi, sosteneva che in un posto così la scuola non potesse fare nulla per colmare le lacune dei ragazzi. A questo Simonetta rispondeva che invece la scuola può tutto. «Può trasformare – chiude Luca – la vita di un emarginato in un’opera d’arte, e penso a che cosa hanno fatto anche il rap e l’hip hop, hanno trasformato la vita dei ragazzi emarginati in arte. In un certo senso, anche il rap può tutto».

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