Non è certo una novità il fatto che artisti dell’ambito hip hop abbiano un rapporto con il jazz, come testimonia il disco capolavoro del decennio scorso To Pimp a Butterfly di Kendrick Lamar, perciò non è sul terreno dell’innovazione che vanno ricercati i meriti del nuovo disco del poeta e cantante Napoleon Maddox Louverture (San Sucre) ma nella sua forza artistica, creativa e politica. L’album è dedicato alla figura leggendaria di François-Dominique Toussaint Louverture (1743-1803), ex schiavo e leader politico e militare della rivoluzione haitiana, la prima rivolta vittoriosa di schiavi che sconfisse la superpotenza coloniale francese. Louverture si ispirava ai principi della rivoluzione e per questo quel movimento fu chiamato dei giacobini neri ma fu catturato con l’inganno e deportato in Francia dove mori poco dopo nella fortezza-prigione di Fort-de-Joux. Proprio in quel castello Maddox ha girato il bel video della title-track. Il disco è il racconto potente e attualizzato della sua storia con un ventaglio ampio di suggestioni sonore dal rap, al rock, al soul, al blues e al jazz. Le rime, quasi tutte di sua composizione, sono in inglese, francese e patois e sono contenute nel libretto del disco. Co-firma il lavoro il rapper francese Sorg e nei brani suonano il sassofonista Jowee Omicil, il trombonista Costantin Meyer e il tastierista Carl-Henry Morisset. Disco splendido e necessario che getta sale sulle ferite ancora aperte del colonialismo in un momento nel quale avanzano in tutta Europa le forze dell’estrema destra, Italia compresa, che di questa storia e delle sue conseguenze non vogliono proprio sentir parlare. Maddox ha collaborato con jazzisti come Francesco Bearzatti in Malcolm (Parco della Musica), suite dedicata al leader afroamericano Malcolm X, e Hamid Drake nel progetto reggae Bindu (Rogue Art). Nativo di Cincinnati ma da poco residente in Francia, nel nostro paese lo abbiamo potuto ammirare nel progetto Twice the First Time, la storia vera delle sue prozie, le gemelle siamesi Millie e Christine McKoy. Nate in schiavitù nel 1851, hanno vissuto una vita straordinaria, viaggiando in mezzo mondo come fenomeni da baraccone. Uno spettacolo di una potenza feroce che l’artista vuole preceduto da laboratori con ragazzi e che al Torino Jazz Festival del 2017 impressionò in maniera indelebile.