A sera come previsto, la legge di bilancio è pronta. Sono 11 articoli che verranno spediti ora alla Ragioneria dello stato e la settimana prossima, tra martedì e giovedì, inizieranno l’iter parlamentare al Senato. Resta solo uno scoglio che obbliga a una seconda riunione, ma è relativamente esterno rispetto alla manovra, trattandosi dell’eterno braccio di ferro su Radio Radicale.

L’ultimo ostacolo, quello della Flat Tax per le partite Iva sotto i 65mila euro, è stato superato. Nessuna stretta, almeno nei titoli. Qualcosina probabilmente però ci sarà, in nome della lotta all’evasione. Ci sarà invece di certo il divieto di cumulo per i redditi da lavoro dipendente fino a 30mila euro. La microtassa di turno riguarda filtri e cartine ed è micro fino a un certo punto: raddoppio secco. Tutto il tabacco fumabile era già stato appesantito con relativa microtassa. Si salvano solo le sigarette elettroniche e guai a comprare materiale fumogeno in rete. Il tabaccaio è d’obbligo.

Nel vertice pomeridiano è saltata invece la norma che avrebbe cancellato dalle detrazioni le spese sanitarie se pagate in contanti. In buona parte del Paese sarebbe stata una falcidie. Per tutto il resto, invece, le detrazioni, al 19%, arriveranno solo con i pagamenti elettronici. Le detrazioni saranno però decurtate per i redditi superiori a 120mila euro e di fatto cancellate oltre il tetto di 240mila.

Fra le altre novità l’aumento del bonus asilo nido per le famiglie con reddito Isee sotto i 25mila euro e uno stanziamento di 20 milioni per i giornali nelle scuole. Tutto il resto è confermato e il pezzo forte della manovra, il taglio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori, si tradurrà secondo le stime del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri in 40 euro al mese in busta paga.

«E’ una manovra espansiva con la massima flessibilità consentita dalle regole europee», tira il bilancio a sera il ministro, ospite di Bruno Vespa. «Ci guadagnano l’Italia e gli italiani e se qualcuno ci perde sono gli evasori», conclude. Nell’ultimo tratto, condizionato dall’esito del voto umbro, la maggioranza ha raggiunto uno dei suoi obiettivi, quello di fornire in extremis un’immagine unitaria almeno sul fronte della manovra. Tutto il resto è in bilico, perché incertissima è la ragion d’essere stessa della maggioranza. «Senza un sentire comune vengono meno le ragioni del governo», torna alla carica il segretario del Pd Nicola Zingaretti, che non ha rinunciato, una volta passato lo shock della mazzata in Umbria, al miraggio di una coalizione unitaria. «Dobbiamo andare avanti. Questa maggioranza non è una parentesi», rincara per LeU il ministro della sanità Roberto Speranza. Luigi Di Maio è tassativo: «I presupposti per un’alleanza strutturale con il Pd non ci sono. I nostri militanti non la vogliono». E’ comprensibile che dopo le piroette d’agosto nessuna prenda le sue parole come definitive.

Sull’altro fronte, il connotare la legge di bilancio in modo più convincente, invece, nonostante Zingaretti nei giorni scorsi ci avesse sperato, la manovra resta quella che era. Diligente. Pensata per essere approvata da un’Europa che meglio disposta non potrebbe essere e che, nonostante qualche soffice distinguo, darà il suo semaforo verde. Piena di piccoli o piccolissimi segnali positivi sul fronte del Green New Deal come su quello di una pur timidissima redistribuzione. Ma si tratta di accenni tanto lievi da non andare oltre un elenco di buone intenzioni. Gualtieri promette di fare molto di più sul fronte del fisco presto, con una riforma complessiva che includerà la rimodulazione dell’Iva che il ministro avrebbe voluto subito e che non si muoverà sul fronte della Flat Tax ma su quello della tassazione progressiva.

Restano due incognite. La prima è se l’unità delle ultime 48 ore reggerà in Parlamento. «Non ci saranno problemi se gli alleati saranno leali», promette Di Maio. La seconda, più spinosa, è come gli elettori accoglieranno una manovra che fa in realtà perno soprattutto su controlli e sanzioni.