La Lega nervosa attacca Gori, ma il consenso va giù
La polemica Scoppia la bufera sul sindaco di Bergamo Giorgio Gori che in un’intervista al Messaggero, per la verità anche molto autocritica, ammette che “la sanità di territorio lombarda non è solida […]
La polemica Scoppia la bufera sul sindaco di Bergamo Giorgio Gori che in un’intervista al Messaggero, per la verità anche molto autocritica, ammette che “la sanità di territorio lombarda non è solida […]
Scoppia la bufera sul sindaco di Bergamo Giorgio Gori che in un’intervista al Messaggero, per la verità anche molto autocritica, ammette che “la sanità di territorio lombarda non è solida come quella di Veneto ed Emilia Romagna”. La Lega si imbufalisce e attacca alzo zero nel tentativo di far dimenticare le sue granitiche convinzioni pre-pandemia (ma è indimenticabile la frase del ’moderato Giorgetti’ “mancano 45mila medici di base, ma chi va più dal medico di base?”). Il Pd difende il suo sindaco e rende pan per focaccia prendendosela con l’assessore lombardo Gallera che, in un’altra intervista, ammette che, nonostante i giorni drammatici, un domani non si sottrarrebbe alla candidatura a sindaco di Milano.
Polemiche degne di altri tempi, che nemmeno la strage in corso nel paese riesce a tacitare. Dovute anche a una messe di errori compiuti all’inizio dell’epidemia, e distribuiti non solo da una parte. Ma c’è qualcosa di più nel nervosismo della Lega. In questi giorni, accanto ai drammatici grafici della progressione dei contagi, ogni tanto fanno capolino anche quelli del consenso dei leader e dei partiti. Per la Lega non sono un trionfo. Martedì sera la Rai ha mandato in onda quello di Ixé che certifica una costante e significativa discesa del partito di Salvini, che il 24 marzo si attesterebbe al 26,5 per cento. Parallelamente il Pd confermerebbe il suo trend di crescita fino al 22,9 per cento. E’ la prima volta da molto tempo che la distanza fra i due partiti scende sotto il 4 per cento. Nella stessa rilevazione i 5 stelle si fermano al 15,1 tallonati da vicino da Fratelli d’Italia, al 12,7. Forza Italia sarebbe al 7 per cento mentre Italia viva, il partito di Renzi, resterebbe inchiodato al 2,2.
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