La leader Maria Machado accusata per le violenze
Venezuela Amnesty international va a Caracas
Venezuela Amnesty international va a Caracas
Istigazione alla violenza. È l’accusa che impedisce a Maria Corina Machado, dirigente dell’opposizione venezuelana, di uscire dal paese. L’imputazione è stata formalizzata il 18 giugno, ma la ex deputata ha detto di non essere stata informata. Il 16, ha deposto in tribunale per 8 ore, come testimone in un’indagine per delitti «contro l’indipendenza e la sicurezza della nazione».
A fine maggio, i vertici del Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) hanno reso pubblico un piano destabilizzante per «annientare» il presidente Nicolas Maduro. Secondo le intercettazioni, Machado era al centro di una rete eversiva di imprenditori, finanzieri, espatriati eccellenti e politici di opposizione, ispirata da Washington. «Tutto falso», secondo gli accusati, operazioni per sviare l’attenzione dai problemi del paese. Manovre non certo inconsuete per Washington, come hanno rivelato i file divulgati da Wikileaks durante il Cablogate e il Datagate: le agenzie per la sicurezza Usa investono ogni anno fiumi di denaro per finanziare Ong e organizzazioni di opposizione ai governi sgraditi al Pentagono. Sumate, la potente Ong fondata da Machado è stata fra le prime ad attingere a quella greppia. E la ex deputata – erede di una grande famiglia e amica di George W. Bush – ha avuto un ruolo di primo piano nel golpe contro Hugo Chavez dell’aprile 2002.
L’inchiesta segue il suo corso, ma l’imputazione per istigazione alla violenza riguarda le manifestazioni e gli scontri che, dal febbraio scorso, hanno provocato 43 morti e oltre 800 feriti. Machado e altri due leader dell’opposizione oltranzista, Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma, hanno aizzato i quartieri agiati della capitale e lo squadrismo antichavista lanciando la campagna «la salida»: ovvero la cacciata di Maduro dal governo. E il paese ha vissuto mesi di violenze. Lopez (anch’egli protagonista del golpe del 2002) è in carcere con un’accusa analoga a quella di Machado e il suo processo inizia il 23 luglio. Due sindaci filmati col passamontagna mentre dirigevano le devastazioni – Daniel Ceballos e Enzo Scarano – sono stati destituiti e arrestati (le elezioni comunali hanno poi dato la vittoria alle loro mogli). Il 23 marzo, il Parlamento ha destituito Machado per aver violato la costituzione, accettando di «rappresentare» il Panama (che le aveva ceduto il diritto di parola) all’Organizzazione degli stati americani (Osa).
Uno dei termini della «salida» prevede infatti il discredito del governo Maduro presso gli organismi internazionali, con l’obiettivo di ottenere sanzioni. Un progetto con questo fine sta per essere approvato negli Usa, benché, dopo anni di interruzione, Washington e Caracas si siano scambiati nuovamente gli incaricati d’affari. Ieri, la procuratrice generale, Luisa Ortega Diaz (garantista con un passato nelle organizzazioni per la difesa dei diritti umani durante la IV Repubblica) ha incontrato i rappresentanti di Amnesty international, venuti a controllare le denunce di Machado contro «la dittatura».
L’opposizione riunita nel cartello Mesa de la unidad democratica (Mud) chiede la liberazione degli arrestati durante gli scontri: quasi tutti in misure alternative tranne imputati per fatti di sangue. Con questo pretesto, ha rotto il dialogocon il governo, faticosamente messo in piedi con la mediazione del Vaticano e della Unasur e al quale hanno partecipato imprenditori e moderati. Un’iniziativa che ha comunque aperto grosse crepe nel litigioso cartello di opposizione, che va dall’estrema destra, al centrosinistra della IV Repubblica, fino a pezzi di ex guerriglieri disorientati. La maggioranza si è dissociata dalla «salida», a partire dall’ex candidato alla presidenza, Henrique Capriles, perdente sia con Chavez che con Maduro. Gli oltranzisti, però, non demordono, e cercano alleanze nell’estrema destra internazionale.
Intanto, il governo «di efficienza nella strada» guidato da Maduro cerca di vincere la partita anche contro i sabotaggi e la «guerra economica»: impiegando questo anno che lo separa dalle legislative del 2015 per consolidare le conquiste seminate in 15 anni, ma anche per dar corso a «una rivoluzione nella rivoluzione», come ha detto ieri durante il suo programma radiotelevisivo «In contatto con Maduro». La trasmissione è stata anticipata per via della partenza del presidente per il vertice dei Brics in Brasile. Ma prima, Maduro si è recato a un altro importante appuntamento interno: il vertice internazionale delle organizzazioni sociali, riunito nell’isola di Margarita fino al 18 per definire le proposte da portare al summit sociale sul Cambiamento climatico del 2014.
Ma dal 26 al 28 luglio, Maduro sarà impegnato anche nel terzo congresso del Psuv: che promette un dibattito acceso sui temi teorici e pratici della «transizione al socialismo». Uno scossone è arrivato dal documento dell’ex ministro della Pianificazione, Jorge Giordani, e dall’ex ministro per l’Elettricità, Hector Navarro, figure storiche del chavismo, che hanno vivacemente opinato sul metodo e sul merito di alcune scelte del governo Maduro.
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