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La guerra supera i confini del Karabakh: ieri 1.200 morti

La guerra supera i confini del Karabakh: ieri 1.200 mortiL’attacco dell’esercito azero contro un campo militare armeno, in un’immagine diffusa dal ministero della Difesa di Baku – Ap

Caucaso L’Armenia in difficoltà si dice pronta alla tregua. L’Azerbaijan (con Erdogan) avanza. La Croce rossa denuncia la distruzione di centinaia di case, scuole e ospedali

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 4 ottobre 2020

Ogni ora di guerra in più nel Nagorno-Karabakh rischia di produrre una catastrofe umanitaria. In un comunicato la Croce rossa denuncia di aver «ricevuto segnalazioni di famiglie della regione che stanno cercano di cavarsela da sole e di trasportare i propri cari in un luogo sicuro. Molte sono costrette a nascondersi per giorni negli scantinati non riscaldati delle loro case per paura del bombardamenti».

Si aggiunge inoltre che «centinaia di edifici residenziali e infrastrutture civili come scuole e ospedali sono stati distrutti dal fuoco di artiglieria pesante. E tra le rovine di edifici distrutti, un altro pericolo attende i bambini: gli ordigni inesplosi».

LA CROCE ROSSA OSSERVA infine che «l’escalation è iniziata alla vigilia dell’inverno, in un momento in cui i bambini solo poche settimane fa sono tornati a scuola e le persone stanno cercando di proteggere se stesse e le loro famiglie dalle conseguenze della pandemia del coronavirus».

La situazione nell’enclave contesa tra azeri e armeni è realmente drammatica. Due giorni fa, malgrado le tensioni legate al caso Navalny e la crisi Bielorussia, Stati uniti, Russia e Francia – che da decenni sono al lavoro per trovare stabilizzare la Transcaucasia – hanno trovato la forza di emettere una dichiarazione comune in cui si chiede «l’interruzione immediata dei combattimenti in Nagorno-Karabakh», seguite di rincalzo da una nota dell’Unione europea sullo stesso tono.

L’ARMENIA – in grave difficoltà sui fronti – si dichiarava subito pronta al cessate il fuoco. «L’Armenia è impegnata a risolvere pacificamente il conflitto. Continueremo a respingere risolutamente l’aggressione dell’Azerbaigian, ma allo stesso tempo siamo pronti a lavorare con i paesi del Gruppo di Minsk dell’Osce per arrivare a un cessate il fuoco sulla base degli accordi del 1994-1995», ha confermato sabato mattina ministero degli Esteri armeno.

IL GOVERNO DI EREVAN, spalleggiato dalla quello russo, continua inoltre a denunciare la presenza sui vari teatri di mercenari foraggiati dall’Azerbaigian, non solo siriani ma anche libici. Secondo il presidente armeno Nikol Pashinyan, poi, «circa 150 militari turchi di alto rango dirigono le operazioni militari».

Tutt’altra la posizione dell’asse turco-azero che continua a sostenere apertamente la volontà di proseguire il conflitto «fino alla vittoria». «L’Armenia persegue l’obiettivo di rafforzare lo status quo basato sull’occupazione. È ovvio che non è interessata alla risoluzione del conflitto attraverso negoziati e cerca di annettersi i territori occupati», ha dichiarato l’ufficio diplomatico di Baku.

E un discorso ancora più franco e brutale è stato fatto dal principale alleato azero, il presidente turco Recep Erdogan. «Questa lotta durerà fino a quando il Nagorno-Karabakh non sarà liberato dall’occupazione», ha ripetuto di nuovo ieri.

La realtà è che le ostilità hanno ormai assunto le forme di guerra aperta. Ieri sono suonate le sirene almeno una decina di volte nella capitale del Nagorno, Spenakert, attaccata violentemente da colpi dell’artiglieria azera e dalle incursioni dei F-16 turchi.

STANISLAV PRITCHIN ricercatore del Centro per gli studi post-sovietici continua a ritenere che alla fine la Turchia si accontenterà di una vittoria interlocutoria, tuttavia per ora la realtà è un’altra. Violenti sono gli scontri al confine iraniano dove alcune bombe hanno colpito un paesino oltreconfine provocando la protesta di Teheran.

Ormai negli scontri sono coinvolti non solo i territori contesi ma anche città armene e azere e solo ieri si sono contate oltre 1.200 vittime.

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