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La Guantanamo di Sua Maestà

La Guantanamo di Sua MaestàSoldati britannici in Afghanistan – Reuters

Afghanistan Londra ammette: a Camp Bastion 90 persone detenute illegalmente e in condizioni inumane. L’ammissione dopo la denuncia della Bbc. Nella base incarcerati da 10 mesi giovani senza alcuna incriminazione

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 30 maggio 2013

Con quindici chilometri quadrati di estensione Camp Bastion è il più grande campo militare britannico d’oltremare costruito dopo la seconda guerra mondiale e la principale base militare dell’Union Jack in Afghanistan. Distante da luoghi abitati, a diversi chilometri dalla capitale dell’Helmand Lashkar Gah, non nasconde alla vista solo i suoi 30mila soldati. Il perimetro del suo enorme Pentagono nasconde anche una piccola Guantanamo con una novantina di sospetti trattenuti in detenzione arbitraria da oltre un anno. A darne notizia è stata ieri la Bbc sulla base dei documenti preparati dagli avvocati inglesi di otto di questi clandestini afgani, trattenuti per mesi illegalmente, che hanno presentato denuncia il 18 aprile scorso a un tribunale del Regno unito. I magistrati dovrebbero prendere in esame l’oscura vicenda entro fine luglio.

Opacità britannica

Davanti alle prove esibite dalla Bbc e ancor prima che il tribunale si sia pronunciato, il ministero della Difesa ha ammesso la detenzione di 80-90 afghani che non sarebbero stati consegnati all’autorità giudiziaria locale per timore che non venissero loro applicate le regole di un giusto processo. Risposta che ha qualcosa di vagamente ridicolo dal momento che i padrini del diritto anglosassone avrebbero detenuto gli afghani (di cui non è stato chiarito nemmeno l’esatto numero) in condizioni che il ministero della Difesa afghano (sapeva?) ha definito «inumane». Il titolare dell’omologo dicastero britannico Philip Hammond, che ha difeso la privazione della loro libertà perché la liberazione dei detenuti sarebbe stata un rischio per le truppe del Regno unito, ha fatto però sapere che quanto prima i detenuti passeranno in mani afghane. Quando? Non si sa.

Condizioni inumane o meno, quel che è certo è che le più elementari norme di legge sono state violate. I militari di Isaf, la forza multinazionale della Nato a cui il Regno unito contribuisce numericamente con il secondo contingente per quantità dopo gli Stati uniti, possono trattenere un sospetto, quale che sia l’accusa, per un massimo di 96 ore, non certo per dieci mesi; solo in «eccezionali circostanze» la loro detenzione può essere estesa. Dal novembre 2012 il Regno unito ha però deciso di impedire il trasferimento dei detenuti in mano afghana per timore di «abusi» afghani, ma le carte all’esame dei giudici parlano di abusi britannici evidentissimi commessi su alcuni di loro: è il caso ad esempio di un ragazzo di soli 14 anni e di un giovane padre di 20, entrambi arrestati durante un raid nell’Helmand. Né il minorenne né il maggiorenne hanno avuto assistenza legale. Altri l’hanno ricevuta, ma hanno potuto parlare con gli avvocati solo dopo molti mesi dal loro arresto e dall’interrogatorio militare e ancora non sanno di cosa sono accusati. I famigliari sono riusciti solo attraverso la Croce rossa a sapere che fine avevano fatto.
Paladini del rule of law, i britannici non si distinguono molto dunque dai loro cugini americani.

Opacità americana

Che avevano promesso la chiusura di Guantanamo senza mai arrivare a definirla (nonostante gli scioperi della fame dei detenuti) ma che almeno hanno consegnato alla giustizia afghana, dopo estenuante trattativa, praticamente tutti i detenuti del nuovo carcere costruito presso la base militare di Bagram. Va ricordato che lo scambio dei detenuti è stato un argomento per un altro scambio: l’apertura del governo Karzai al mantenimento della basi americane in Afghanistan dopo il 2014.

Opacità italiana

C’è anche un’opacità italiana, su quanto ci viene raccontato della guerra afghana: contraddicendo la prima versione ufficiale, il ministro della difesa Mauro ha ammesso martedì che era un kamikaze e non un’autobomba il responsabile dell’attacco di lunedì a un mezzo blindato nel quale sono stati feriti due bersaglieri. O il ministro non era stato ben informato o ha coperto un’informazione reticente. Difficile sbagliarsi infatti se, come ha detto Mauro, l’auto talebana si è lanciata contro il convoglio e non è esplosa, come sembrava all’inizio, al passaggio del Lince.

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