La Grecia in piazza: «Non si torna indietro, vinceremo»
Europa In tutto il mondo manifestazioni di solidarietà con la Grecia. Tante le iniziative a sostegno del governo di sinistra, determinato a mettere fine all’austerity. Posizioni distanti, tecnici al lavoro fino a lunedì. Intanto nel Pasok e nella destra scatta la resa dei conti post-elettorale
Europa In tutto il mondo manifestazioni di solidarietà con la Grecia. Tante le iniziative a sostegno del governo di sinistra, determinato a mettere fine all’austerity. Posizioni distanti, tecnici al lavoro fino a lunedì. Intanto nel Pasok e nella destra scatta la resa dei conti post-elettorale
Atene. «Non cediamo. Non abbiamo paura. Non arretriamo. Vinciamo». È lo slogan dominante dei greci in vista della riunione dell’Eurogruppo di lunedì prossimo ma anche la «parola d’ordine» che si sente ormai ovunque, dalle isole del Egeo fino al Mar Ionio, da Salonicco fino Creta. Migliaia di persone continuano a radunarsi in tutte le piazze elleniche –per domani è indetta un’altra manifestazioni a piazza Syntagma, mentre tante iniziative di solidarietà vengono organizzate in altri paesi europei, negli Stati Uniti, in Canada, in Australia.
Solidarietà ai greci e al premier Alexis Tsipras che hanno subìto le conseguenze delle politiche neoliberiste; determinazione e proteste pacifiste, senza bandiere di partito, con la polizia assente, contro la «germanizzazione» dell’Europa avanzata da Angela Merkel. La passività del passato recente ha ceduto il passo ad un attivismo maturo e senza fanatismi. I greci non ricattano ma non vogliono essere ricattati. E sperano che il loro messaggio per un’altra Europa verrà sentito non solo nelle piazze delle capitali europee ma anche nelle sale riunione dell’establishment del continente.
Al vertice Ue i leader politici, almeno la maggioranza, se ne sono resi finalmente conto: Tsipras non è il diavolo in rosso, e la sua politica del rischio calcolato non è una bluff. Bisogna rispettare le regole europee ma bisogna rispettare anche la volontà della maggioranza dei greci e quindi il cambiamento politico.
Le proposte del neo governo per una riduzione dell’avanzo primario dal 3% del Pil all’1,49%, la riduzione del debito insostenibile attraverso un piano di swap, il far fronte alla crisi umanitaria e l’ accettazione di una parte del memorandum, quello che riguarda le riforme per abbattere l’evasione fiscale e la corruzione e dar spinta alla crescita potrebbero essere messe sul tavolo delle trattattive. Non perché improvvisamente i leader si sono preoccupati della sorte dei greci e di un miglioramento della loro vita, bensì per il fatto che azioni unilaterali potrebbero provocare un effetto domino incontrollato. Perciò prima che sia tardi sarebbe possibile un compromesso storico tra i partner europei e il neo governo della sinistra radicale.
C’è quindi la volontà politica di andare avanti insieme, confermata anche durante l’ incontro Tsipras-Dijsselbloem, anche se non è affatto garantito che i lavori intensi in corso a Bruxelles tra tecnocrati Fmi, Ue, Bce e greci – per verificare quanto terreno comune c’è sui due piani, quello greco e quello europeo-, avranno un esito positivo, ovvero soddisferanno tutte le parti in gioco. In realtà tecnocrati e politici dovranno quadrare il cerchio.
Oltre alle proposte di Tsipras – che a sentire altri partner europei «potrebbero provocare una deriva dei conti greci» (ieri è giunta la notizia che in gennaio nelle casse dello stato sono entrati 3,49 miliardi di euro contro l’ obiettivo di 4,54 miliardi) – e il problema del finanziamento di Atene per i prossimi due mesi, rimane aperta la questione del programma greco, il quale dovrà essere o «prorogato», come pretende Berlino perché «bisogna rispettare le regole», oppure «emendato» come vuole Atene, perché «il mandato elettorale è molto chiaro: stop all’ austerity», oppure «completato» come chiedono quasi tutti i partner europei. Il premier greco, inoltre, giustamente vuole parlare con le «istituzioni europee» e non con la troika (Fmi, Ue, Bce), vale a dire con la leadership politica e non con i tecnocrati-impiegati delle istituzioni, che «appartengono ormai al passato».
Secondo fonti di Bruxelles le trattative finora proseguono in modo positivo ma potrebbero saltare in aria in qualsiasi momento, perché dietro quasi ogni argomento stanno due concezioni politiche diverse tra loro. «Siamo lontani da un accordo, molto lontani da ciò che potrebbe essere chiamato un compromesso politico», avverte via Bloomberg Juncker. Il piano di aiuti dell’Ue «non è la Bibbia, le parole si possono cambiare, purché l’ideologia resti la stessa» affermano le stesse fonti dell’Eurogruppo. Nel tempo alcune modifiche che riguardano le privatizzazioni sono già state fatte ma «quello che è chiaro è che se togli qualcosa devi rimpiazzarla con altro che abbia lo stesso impatto sul bilancio». Una notizia positiva ma indicativa è giunta ieri dalla Bce, che ha deciso di aumentare di 5 miliardi i fondi a disposizione delle banche elleniche nel ambito del programma di aiuti di emergenza (Ela).
I creditori internazionali sono pronti a concedere denaro ad Atene, se necessario, ma in cambio di condizioni precise. Il neo governo di Tsipras rispetta le regole europee ma non vuole l’austerità in cambio degli aiuti economici, ed è pronto a promuovere le riforme necessarie per modernizzare lo stato ellenico.
Intanto un eventuale esito positivo a Bruxelles accelera il processo per un cambio della guardia al vertice del partito conservatore Nea Demokratia” I dirigenti vicini all’ex premier Costas Karamanlis sono pronti a mettere in dubbio la leadership di Antonis Samaras, considerato «troppo di destra» e responsabile della sconfitta del loro partito, che «potrebbe fare la fine del Pasok». Altri invece, vicini a Samaras, si limitano a conclusioni del tipo «tutto è colpa di Syriza» (!), senza fare la benché minima autocritica sul terremoto politico-elettorale del 25 gennaio. Un primo confronto ci sarà nella prossima riunione del gruppo parlamentare in programma per il 19 febbraio.
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