La gratuità non è obbligatoria
Patrimonio Chi non paga? Pensa che tutto sia una patacca. Le linee guida del ministro Bonisoli
Patrimonio Chi non paga? Pensa che tutto sia una patacca. Le linee guida del ministro Bonisoli
La fine dell’estate si porterà via anche le domeniche al museo gratuite. Il ministro Alberto Bonisoli ha deciso così, spiegando la sua retromarcia non soltanto con la discontinuità politica rispetto al suo predecessore Franceschini, ma con tre motivazioni surreal-situazioniste.
A guidarlo, non c’è nessuna preoccupazione filosofica o di tutela (come, per esempio, un lecito e dialettico dubbio che apra alla discussione sul ruolo della cultura: il patrimonio preso d’assalto può essere a rischio stress?). Sembrano delle boutades le sue – stessa apparenza ingannevole di quelle dei suoi colleghi Salvini e Di Maio -, ma non lo sono. Bonisoli parla sul serio, attacca da manager del mondo dell’arte.
Si può procedere in ordine sparso, non seguendo un filo logico, come in fondo insegna lo stesso neoministro con le sue dichiarazioni random. La prima «uscita» riguarda Pompei. Nel calendario di Bonasoli, il celeberrimo sito archeologico è affollato nei mesi più caldi e deserto a novembre, quindi meglio pagare durante il presunto picco e lasciar perdere in autunno inoltrato, perché «tanto chi ci va?». Qui, l’incentivo del biglietto fantasma risveglierebbe gli animi impigriti dalle piogge e dal cielo ingrigito.
Il secondo rovello di Bonisoli è un cameo. Non ha un dna culturale né organizzativo né economico. Dice il ministro: se i turisti si aspettano di pagare per vedere qualcosa di bello, il fatto di non metter mano al portafoglio potrebbe indurre qualcuno a pensare che sia tutto una patacca. Che figura facciamo con gli Uffizi a entrata libera, come tutte le pinacoteche del pianeta una volta a settimana (in Inghilterra, sempre)? E poi, se uno straniero aggirandosi nei dintorni del Colosseo si convincesse che non solo i gladiatori siano finti? Quel rudere ingombrante somiglia a una scenografia teatrale di polistirolo.
C’è, infine, un terzo incomodo nel «sistema Bonisoli»: l’obbligo alla gratuità infastidisce la democrazia e intralcia il libero arbitrio dei direttori. Leggi a parte, ognuno faccia come consiglia l’oroscopo. Perché regolare, porre argini in un mondo dove l’umore dell’individuo regna sovrano e il liberismo è pratica sfrenata?
Sulle domeniche free (che comunque hanno permesso a famiglie intere di andare al museo e farci «l’abitudine»), l’ex ministro Franceschini aveva costruito una immagine mediatica vincente: incremento di visitatori e siti culturali in piena salute. Certo, erano dati drogati e poco trasparenti. D’altronde, anche lui, insediandosi, aveva esordito con uno stop poco popolare: abolizione della gratuità per gli over 65. Oggi si indigna e invita Bonisoli alla ragionevolezza, ma è stato un (co)protagonista dell’atto politico – questo sì gratuito – nato esclusivamente per segnare il proprio territorio.
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