La grande opera di Roma a rischio. Imbarazzo Raggi
Ultimo stadio Dopo aver puntato tutto sullo stadio in riva al Tevere, al punto di fare inversione a U rispetto alle posizioni assunte dal Movimento 5 Stelle quando era all’opposizione della giunta Marino, di rompere con la base degli attivisti del Tavolo urbanistica del M5S e con l’assessore competente Paolo Berdini, Virginia Raggi rischia di ritrovarsi con un pugno di mosche
Ultimo stadio Dopo aver puntato tutto sullo stadio in riva al Tevere, al punto di fare inversione a U rispetto alle posizioni assunte dal Movimento 5 Stelle quando era all’opposizione della giunta Marino, di rompere con la base degli attivisti del Tavolo urbanistica del M5S e con l’assessore competente Paolo Berdini, Virginia Raggi rischia di ritrovarsi con un pugno di mosche
Si addensano nubi oscure sul progetto dello stadio della Roma. La grande opera sull’ansa del Tevere di Tor di Valle che si doveva realizzare assieme ad una cittadella dello shopping e dello sport di oltre un milione di metri cubi di cemento è intrappolata nel gioco di scatole cinesi che l’ha caratterizzata fin dall’inizio.
Di recente, la sindaca Virginia Raggi aveva fatto intendere che si era a poco dall’annuncio definitivo. Ma adesso si apprende che lo scorso 13 ottobre dal Campidoglio è partita una lettera nella quale si legge: «Il complesso immobiliare non è nella libera disponibilità dell’attuale proprietaria Eurnova Spa».
Significa che sui terreni graverebbe un pignoramento, e che i guai giudiziari ed economici di Luca Parnasi, costruttore arrestato per corruzione, finirebbero per inficiare il progetto. La catena di interessi e accordi prevede che la società di Parnasi, proprietaria dei terreni, sia chiamata estinguere i debiti accumulati prima di poter cedere l’area a Radovan Vitek, imprenditore del real estate che dovrebbe portare a termine il progetto per conto dell’As Roma.
Rispetto all’ammontare complessivo dell’investimento, che si aggira attorno al miliardo di euro, i 49 milioni di euro parrebbero un ostacolo aggirabile. Ma così non sarebbe per Dan e Ryan Friedkin, i nuovi proprietari della società giallorossa che a questo punto sarebbero sempre meno convinti di imbarcarsi in un groviglio giudiziario e in un labirinto tecnico e che si sarebbero messi a cercare soluzioni alternative.
Dopo aver puntato tutto sullo stadio in riva al Tevere, al punto di fare inversione a U rispetto alle posizioni assunte dal Movimento 5 Stelle quando era all’opposizione della giunta Marino, di rompere con la base degli attivisti del Tavolo urbanistica del M5S e con l’assessore competente Paolo Berdini, Virginia Raggi rischia di ritrovarsi con un pugno di mosche. «Il M5S a Roma ha scelto di fidarsi di Luca Lanzalone, poi arrestato e sotto processo per corruzione, invece che dell’ex magistrato Ferdinando Imposimato, che aveva avvertito sulle difficoltà dell’operazione – commenta Berdini – Questo è il risultato»
La decisione dei tycoon texani che al momento possiede l’As Roma di chiamarsi fuori dal mega-impianto dopo che ad esso per anni era stato considerato condizione minima perché la squadra giallorossa potesse sperare di competere con le altre grandi formazioni europee è indice dei cambiamenti in corso.
Dopo il boom del commercio elettronico, e in piena emergenza Covid in vista di una società post-pandemica, i grandi investimenti finanziari che ruotano attorno al calcio e che attraverso di esso contano di approdare a realizzazioni immobiliari impensabili altrimenti, iniziano a vacillare. La fine dell’era dei grandi centri commerciali, insomma, potrebbe portarsi dietro anche quella degli impianti sportivi costruiti in mezzo ai templi del consumo.
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