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La grande notte col derby Scardina Goddi

La grande notte col derby Scardina GoddiDa destra Alessandro Goddi e Daniele Scardina

Sport Oggi l’Allianz Cloud di Milano, sarà palco di quello che si annuncia essere uno dei più grandi eventi di pugilato italiano degli ultimi anni

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 28 giugno 2019

Oggi l’Allianz Cloud di Milano, ex Palalido, sarà palco di quello che si annuncia essere uno dei più grandi eventi di pugilato italiano degli ultimi anni. Tra i patrocinatori, oltre alla Matchroom Boxing Italy, Opi Since 82 e Dazn anche il comune di Milano. Otto gli incontri, tre i titoli in palio (IBF, EBU e WBO Global) ma due saranno decisamente più importanti degli altri: quello che oppone Francesco Patera, italo-belga, peso leggero, detentore del titolo europeo – 21 vittorie di cui 7 per KO e tre sconfitte – al nord irlandese Paul Hyland Jr, 20 vittorie, di cui 7 per KO e una sconfitta. Il secondo quello tra Daniele Scardina, rozzanese, residente a Miami, super medio, 16 vittorie di cui 14 per KO e nessuna sconfitta, detentore del titolo IBF, contro il sardo Alessandro Goddi, 35 vittorie, di cui 17 per KO, 4 sconfitte e un match nullo.

UN AVVENIMENTO che ha un forte sapore di amarcord, di quando cioè il pugilato era uno sport popolare e Milano, non ancora da bere, era la città dei Renato Vallanzasca, della ligéra, della banda della Comasina, delle bische e di Rocco e i suoi fratelli. Apparentemente resta poco di tutto quel mondo e anche il pugilato sembra essere molto differente rispetto agli anni sessanta-settanta e non solo perché abbia smesso di essere popolare, ma perché tutto, in superficie, si è trasformato. Il Palalido, palco di alcuni di quegli incontri, ora si chiama Allianz Cloud, il bianco e nero delle televisioni è stato sostituito dal colore e l’analogico dal digitale. Insomma meno poesia, forse, ma in fondo che importa perché stasera lì, il ring, le corde, la campana e, soprattutto, i jeb, i cross gli hook e gli uppercut saranno quelli di sempre.

COSI’, a ben guardare, scrostando sotto il primo strato di intonaco messo lì a imbellettare il tutto, le speranze, le sfide, le sofferenze sono quelle stesse di sempre. C’è una frase che echeggia tra i praticanti della nobile arte: never give up, non mollare mai. Già, è uno sport duro, lo sanno tutti, pochi sanno però che chi lo pratica lo fa sempre per una ragione profonda, che nasce tutta da un radicato desiderio di riscatto. È così quel ring circondato da 5000 persone è solo il punto finale di un percorso molto lungo che porta da una strada a una palestra e poi dalla palestra allo spogliatoio dove si trascorreranno gli interminabili momenti che precedono il combattimento. Intanto i riti di sempre: riscaldamento, ingrassare il viso e il tronco per fare scivolare via senza ferite i colpi dell’avversario, bendare le mani e vestire i guantoni da gara, quelli da solo otto once. Due dimensioni tanto distanti eppure separate appena da pochi metri, il dentro e il fuori, da una parte il silenzio ovattato, dall’altro, le folle, le grida e tu lì, concentrato, cosciente che basterà solo una distrazione per giocarti tutto in un istante. Non è facile, ci sono i ranking e se vuoi salire sulla vetta non puoi perdere. Contrariamente a quanto molti pensano, alla base di tutto non c’è un istinto violento o rissoso, ma molto più semplicemente la speranza di riuscire ad ottenere quel riscatto tanto agognato. Gli spotlight dei ring sono accecanti e non permettono di vedere chi siano veramente i pugili, ti ci devi allenare insieme per capire, per svestire i fighter dalle loro corazze e vederli in tutta la loro umanità.

Francesco Patera, belga, perché è lì che è nato, ma figlio di italiani e quindi sospeso in quella terra di mezzo, né di qua né di là, un non luogo che trasforma un emigrante in un eterno apolide. Italiano sì, ma dal forte accento fiammingo. Il suo sogno: vincere nella penisola da cui sono partiti i suoi genitori. Il radicamento in Sardegna di Alessandro Goddi e la scelta di restare, un forte senso di comunità, e poi perché lì c’è la famiglia, quella vera, moglie e figli, ma anche la famiglia acquisita: l’allenatore, gli atleti, quelli con cui si condividono le migliaia di ore di allenamento. E poi Daniele Scardina, King Toretto, trasferito da Rozzano, periferia sud di Milano, quella dove è facile farti coinvolgere in una qualche gang, a Miami. Una promessa del pugilato, una donna che piange tatuata sul braccio, una pagina Instagram con più di cento mila follower, like a migliaia, decina di migliaia di visualizzazioni e amicizie radicate nel mondo del Trap.

TRE STORIE molto differenti, alcuni punti in comune, la fede? La religione? Non per tutti è così certo e poi quello che conta è che occorre cambiare il punto di vista, smettere di guardare al numero di vittorie, KO e sconfitte, e cercare di comprendere da dove arrivi tutta quella volontà per affrontare sacrifici devastanti. Ecco è con questi occhi che si deve guardare al pugilato, a quelle battaglie che affronteranno stasera Patera, Goddi, Scardina e gli altri solo per potere saziare la propria sete di riscatto.

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